di Armando Floris
AVEZZANO – 2012. Immaginate la campagna elettorale di una ridente cittadina dell’entroterra abruzzese. Siamo al comizio finale. Si prepara tutto nei dettagli. Le foto vanno fatte dal palco, mai da dietro. La piazza è grande e, da lontano, si vedono i numeri reali. Al contrario, se fai una foto dal palco, trecento persone sembrano una folla oceanica.
Non c’è entusiasmo ma la sua rappresentazione. Ed anche alla cena successiva prevale la rappresentazione.
Prende la parola il primo autorevole esponente: “Vinceremo perché siamo belli, alti, biondi e gli altri sono peggio di noi!”.
Applausi.
Secondo autorevole esponente: “Vinceremo perché siamo belli, alti, biondi e gli altri sono peggio di noi”.
Applausi.
Terzo autorevole esponente: “Vinceremo perché siamo belli, alti e biondi e gli altri sono peggio di noi”.
Applausi. I più convinti sono quelli bassi e calvi.
Finita la recita, chiedo all’ultimo dispensatore di certezze come finirà secondo lui.
Finirà con una sconfitta, salvo miracoli.
E infatti la barca affonda mentre quelli che gridavano “vinceremo” sono, da tempo, al sicuro sulle poche scialuppe di salvataggio.
La sfida in queste ore, per l’elettore, è farsi un’idea del candidato senza il “rumore” di quelli che affermano ciò che gli conviene dire.
Per il candidato e la sua coalizione è far arrivare il proprio messaggio a destinazione.
Siamo in un periodo in cui l’attenzione media di un essere umano si aggira intorno agli otto secondi, veniamo bombardati da circa 70.000 messaggi pubblicitari al giorno, guardiamo ogni cinque minuti lo smartphone per circa trenta secondi e discutiamo su facebook della riforma costituzionale con Carolina36.
Vince chi si distingue e si connette meglio. A cosa? Allo stile di vita, all’identità, ai valori, alle paure. La campagna elettorale non è un tocco decorativo: è la risposta alla domanda: “a cosa pensano gli elettori quando pensano a te?”.
Certo, soprattutto nelle elezioni comunali, l’esito è determinato dalla pletora di candidati, dalla forza delle liste, dal trend nazionale. Per il resto, le persone si aspettano una narrazione convincente.
Ad Avezzano siamo nella fase dei comizi finali. Saranno fondamentali perché è andata in onda la prima campagna elettorale “geometrica”. Chi c’è dietro la Taccone? Chi c’è sopra Genovesi? Chi c’è al fianco di Babbo? Chi c’è intorno a Di Pangrazio? Per decidere il voto bisogna fare il teorema di Euclide. E allora, molti, nel caos non capendo come esercitare il voto “utile” opteranno per il voto “futile”: andranno in piazza e sceglieranno quello che farà la migliore impressione. Che poi forse è il criterio più sano.
Abbiamo seguito gli interventi dei candidati. Una premessa è doverosa: parlare in pubblico è difficile; in piazza ancora di più. Molti degli aspetti riportati in seguito sono frutto di una valutazione soggettiva. Altri, naturalmente, non saranno colti dai tifosi e forse è meglio così.
Se il loro numero (quello dei tifosi) sarà consistente, un intervento imperfetto in piazza non farà alcuna differenza e avranno modo di farne uno migliore al ballottaggio.
Anna Maria Taccone. Punta su un racconto di trasformazione: si scende dall’Olimpo della competenza per rinnovare. Il “contorno” è curato bene. Musica di accompagnamento sostenuta e coerente con il contesto, un buon numero di partecipanti abilmente ingrandito dalle foto fatte come si deve, cielo favorevole, buone temperature, collegamento in diretta con quaranta paesi stranieri (non è vero ma serve alla drammatizzazione narrativa!).
Invita a scegliere il miglior Sindaco al netto dei parenti candidati nelle altre liste. Potremmo sintetizzare così: la Taccone punta sui disgiunti, Di Pangrazio sui congiunti!
Probabilmente prenderà più voti delle sue liste quindi cerca di amplificare tale effetto. È una scelta intelligente!
Troppo tempo dedicato alla sua presentazione.
C’è uno schema classico e molto semplice per organizzare un incontro efficace: Situazione/problema/soluzione.
La terza parte, quella della soluzione, è stata quasi assente nel primo intervento in piazza.
Progetti, numeri, dati, idee innovative: solo accennati.
La candidata moderata è persona concreta da cui ci saremmo aspettati qualche spunto in più sul tema. E infatti, nel secondo comizio, ci mette qualcosa in più.
