Tagliacozzo. Continuiamo il focus di approfondimento sulle elezioni del 2021. In attesa della comunicazione definitiva del Prefetto sulla data certa delle elezioni, a Tagliacozzo si inizia a scaldare lo scenario che porterà alle formazioni delle compagini in gara. Dopo l’annuncio del ritiro della candidatura di Pierluigi Di Stefano, di cui avevamo parlato proprio su MARSICAWEB.IT (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO), al momento sembrano intenzionati a tentare il bis sia l’attuale sindaco Vincenzo Giovagnorio sia Maurizio Di Marco Testa, attuale consigliere di opposizione. Di Marco Testa sembrava non aver gradito molto il nome di Pierluigi Di Stefano che poteva oscurare una sua possibile candidatura. Dubbi invece erano rimasti sulla posizione di Vincenzo Montelisciani, leader del gruppo civico Tagliacozzo Unita che si candidò nel ruolo di Sindaco nelle scorse amministrative del 2016. Per questo motivo, abbiamo voluto chiarire con il diretto interessato le sue intenzioni ad oggi.
Consigliere, lei che percorso immagina da qui alle elezioni?
Noi partiamo da ciò che abbiamo fatto nel 2016 e da come in questi anni abbiamo dato continuità a un progetto civico che, per la prima volta in assoluto, è stato capace di organizzarsi e di durare. Dietro me e la collega Romana Rubeo c’è un gruppo che in questi anni ha continuato a discutere, che è rimasto coeso e fedele ai principi dell’ultima campagna elettorale. In questi anni, poi, dai banchi dell’opposizione, abbiamo segnalato i limiti di un’Amministrazione che a nostro giudizio ha avuto priorità discutibili e un rapporto sbagliato con la città, con i cittadini e con il Consiglio Comunale.
Montelisciani, è vero, come sostiene un retroscena de Il Centro, che è stato il suo gruppo a far cadere la candidatura di Di Stefano?
Ci sottraiamo allo stillicidio di retroscena sollecitati da attori interessati. Preferiamo parlare a viso aperto e non trasformare il dibattito in un gioco di ruolo da cui rischia di scomparire il vero tema: ciò che dovrà fare la prossima Amministrazione Comunale per uscire dalle secche di questa crisi e cogliere al meglio tutte le opportunità che si daranno. Ho avuto due colloqui con il dottor Di Stefano, entrambi molto cordiali. Non poteva essere altrimenti, visto che con lui e la sua famiglia ci si conosce e ci si rispetta da sempre. Lui ha avanzato, per mio tramite, una proposta al nostro gruppo. Lo ho ringraziato e gli ho detto che avremmo discusso seriamente i termini politici di quella proposta; ovviamente gli ho anche manifestato qualche considerazione personale sugli scenari, maturata dopo un primo giro interlocuzioni informali portate avanti tra un incontro e l’altro; dopo qualche giorno, prima ancora di riuscire a discutere collegialmente la proposta in una riunione del nostro gruppo, Pierluigi ha valutato che non vi fossero più le condizioni e ha ritirato la sua disponibilità. Di cosa sia successo nel frattempo mi sono fatto un’idea, ma non sta a me parlare di ciò che accade in casa d’altri. Dico solo una cosa: qualcuno dovrà chiedere scusa al dottor Di Stefano, il quale è persona degna e non meritava di essere gettato nella mischia in questo modo. L’impressione è che qualcuno abbia inteso spendere il suo profilo per mascherare le proprie debolezze e provare a sparigliare le carte, ma così facendo ha deliberatamente esposto un’ottima personalità al fuoco incrociato.
Voci di corridoio annunciano un possibile accordo raggiunto tra voi e il Sindaco Giovagnorio.
