L’AQUILA – “Al momento siamo ben oltre la soglia del 30% delle terapie intensive occupate”, così il dottor Alessandro Grimaldi, primario di malattie infettive dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila ha commentato la situazione attuale del coronavirus in Abruzzo.
Da un anno, ormai, il primario esce ogni giorno di lavoro verso le 21/21.30, dopo un’intera giornata dedicata a cercare di curare i pazienti affetti dal Coronavirus. Ieri sera, alle 21, ancora in ospedale, Grimaldi ha risposto ad alcune domande nella rubrica #MARSICAST, fornendo alcune chiavi di lettura sull’ondata attuale.
“Sicuramente, almeno nella nostra zona, questa terza ondata caratterizzata dalle varianti del virus non è pressante come lo è stata la seconda quando dai 400 contagi di fine prima ondata siamo arrivati a 12mila contagi”, esclama Grimaldi, “tuttavia stiamo pagando le conseguenze delle piazze di due settimane fa”.
Astrazeneca? Entro giovedì avremo le risposte. I dati sono rassicuranti, 30 casi su oltre 5 milioni di vaccini somministrati in Europa, in ogni caso, bisogna attendere meglio i risultati definitivi di giovedì”.
Cosa le ha insegnato la pandemia in un anno? “Avere un sistema sanitario pubblico, per quanto sottoposto ai tagli degli ultimi anni tra posti letto e taglio del personale e con una medicina territoriale non è mai decollata. Siamo riusciti a ottenere comunque grandi risultati sanitari. Nonostante tutto, avere un buon sistema sanitario pubblico fa la differenza nella qualità della vita delle persone. Dove la sanità è privata, la sanità è per pochi. E vedete bene le percentuali di morti in questi Stati, è molto più alta perché non ce la si può permettere. La sanità non è un costo, ma un motivo di sicurezza e garanzia. L’Italia è uno dei Paesi dove l’attesa dell’età della vita è lunga, ma l’emergenza covid ha accorciato di un anno e mezzo l’attesa di vita degli italiani. Per essere veramente liberi da questa pandemia, ricordiamo, che la campagna vaccini dovrà essere uniforme ovunque, altrimenti non torneremo mai a quel modo di vivere che c’era prima del Covid”.