SULMONA – Non sopportava più l’idea di restare a Sulmona e per questo motivo, al fine di attirare l’attenzione dei responsabili, un detenuto collaboratore di giustizia ha pensato di fare la cosa più eclatante che si possa fare in un istituto penitenziario: salire sul tetto del carcere e minacciare di suicidarsi.
Il fatto avvenuto alcuni giorni fa ha visto protagonista un giovane detenuto alle prese con non meglio precisate problematiche di carattere personale e familiare.
Il collaboratore di giustizia ,che per ovvie motivazioni di incolumità e sicurezza non ne riportiamo le generalità, ha approfittato dell’ora d’aria e sfruttando non comuni doti fisiche è riuscito ad arrampicarsi sulla struttura portante per poi raggiungere la sommità dell’edificio e lì reclamare la possibilità di interloquire urgentemente con il suo magistrato.
Diverse sono state le unità di personale che hanno cercato invano di farlo dissuadere dal portare avanti l’insana protesta.
La situazione andava sempre più ad acquisire i canoni di pericolo. Nel momento in cui il tutto sembrasse stesse precipitando ecco che si è fatta avanti l’impavido Comandante di Reparto Sarah Brunetti.
Con sprezzo del pericolo il Dirigente penitenziario (che ha fatto parlare di sé operando in prima linea nei momenti più bui della pandemia in carcere, sfidando il COVID e quindi la serenità materna essendo mamma di 4 figli) ha deciso personalmente, aiutata da una scala improvvisata e da alcune unità di polizia, di salire sul tetto rischiando la sua di incolumità.
Con innato sangue freddo ha preso la situazione in mano e dopo un lungo colloquio con il riottoso detenuto è riuscita con encomievole professionalità a persuaderlo riportandolo alla calma.
Si parla spesso e a sproposito – afferma il Segretario Generale Territoriale UIL PA PP e componente della UIL Pubblica Amministrazione Abruzzo Mauro Nardella– dell’operato dei baschi blu. Personalmente non posso tenermi lontano dal fare quello mi auguro comincino a fare anche i rappresentanti dell’opinione pubblica e cioè quello di elevare a potenza il lavoro dei poliziotti penitenziari e, soprattutto, il valore di quelle persone come nel caso di Sarah Brunetti e dei suoi subordinati che pur di rispettare l’impegno preso col giuramento non esitano a rischiare la propria di vita.
Al comandante di Reparto e ai colleghi intervenuti giungano i miei più sentiti compiacimenti. La speranza resta ora di vedere all’opera la Commissione ricompense al quale in qualità di rappresentante sindacale chiedo che deliberi sulla concessione del meritato encomio.