La Lega Nord bene ha rappresentato un esempio di medievalismo contemporaneo traendo origine da una dottrina politica che, formulata da Gianfranco Miglio, preconizzava la fine dello stato moderno prevedendo la necessità di ripensare gli ordinamenti in senso federalista. Un approccio teorico che gli studiosi classificano come postmodernismo. Infatti, il partito, per anni si è rifatto su ideali ben precisi che si svilupparono durante l’800 in Italia (ma non solo) intorno all’idea di Medioevo. Lo stesso nome Lega Nord trae origine proprio dalla costituzione della Lega Lombarda (societas lombardie) formatasi con il giuramento di Pontida il 7 aprile 1167. Una lega, questa, di comuni lombardi capeggiati da Cremona che nel 1176 riportarono una vittoria decisiva a Legnano contro le truppe imperiali di Federico Barbarossa.
Una battaglia importantissima che aprirà alla creazione dei comuni non soltanto in Lombardia, ma in tutta Italia. Infatti, dopo la pace siglata a Costanza nel 1183 venne sancito un compromesso strategicamente cruciale: se, da un lato, si fu d’accordo nel riconoscere che ogni potere pubblico discendeva dall’imperatore, questi, dovette, a sua volta, accordare ai comuni i diritti di cui si erano appropriati ottenendo dalle città il versamento di un tributo annuale (corrispondente al fodro per la discesa in Italia dell’Imperatore).
Gli scontri di Legnano hanno rappresentato, per intere generazioni di studiosi, il momento di generazione del popolo italiano (in particolare per gli intellettuali risorgimentali) ormai libero dalle grinfie del potere imperiale e in grado di concedersi ampie autonomie. Alcuni studiosi, hanno addirittura azzardato fissando proprio nell’anno della Pace di Costanza (1183) il passaggio dall’età feudale a quella comunale.
Ma non è questo il luogo in cui discutere di argomenti troppo ardui; ci limiteremo a far notare che per anni il simbolo della Lega Nord è stato un condottiero (forse) mai esistito, che secondo la leggenda guidò l’esercito della Lega Lombarda proprio a Legnano contro le truppe del Barbarossa. Il suo nome è Alberto da Giussano ed è stato per anni stampato sulle schede elettorali, sventolato a Pontida e forgiato in spille e bottoni fino a quando con l’inizio dell’era Salvini non si è deciso di cancellarlo definitivamente per chiudere i conti con la precedente stagione di Bossi.
Una tradizione che risale alle Cronache del domenicano Galvano Fiamma il quale attribuisce tale nome al comandante della “Compagnia della morte”, composta dai più coraggiosi giovani lombardi, che a Legnano, il 29 maggio 1176, con il suo valore, avrebbe deciso in favore della Lega Lombarda la battaglia da questa impegnata contro l’esercito di Federico Barbarossa. Gli storici hanno tentato a più riprese di identificare questo personaggio con uno dei due Alberti (da Carate e Longo), che figurano tra i firmatari, per il Comune di Milano, del patto istitutivo della Lega Lombarda (Cremona, marzo 1167), o con un omonimo personaggio, ricordato in un documento del 1196 relativo all’ospedale milanese di San Sempliciano
Nel periodo del Risorgimento, la figura di Alberto da Giussano fu assunta a simbolo della libertà della patria. L’episodio della battaglia di Legnano è ricordato del restio come impeto ed esempio di patriottismo persino nel testo dell’inno di Mameli. Nonostante ciò, Umberto Bossi con uno spericolato ribaltamento storico identificò il condottiero come simbolo dell’indipendentismo padano in opposizione al centralismo di Roma.
Ma il Revival medievale della Lega Nord non si nota soltanto nella figura di Alberto da Giussano bensì anche nell’altro simbolo, di chiara rievocazione celtica (Sole dell’Alpi), che per anni ha campeggiato al fianco del nostro buon Alberto.