Un altro vizio della vecchia politica: siccome sulla sanità e sulla gestione della pandemia siamo stati leali agli interessi dei cittadini e del territorio, collaborando con chi portava avanti parole d’ordine che sono nostre da sempre, chissà quali trame oscure ci sono dietro. Avremmo forse dovuto dire che la sanità marsicana è stata gestita bene? Troviamo assurdo che qualcuno, magari per coprire posizioni indifendibili, ne abbia approfittato per sfoderare le armi del pettegolezzo e della chiacchiera. La verità è che, semplicemente, noi siamo e siamo sempre stati un’opposizione leale alla città e al territorio. Lo abbiamo dimostrato anche prima della pandemia, essendo il gruppo di opposizione più propositivo della storia recente del Consiglio Comunale di Tagliacozzo: in questi anni abbiamo presentato decine tra proposte di deliberazione, mozioni, emendamenti. Per non parlare del ruolo che abbiamo svolto, ad esempio, per convincere il Sindaco a tornare indietro sul progetto del forno crematorio. Peraltro abbiamo sempre sostenuto che il muro di incomunicabilità che in molti casi la maggioranza ha alzato tra sé e le opposizioni fosse un danno per la città, quindi se quel muro cade secondo noi è un bene. Su questo siamo coerenti, anche perché, a differenza di quanto a qualcuno piace raccontare, a dividerci con la maggioranza, in questi anni, non sono stati dei problemi personali ma dissensi su questioni politiche e amministrative: questioni di metodo e di contenuto. La politica si fa con i sentimenti, ma senza risentimenti e quindi, se il metodo cambia, sui contenuti siamo disponibili a parlare con tutti. Questo principio lo abbiamo sempre dichiarato e praticato. D’altra parte la vocazione unitaria ce l’abbiamo nel nome, ci chiamiamo “Tagliacozzo Unita” non per caso.
Quindi un dialogo con l’attuale sindaco è possibile ?
In democrazia il dialogo non solo è possibile, ma è necessario. Anche la politica nazionale spesso ci ha abituati allo scontro a tutti i costi, ma la vera normalità in una società sana è il confronto. Detto questo, la nostra analisi l’abbiamo fatta: partiamo dal riconoscimento dei limiti di questa Amministrazione. Ci interessa che la prossima Amministrazione non presenti gli stessi limiti di quella uscente, che sono anzitutto limiti di natura politica. Certamente esistono le biografie personali e quello che è accaduto in questi cinque anni non si cancella con un colpo di spugna. Ma voglio dirlo chiaramente: il punto non è cambiare un Sindaco, il punto è cambiare le priorità e il modo di amministrare. In questo senso, non ci sentiamo costretti a parlare con questo o con quello. Perché il tema vero è un altro: vogliamo costruire un progetto ambizioso, di ampio respiro, che sappia interpretare i reali bisogni del paese e inserirli nel mondo nuovo che nascerà dalla pandemia e dalla crisi, riuscendo a cogliere le nuove opportunità che si apriranno. “Tagliacozzo Unita” ha le competenze, le capacità e la forza politica per farlo. In questi anni abbiamo condiviso gli scranni dell’opposizione con il gruppo “Il paese che vorrei”, con il quale c’è da tempo un dialogo. Ma la nostra proposta vuole parlare e parlerà a tutti. Certo, poniamo alcune pregiudiziali; ma queste sono, come sempre, di natura politica e programmatica. Perché non basta vincere, poi bisogna amministrare e amministrare bene. Lo dico con una battuta: per cucinare un buon piatto, non basta buttare nella pentola tutti gli ingredienti che hai nel frigorifero.
Quali sono i vostri principi nella formazione della compagine politica?
Sono gli stessi di cinque anni fa. Primo: i rapporti con gli enti sovracomunali sono importanti, ma bisogna essere in grado di instaurarli senza essere subordinati a quelle filiere di potere, istituzionali e partitiche, interessate a mettere bandierine sui territori per servirsene e poi dimenticarsene. Questo vale a prescindere dal colore di quelle filiere, su questo non si transige: non possono esserci conflitti di interesse; gli interessi di Tagliacozzo e del territorio devono poter prevalere sempre. Secondo: bando ai personalismi, nella costruzione del progetto si lavora di squadra e nessuno può mettere avanti le proprie ambizioni individuali. Terzo: il profilo della proposta che si mette in campo deve essere all’altezza delle sfide che abbiamo innanzi. Quarto: l’intenzione deve essere quella di rafforzare politicamente Tagliacozzo, non di mantenerlo debole e permeabile alle aspirazioni di chi pensa che qui si possa venire semplicemente a raccogliere voti e visibilità. L’altra volta attorno a questi pilastri nacque Tagliacozzo Unita, mentre altri fecero scelte diverse. Oggi come allora vogliamo parlare con tutti; con i cittadini innanzitutto, ma anche gruppi politici disposti a discutere del futuro della città prima che di posti in lista: ma sia chiaro che noi rimaniamo fedeli ai nostri principi, non ne facciamo una questione di nomi.
