AVEZZANO – Il Prof. Salvatore Braghini ci invia una “contro – replica” al Segretario Nazionale della Uil scuola Pino Turi.
“Gentile Direttore,
abuso della sua pazienza per una contro-replica, l’occasione è troppo ghiotta per non precisare alcuni aspetti chiamati in causa dal segretario nazionale Uil scuola Pino Turi.
Perché scrivo su una piazza pubblica.
Caro segretario, partendo dalla sua annotazione finale in merito alla mia scelta di rivolgermi a una piazza pubblica anziché direttamente a Lei, sappia che nasce da una costatazione ben precisa. Quando ero iscritto alla sua organizzazione, n.q. di dirigente, insieme a ad altri dirigenti della provincia dell’Aquila, Le inviai ben due lettere a mezzo pec per sollevare una vertenza nei riguardi della coordinatrice territoriale della nostra provincia. Non le sarà sfuggito!
Ebbene, forse però non ricorda, che non solo Lei non rispose alcunché a nessuna delle due lettere, ma, dopo aver promesso (in uno dei “tavoli” da lei invocati quale terreno privilegiato di composizione delle crisi) di voler riorganizzare e riequilibrare la rappresentatività sindacale nel vasto territorio aquilano, ha optato per proteggere la coordinatrice a discapito di un’intera classe dirigente, decapitandola mediante un incomprensibile commissariamento dell’intera regione (e non della sola provincia critica), evento rarissimo ed estremo (di cui la testata che ci ospita ha puntualmente trattato).
L’incredibile commissariamento della Uil Scuola Abruzzo.
Si badi bene, ciò ha fatto – a mio avviso – pur di salvaguardare una persona posta al centro di critiche (da lei stesso definite “legittime”) di politica sindacale. Quel commissariamento perdura ancora, salvo a sostituire il primo commissario, probabile suo “degno” successore in pectore alla guida della Uil scuola nazionale, con un pensionato dirigente regionale campano.
Mi astengo dal riferire delle “epurazioni” in corso nella struttura nazionale, di cui pure sento parlare da ex militanti Uil, perché si tratta di vicende che non mi riguardano più ed annoierebbero i lettori. Ma credo a quest’ultimi interessi sapere, invece, che nella provincia dell’Aquila, dal commissariamento ad oggi, il “suo” sindacato ha perso circa 400 iscritti, e sono facile profeta nel prevedere che fra qualche mese gli affiliati si potranno contare, forse, sulle dita della mano. Ma questo è un problema Suo. A Lei e ai suoi collaboratori sta bene così. Si figuri a me e ai miei colleghi che siamo fuoriusciti dalla Uil!
Perché critico gli esoneri sindacali.
Per dovere di sintesi, procedo spedito all’esame delle sulle sue considerazioni, espresse in un poco decifrabile “sindacalese”.
In primis, il mio riferimento all’esonero sindacale non è affatto uno “stereotipo”, come da Lei definito. Me ne sarei ben guardato, impegnato come sono a veicolare ai miei allievi la negatività delle generalizzazioni acritiche. Si tratta, viceversa, di una critica molto consapevole, atteso che anche nella vertenza della nostra provincia, da cui sono derivate le “ruggini” cui lei allude, in fondo in fondo, da parte dei vertici si è deciso fare “quadrato” per proteggere una sindacalista che fruisce del distacco sindacale!
Credo che il passare anni a discutere dei problemi della scuola “nei tavoli” invece che viverli sulla propria pelle, porti inesorabilmente a non leggere più la realtà per come effettivamente si presenta. Vede, per me né la politica né il sindacato sono “carriere” appannaggio di predestinati sapienti, e sia i partiti sia le organizzazioni sindacali, ed anzi queste ancor più, dovrebbero consentire a più persone di fruire di “esoneri, aspettative e distacchi”, e solo per qualche anno, dopodiché si torna a scuola, al chiodo, ad insegnare!
Soltanto così si può garantire un ampio accesso, evitare cristallizzazioni sterili, e favorire un clima di ricambio e condivisone dell’esperienza sindacale con quella professionale, ad effettivo beneficio del personale che si pretende di rappresentare. E invece, no! Si va in pensione da “distaccati”, e purtroppo, distaccati da tutto! anche dal mondo del lavoro!
Sulla sua proposta di prolungare l’anno scolastico.
In ordine alla sua proposta di prolungare l’anno scolastico per tutto il mese di giugno, oggetto della mia critica, di certo non mi aspettavo da lei un’autocritica, ma registro che la sua difesa, ruotando sul concetto di “rimodulazione” e di “compensazione”, finisce inesorabilmente per apparire come il disperato tentativo di chi si agita nelle sabbie mobili ma con il risultato di esserne ancor più risucchiato. Nessuno è contento di non poter insegnare in presenza! La DAD (o la DID) sono una necessità! Non è questo il punto! Quello che Lei non spiega, e che rende più grave la sua posizione, è un richiamo all’esigenza di “compensare”!
Ma compensare che cosa! A prescindere dall’impraticabilità normativa e contrattuale di tale compensazione, anche a motivo dello sconvolgimento sulla sequenza degli adempimenti dell’anno scolastico (esami e recuperi) e, non da ultimo, per gli effetti negativi sull’industria del turismo (già provata dagli effetti dell’emergenza), lei dovrebbe ben sapere che i docenti delle superiori stanno lavorando, e molto più del dovuto.
Vale la pena dedicarsi a miglior causa.
Mi consenta un sommesso consiglio. Dedichi le sue energie a miglior causa, a partire, magari, dalla vexata quaestio della retribuzione dei docenti, tra le più basse in Italia! A lottare per l’equiparazione degli stipendi tra docenti del primo e del secondo ciclo, atteso che maestre e maestri lavorano 24 ore ed hanno responsabilità enormi sul piano umano e pedagogico; per combattere l’affollamento delle aule, che è tra le cause del burnout dei docenti, fenomeno in crescita e di cui si parla troppo poco a livello sindacale; per l’edilizia scolastica, sempre più fatiscente; per alleggerire il carico di lavoro del personale amministrativo e remunerarlo più adeguatamente (per tutti gli ATA); per non consentire che i recuperi di inizio anno siano considerati didattica “ordinaria”, quindi non retribuita secondo le tabelle del CCNL. Potrei continuare l’elenco, ma mi fermo qui!
Mi si consenta un appello finale.
Purtroppo, caro segretario, lei sa bene che i docenti, essendo dediti agli assorbenti processi educativi, sono buoni “incassatori” e si ribellano troppo poco alle “angherie” della politica. Resistono sul campo nonostante tutto.
Dunque, se siamo d’accordo almeno su questo, ciò che il sindacato dovrebbe fare ogni giorno, in ultima analisi, è incalzare la politica fino al suo sfinimento, in modo che non approfitti ancora della passione educativa e della spinta ideale che motiva i docenti. Che si dia finalmente il giusto peso specifico alla scuola e il giusto riconoscimento economico ai suoi operatori!
Vorrei sentire solo questo da persone con il suo ruolo.
Il resto, inclusa la sortita sulla “compensazione” fino ai primi di luglio, mi sembra, caro segretario, come una di quelle uscite dei nostri allievi (di cui lei avrà perso la memoria), che, quando sono poco preparati alle verifiche, “dicono quello che sanno, ma non sanno quello che dicono”!
Buon lavoro segretario, e mi saluti i suoi validi collaboratori!”