L’AQUILA – “Il Pil veniva costruito nella Marsica non nell’aquilano. Il nostro obiettivo è una Grande Marsica, che non include L’Aquila. Perché L’Aquila è chiusa dentro le sue mura, perché può gestire risorse diverse dalle nostre”. Sono queste le parole del primo cittadino di Avezzano, Giovanni Di Pangrazio.
Durante il consiglio comunale di oggi, nel giorno del 106esimo anniversario del terremoto di Avezzano, – il sindaco Di Pangrazio sostiene – “Non sono anti-aquilano, non lo sono mai stato. Ma gli aquilani hanno una mentalità chiusa, non aperta nei confronti degli altri territori. Ecco perché il nostro obiettivo deve essere quello di creare un territorio delle aree interne, della Marsica, la Grande Marsica e la Valle Peligna. Non vogliamo contrapporci all’Aquila e al grande sviluppo che ha avuto nel tempo e dopo il drammatico terremoto, ma vogliamo avere un nostro sviluppo”.
Ma il sindaco de L’Aquila Pierluigi Biondi non ci sta. E replica al primo cittadino di Avezzano – “Riproporre nel 2021 il tema dei campanili, delle differenze territoriali quale motivo di divisione anziché di arricchimento, delle distinzioni legate ai luoghi di origine non solo è antistorico ma rappresenta una mentalità da cui, all’Aquila, ci siamo da tempo discostati”.
Lo dichiara il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, in riferimento alle affermazioni rilasciate dal primo cittadino di Avezzano che oggi, in Consiglio comunale, ha contrapposto le due realtà cittadine parlando di una “chiusura” rispetto all’esterno da parte del capoluogo d’Abruzzo.
“Ricordo all’amico Di Pangrazio che L’Aquila viene fondata nel tredicesimo secolo grazie alla volontà comune dei castelli del circondario: esperienze, sensibilità e appartenenze eterogenee che incontrandosi contribuirono alla nascita di una città che nel corso della storia ha avuto una rilevanza importante che non mi soffermerò qui a ricordare ed è stata al centro di scambi commerciali e contaminazioni culturali”.
“Da tempo siamo abituati a guardare oltre la splendida cinta muraria che ci circonda, consapevoli di essere una città territorio che dialoga con municipi limitrofi o lontani solo geograficamente. Il portato che ci accomuna ci ha spinto ad allargare ulteriormente gli orizzonti, a individuare un momento di sintesi in grado di raccogliere esigenze e istanze non solo dell’Aquilano ma delle aree interne del Paese”.
“È questo lo spirito con cui nel 2019 è stata sottoscritta la Carta dell’Aquila, documento manifesto con cui i territori della cosiddetta Italia ‘in salita’ hanno posto sul tavolo l’esigenza non solo di operare un riequilibrio territoriale con le aree costiere e metropolitane, ma di farlo attraverso quelle che sono le rispettive e singole peculiarità attraverso il turismo, la formazione, la cultura e l’innovazione, puntando alla complementarietà e non alla contrapposizione”.
“In un’epoca in cui la globalizzazione e i colossi dell’economia mondiale guadagnano posizioni rispetto alle micro realtà del secolo scorso – ancor di più in questi tempi di pandemia – sono proprio queste ultime che sono chiamate a compiere un salto culturale per non rimanere indietro, tanto è vero che ormai sembra superato anche il modello storico di governance del territorio definito nella Costituzione e si parli di macro-regioni. Essere città territorio non è una medaglia da mostrare sul petto ma è la risposta per fornire risposte a sollecitazioni relative ai servizi pubblici essenziali e ai diritti principali dei cittadini: sanità, mobilità, istruzione”.
“Solo ieri Aldo Bonomi sul Sole24 ricordava che la forza delle città intermedie è da sempre nella coesione, intesa non solo come capacità di attutire le disuguaglianze sociali ma anche come forza di un tessuto sociale e culturale cresciuto e capace di co-progettare con la controparte pubblica processi di rigenerazione urbana” – conclude il sindaco Biondi.