PESCARA – Una vicenda inedita, una storia che pare tratta da una sceneggiatura cinematografica, un saggio che sembra un romanzo ma scritto come una partitura musicale: attorno al tema del giovane italoamericano Renato Berardinucci si intrecciano i controcanti dell’emigrazione negli Stati Uniti, del ventennio fascista, della guerra e dell’esperienza resistenziale. Gli studi al College di Philadelphia, città dove è nato, si interrompono per Renato a 18 anni per il rientro in Italia, nel 1939, voluto dalla madre Antonietta che intende così metterlo al riparo dalla chiamata alle armi sfruttando il meccanismo della doppia cittadinanza. Renato, per la prima volta negli Abruzzi da cui proviene la sua famiglia, scopre un mondo completamente diverso, lontano nello spazio e nel tempo. Frequenta il Liceo classico e diventa amico dello studente più bravo di tutta la scuola, l’ebreo viennese Hans Lichtner che è protetto dalle autorità fasciste per intercessione di Italo Balbo, il trasvolatore atlantico eroe della gioventù di Renato. Hans gli fa aprire gli occhi su Mussolini, su Hitler, sulle leggi razziali. La caduta del regime, il disastroso bombardamento di Pescara di fine agosto, lo sfollamento e il crollo dopo l’armistizio dell’8 settembre, spingono l’italoamericano a creare un gruppo partigiano e si adopera nel supporto dei paracadutisti alleati in missione dietro la Linea Gustav.
Ama il teatro e i travestimenti, ha un gusto innato per le beffe, riesce a portare via fucili e pistole da un’armeria tedesca con un trucco, ha un conflitto a fuoco e uccide un ufficiale. Sulla sua testa viene messa una taglia. Un capitano della Wehrmacht, che nella vita civile è professore di latino a Lipsia, in un piccolo paese riesce a trovare una tacita intesa per non avere problemi con i partigiani e non far scattare rappresaglie e rastrellamenti. Con l’arrivo dei polacchi e ad Abruzzo ormai liberato, Renato ha un’ultima impresa da compiere. La madre, in preda a un presentimento, cerca in ogni modo di dissuaderlo. Sarà tradito, consegnato ai tedeschi e condannato a morte da un tribunale militare. È davanti ai fucili puntati che diventa un eroe, perché si getta contro i soldati del plotone d’esecuzione per cercare di salvare gli unici tre compagni che sono rimasti con lui, e muore davanti agli occhi della madre impazzita per il dolore. Nel 1957 il padre Vincenzo, che ha visto per l’ultima volta il figlio nel 1940, torna da New York in Italia per ritirare la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. E per vendicarsi della spia che ha consegnato Renato ai suoi carnefici.
«Il partigiano americano» è l’originale racconto di una storia vera che vive per la prima volta scorrendo sul binario di uno stile narrativo coinvolgente e il rigore saggistico. La vicenda, quasi del tutto priva di fonti documentali, è frutto di un’accurata ricostruzione scientifica filtrando e ampliando il patrimonio della memoria orale, senza la quale, smarrito il filo del ricordo e scomparsi i testimoni del tempo, non avremmo più avuto nessuna storia da raccontare.
Marco Patricelli (Pescara 1963) ha scritto saggi storici per Mondadori, UTET, Laterza, Hobby & Work e Ianieri; in Polonia per Wydawnictwo Literackie, Bellona, Arte, Wydawnictwa Uniwersytetu Warszawskiego; in Francia per JC Lattès e in Repubblica Ceca per Grada. Nel 2010, con la prima biografia del capitano Witold Pilecki, Il volontario, ha vinto l’edizione XLIII del prestigioso Premio Acqui Storia. Dai suoi lavori sono stati tratti docufilm e docufiction per RAI, Mediaset e ZDF. Ha curato diverse consulenze storiche per le maggiori reti televisive e radiofoniche nazionali ed è stato invitato a dare contributi alla realizzazione di documentari in Germania e Polonia. Svolge intensa attività convegnistica in Italia e all’estero. Per un decennio ha insegnato Storia dell’Europa contemporanea all’Università “G. d’Annunzio” di Chieti. È stato insignito del titolo di Bene Merito, della Croce di Ufficiale al merito della Repubblica di Polonia e del cavalierato dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. È laureato in Giurisprudenza ed è diplomato al Conservatorio. Alla figura di Pilecki ha dedicato nel 2019 una Suite in 8 quadri per grande orchestra sinfonica. Vive tra Praga e Pescara.