E se non ci fosse convergenza? Siete pronti ad andare da soli?
Ci sarà. Ma comunque siamo pronti anche ad andare da soli, e non da oggi. Siamo un gruppo che ha molte e valide risorse interne, oltre a un grande potenziale di crescita ulteriore. Peraltro non è affatto vero che nel 2016 non ci fu una convergenza attorno a questi principi: se, partendo dal nulla, siamo riusciti ad arrivare a pochi voti di distanza da quella che era una vera e propria corazzata è perché la convergenza attorno al nostro progetto fu molto larga. Fu una partecipazione popolare, di cittadini, che catalizzò la speranza di un cambiamento profondo. È vero che allora i soggetti politici organizzati rimasero in molti casi scettici sulla nostra proposta. Alcuni di questi, poi, di lì a poco riconobbero di aver sbagliato valutazione. Noi oggi cerchiamo l’unità, così come la cercammo allora: parleremo e proveremo a coinvolgere tutti coloro che possono ritrovarsi attorno a quei principi. E alle tante persone che in questo momento si interrogano sulle prossime elezioni amministrative e che chiedono a chi si occupa di politica di mettere in piedi una proposta credibile e adeguata alle necessità e alle potenzialità del nostro paese voglio dire una cosa precisa: siamo stati e continueremo a essere un presidio di serietà e di concretezza, di ascolto e di proposta, di confronto e di inclusione.
Tanti articoli sui nomi per ora. Poche parole sui programmi. In breve, secondo lei, su quali punti bisognerebbe concentrarsi?
Questo è un aspetto a cui teniamo molto, di cui nessuno parla mai, purtroppo. Sui programmi la discussione deve essere la più aperta possibile, anche se purtroppo le regole anti-contagio ci impediranno probabilmente di ripetere il momento dei tavoli di lavoro che furono tra le cose più belle dell’esperienza di cinque anni fa. Lo scorso maggio, all’avvio della cosiddetta “fase due” della pandemia, abbiamo presentato un documento molto articolato, che parla di questioni reali, proiettato al futuro di Tagliacozzo e alle opportunità che nei prossimi anni dovremo essere in grado di cogliere: le frasi fatte e la retorica abusata degli “antichi splendori” non ci piacciono, perché non sono utili e non fanno bene al paese. Credo che si possa partire da quei contenuti: c’è bisogno di idee che intercettino e anticipino i tempi che verranno, ma perché queste idee abbiano buone gambe su cui camminare serve un progetto politico all’altezza dei problemi che abbiamo. L’Amministrazione che verrà sarà chiamata ad agire nel tempo della risposta europea e nazionale alla crisi. Faccio un esempio: i comuni sono chiamati a dare un supporto importantissimo a cittadini, condomìni, professionisti e imprese sull’accesso ai superbonus del 110% per la riqualificazione energetica e l’adeguamento sismico degli immobili. E poi bisognerà pensare, scrivere e lavorare sodo sul capitolo della progettazione europea, per mettere in campo investimenti lungimiranti che portino ricchezza sul territorio. Si pensi alle opportunità che si apriranno per la sanità del territorio, alle possibilità offerte dallo sviluppo del telelavoro, o alle prospettive di crescita che verranno dall’ammodernamento della linea ferroviaria Roma-Pescara: andrà ripensato per l’intero lo sviluppo e la pianificazione del territorio; crediamo ad esempio che sarà fondamentale lavorare sui servizi alle famiglie, alle imprese, alle persone, per tornare a essere attrattivi di nuove residenzialità, di gente che stia qui tutto l’anno. Tagliacozzo ha fatto troppo poco in questo senso, si può e si deve fare di più. Ma tutto questo necessita di un progetto politico e di persone serie, preparate, all’altezza della situazione. Su questo siamo concentrati. Le manovre di piccolo cabotaggio, da vecchia e bassa politica, servono solo a chi deve garantirsi un posto al sole, certamente utile più a sé stesso che al paese.