PESCARA – Una lettera al presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, ai presidenti delle quattro province abruzzesi e ai sindaci dei capoluoghi di provincia, è stata inviata dal Coordinamento provinciale Italexit Pescara con Paragone per evidenziare le criticità, emerse dagli ultimi Decreti della presidenza del Consiglio dei ministri, “che hanno avuto e continuano a colpire anche in Abruzzo gli operatori del settore della cura della persona nell’emergenza Covid-19, in particolare parrucchieri, estetisti, onicotecnici, tatuatori e barber”.
La missiva è firmata da due esponenti del partito del senatore Paragone, Marco Santoli, coordinatore provinciale, e Daniela Capodicasa, imprenditrice del settore.
“Premesso che con l’apertura post primo lockdown – si legge nella lettera – tali categorie si erano allineate con le normative sui Dispositivi di protezione individuale (Dpi) affrontando ingenti investimenti per l’adeguamento, è doveroso aggiungere che in particolare la categoria delle estetiste ha già l’obbligo da normative sanitarie (all. A legge 1/90) al fine di ottenere l’autorizzazione per l’apertura. La suddetta categoria si è trovata ‘divisa’ nel suo genere grazie alle nuove disposizioni in merito alla “zona rossa”: parrucchieri aperti ed estetiste chiuse!”.
“Dunque – prosegue la lettera – le criticità sorgono spontanee: chi è rimasto aperto si è trovato di fronte una realtà cittadina vuota, con conseguente calo del numero di visite della clientela oltre che del numero di servizi richiesti (dovuti alla crisi economica che investe tutti indistintamente), pur mantenendo invece i costi invariati (se non, in diversi casi, aumentati); in più, c’è il timore di tenere un negozio aperto, specialmente in alcune zone, per lo svuotamento delle vie cittadine con conseguente rischio di aumento dei pericoli soprattutto per le donne che rappresentano quasi totalmente la categoria”.
IL RESTO DELLA LETTERA
Chi ha avuto l’ordine di chiusura, ancora oggi chiede risposte serie e convincenti perché, se la ratio legis è il “contenimento della diffusione del virus” e se le due categorie in questione hanno pari finalità (la cura della persona), significa che nessuna delle due categorie rientrerebbe nella “necessità”.
Alla luce di tutto questo, la domanda è: perché le estetiste devono restare chiuse?
L’estetista ha l’obbligo di un protocollo sanitario fin dalla sua apertura;
l’estetista non lavora in salone aperto, ma in cabine singole;
l’estetista, da sempre, svolge le sue funzioni con occhiali (visto che si avvale di macchinari avanzati) e mascherina, dallo scorso marzo, implementata con visiera in plexiglas;
l’estetista collabora anche con medici e medici estetici, dovendosi prendere cura del benessere;
l’estetista lavora al 70 per cento con pacchetti di trattamenti che impongono una specifica azione cronologica che, se non rispettata, va ad incidere negativamente sul risultato finale, mettendo in cattiva luce l’operatore stesso nei confronti della clientela.
Spero che quanto espresso non vi porti al fraintendimento di aver messo categorie in opposizione fra loro, poiché, alla luce di dette criticità sulle vostre scelte istituzionali, ci trovano ben più coese nel chiedere allentamenti.
Chiediamo, in sintesi, spiegazioni a gran voce di tali scelte completamente incongruenti non solo tra loro ma anche verso la finalità stessa delle “aperture e chiusure”, affinché non si ripeta per una terza volta una tale scelta a dir poco scellerata.