di Avv.to Salvatore Braghini
AVEZZANO – Con l’ordinanza del Presidente della Giunta regionale abruzzese n. 11 del 27 febbraio, recante Misure urgenti per la prevenzione e la gestione dell’emergenza epidemiologica da covid-19, si è determinata una nuova situazione, caratterizzata dalla sospensione della didattica in presenza per le scuole di ogni ordine e grado pur restando metà regione in zona arancione. Ciò ha notevolmente spiazzato l’opinione pubblica. Di qui una serie di interventi critici nei riguardi della Giunta regionale, e in particolare, nella città di Avezzano, da parte dell’assessore alle politiche scolastiche del Comune di Avezzano, Patrizia Gallese, ed alcuni consiglieri comunali (Ignazio Iucci ed Alfredo Chiantini). Nell’occhio del mirino da parte dei predetti esponenti dell’amministrazione cittadina l’estensione alla primaria della Didattica a Distanza, con il grave torto di non aver comunicato la decisione con un congruo preavviso, lasciando le famiglie che lavorano in evidente difficoltà gestionale, mentre fuori la scuola si verificano assembramenti fuori controllo.
Invero, la problematica è molto avvertita e controversa, atteso il considerevole numero di ricorsi che hanno contestato a sindaci e governatori l’autonoma scelta di attivare la DAD, specie nella regione Calabria, Campania e Puglia. Non ultima, la querelle ha riguardato anche l’Abruzzo, che ha visto un aspro conflitto tra Stato e Regione sulla competenza a decidere, in quest’ultimo caso risolta dal Tar L’Aquila con la sospensione dell’ordinanza regionale e il ripristino della zona rossa.
Con l’ultimo provvedimento di Giunta si dà atto che la decisione della attivazione della DAD nelle scuole di ogni ordine e grado e delle altre misure adottate per la regione Abruzzo scaturisce dal giudizio della cabina di regia nazionale. Per la verità, il monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute fotografava un quadro molto delicato per la nostra regione, con una classificazione complessiva del rischio “alta”. Nei giorni antecedenti l’ordinanza si sono contati fino a 653 contagi giornalieri e nuove vittime, dati preoccupanti che non potevano rinviare le decisioni, anche alla luce della presenza di almeno due varianti, di cui quella sudamericana molto aggressiva e forse refrattaria al vaccino. La campagna di vaccinazione, peraltro, vede l’Abruzzo fanalino di coda e le strutture sanitarie sono sature sia riguardo ai ricoveri in area medica (42% a fronte del limite del 40%) sia per quelli in terapia intensiva (36% rispetto al limite del 30%).
Nella guerra delle competenze ad adottare le misure, intanto, i Tribunali Amministrativi cercano di fare ordine, enucleando i principi cardini.
Hanno cercato di scolpire i limiti dell’intervento delle ordinanze dei sindaci, alla luce delle dettagliate previsioni statali che, con riferimento al servizio di istruzione, demandano l’eventuale sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado allo strumento attuativo del D.P.C.M. Anzitutto, la giustizia amministrativa assume che i poteri del sindaco sono limitati ai casi in cui sia necessaria una risposta urgente a specifiche situazioni che interessino il territorio comunale, le quali, per l’evolversi dell’epidemia non siano state già apprezzate ed amministrate dall’Autorità governativa ed, eventualmente, dalle singole Regioni. Ove sussistano, per eccezionalità ed imprevedibilità delle situazioni, i presupposti per l’esercizio di tale potere, esso deve soggiacere, altresì, al limite “formale” della sussistenza della motivazione e dell’adeguata istruttoria nonché al limite sostanziale del rispetto di rigorose garanzie sostanziali costituite dai principi generali dell’ordinamento (ad esempio, TAR della Calabria, sentenza del 18/01/2021).
Forse è di queste ore la svolta. Sembra, infatti, che si potrà contare su di un criterio univoco. E’ notizia battuta dalle agenzie che nell’odierna riunione della cabina di regia sul Covid del premier Draghi con i ministri a Palazzo Chigi (in cui si definiscono le misure del Nuovo DPCM in vigore fino a dopo Pasqua e a partire dal 6 marzo), sarebbe stata confermata la chiusura delle scuole nelle zone rosse mentre nelle zone arancioni saranno i Presidenti di regione ad avere la facoltà di chiudere quando si raggiungono i 250 casi positivi ogni 100mila abitanti.
Un criterio oggettivo, dunque, che potrebbe mettere tutti d’accordo…almeno si spera!