Tiziano Genovesi. Le premesse sono buone. Palco immenso, maxischermo per il collegamento con Salvini, bandiere, gente venuta dalla marsica a dare manforte. Nei giorni precedenti, finalmente, il candidato realizza uno spot efficace registrato dalla sua automobile: racconta le sue scelte in modo autentico, cita la famiglia, illustra sinteticamente il progetto di Città. Mentre guida è più naturale e la cosa lo rende credibile, a tratti simpatico, vitale.
Lo schema del racconto è quello della salvezza: dal buio degli ultimi anni, alla luce.
Però dedica troppo tempo a ribadire di essere nato ad Avezzano e non essere stato imposto dall’Aquila.
Manca la difficoltà, la caduta, la salita, un avversario di cui essere degni. L’altra volta la campagna di De Angelis era il racconto dell’impresa difficile di liberazione da un esercito.
Svilire il proprio avversario significa trasformare tutto in una banalità.
Anche perché sembrano errati sia il bersaglio che i toni.
Il comizio del centro destra appare, a tratti, nei termini, nel ritmo e nel volume, una riedizione della famosa telefonata di Mario Magnotta.
“Pronto. Che è la Taccone? No. So’ Tiziano!”
Venti minuti dedicati a De Angelis, accusato praticamente di tutto: aver distrutto Avezzano, aver separato il centrodestra, aver tradito, aver diffuso la moda del calzino bianco con i sandali.
È proprio vero: “sei candidato e ti tirano le pietre, fai un passo indietro e ti tirano le pietre!”.
Il concetto dei traditori torna, tra l’altro, con una certa frequenza. Ha senso? Forse no.
Si può parlare di tradimento quando vi è un rapporto basato su fiducia e rispetto reciproco ed una certa stabilità.
Ma la politica avezzanese, da tanti anni, presenta rapporti più simili ad un fugace amore estivo sulla spiaggia di Rimini negli anni ’80. Nulla a che vedere con relazioni forti e autentiche. Sinceramente, le persone che cambiano frequentemente spiaggia stanno in tutte le liste!
E infine, come puoi chiedere fedeltà, vicinanza e amore eterno ad uno che, da un anno, descrivi come Attila?
Mario Babbo. Bello! Non Babbo naturalmente; il comizio!
Efficace nei passaggi, usa termini capaci di evocare immagini; sceglie temi che gli stanno davvero a cuore, inserisce qualche dato ma non troppi.
Giudicate voi:
“Non utilizzerò i 10 minuti iniziali per spiegare chi sono, come hanno fatto altri. Perché, se dopo mesi di campagna elettorale e anni di vita in una città, devi spiegare chi sei, o hai fatto male la campagna elettorale o hai fatto male ad accettare la spinta di chi ti ha imposto”
“Quando tra 20 giorni sembrerà che tutto è stato facile; quando quelli che capiscono la politica ci spiegheranno che in fondo Di Pangrazio già era stato battuto una volta , che Genovesi era debole perché condizionato dall’Aquila, che la Taccone aveva dietro De Angelis, insomma quando chi ci ha sottovalutato, poi deriso e poi ostacolato, ci dirà che Mario Babbo Sindaco era una meta alla portata, ricordatemi quanto è stato difficile e quanto sia stato un onore godere di questa fiducia”.
Comizio quasi perfetto. Anche lui dimentica di attaccare Di Pangrazio. Che volete che conti uno che ha otto liste?
Giovanni Di Pangrazio.
Sun Tzu, nel famoso libro “L’arte della guerra” scrive: “I guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno alla guerra, mentre i guerrieri sconfitti prima vanno alla guerra e poi vincono”.
In effetti Sun Tzu doveva essere originario della marsica, sembra un termine dialettale: “Iammi po’, Sun Tzu!
Comunque, l’ex Sindaco, ha applicato quasi tutti gli insegnamenti di quel manualetto. E bene. Tranne uno. Che sarà fondamentale al ballottaggio.
Lo scopriremo. Non c’è fretta. Il clima del comizio è da vittoria. Vedremo.
Antonio Del Boccio.
Critica la ciclabile, pensa ad una tesi di laurea per un ragazzo che realizzi una pista ciclabile che colleghi le frazioni.
Apre il consigliere Rosa ed in effetti tutti promettono un futuro più rosa per Avezzano e la marsica.
Lascia con un appello al voto di coscienza. E già, la coscienza: uno dei muscoli meno usati nella campagna elettorale!
Chiude con l’inno di Mameli. Almeno su questo siamo tutti d’accordo.
Ci vediamo al ballottaggio. A proposito, dopo attente verifiche, abbiamo constatato che, almeno sul calzino bianco, De Angelis non ha colpe!