AVEZZANO – “Perché io sì e loro no!”. Ore 18:00, Avezzano, Piazza Risorgimento. C’è una pattuglia della Guardia di Finanza, ferma all’incrocio con Corso della Libertà. Gli agenti hanno appena intimato ai ragazzi di distanziarsi dinanzi ad un bar, poi hanno chiesto a tutti di portare correttamente le mascherine. Molti rispettano le indicazioni delle divise. Gli adolescenti si spostano di poco, rispettosi e infastiditi; ma si spostano.
Dall’altra parte del marciapiede, assistiamo a tutt’altra storia. In una comitiva, la maggior parte degli adolescenti consuma qualcosa da bere fuori dal locale, indifferente alla presenza delle tante pattuglie in giro. I ragazzi chiacchierano, ridono, si sfogano come possono e prendono le distanze dai mesi di reclusione, ma dimenticano che la mascherina non è una sciarpa, né un accessorio di abbigliamento. E allora le fiamme gialle intervengono. Fermano una giovane. Da lontano si vedono i due finanzieri che passano a scrivere (immaginiamo il verbale) e l’adolescente protesta: perché io sì e loro no? Lo dice rivolta ai tanti che violano come lei la norma.
Pochi metri più in là c’è la stessa scena ma con divise diverse. È la polizia locale che interviene, prima avverte con le buone, poi si appresta alla sanzione o almeno, a distanza, così sembra. Altra ragazza, stesse argomentazioni: perché io sì e loro no!
Ci spostiamo. Arriva una volante dei carabinieri, passa davanti a due gruppi senza intervenire. Lì non c’è nulla di anomalo. Ma poco più avanti c’è molto di inconcepibile per una città alle prese con la terza ondata. Dieci ragazzi, la metà senza mascherina. Non possiamo fermarci, facciamo solo in tempo a sentire le proteste del giovane fermato: perché io sì e loro no!
Quello che il legislatore definisce assembramento, i ragazzi lo chiamano amici e, a quell’età, la percezione delle distanze è diversa. Il risultato è che, nel via vai generale, la piazza affollata e mascherata sembra un set per il gioco di “guardie e ladri” in cui le forze dell’ordine devono impersonare le guardie e i giovanissimi non vorrebbero forse recitare la parte meno nobile, ma tant’è.
Bisogna dire la verità. Per quello che vediamo, solo il dieci per cento delle persone ha la mascherina abbassata. Quasi nessuno gira senza mascherina nelle vie del centro, affollate anche per la giornata gradevole. Il problema sta nel modo in cui è ripartito quel dieci per cento.
Perché nella maggior parte delle comitive tutti portano la mascherina e la indossano correttamente, tranne uno. E qui, siamo all’eccezione.
In poche comitive, invece, uno solo la indossa correttamente. Gli altri si accompagnano alla mascherina, la appoggiano sul collo, scherzano, alzano la voce, giocano, si abbracciano e rischiano.
E noi siamo in dubbio nel riportare quello che abbiamo visto, perché sarebbe ingiusto attribuire ai giovani le mille falle di un sistema sanitario che non è ancora pronto o le tante piccole e grandi scelte di chi, a Roma o in Regione, ha ben altre responsabilità. Siamo in dubbio per quello che stanno subendo da più di un anno.
Ma dobbiamo scriverlo, perché è nelle comitive in cui si pensa “perché io e loro no?” che il virus può rispondere: perché è così! E il rischio ha un prezzo molto più alto del verbale.