AVEZZANO – “La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, è una malattia neurodegenerativa progressiva dell’età adulta determinata dalla perdita dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali,. che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. I motoneuroni sono le cellule responsabili della contrazione dei muscoli volontari, coinvolti principalmente per il movimento, ma anche per le funzioni vitali, come la deglutizione, la fonazione e la respirazione: la loro degenerazione implica la progressiva paralisi dei muscoli innervati. I motoneuroni arrivano dal cervello al midollo spinale e dal midollo spinale ai muscoli di tutto il corpo.”(AriSLA-Fondazione Italiana di ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica-[SLA]).
La premessa è necessaria per far comprendere la gravità del male e quanto ogni passo fatto per riuscire a migliorare l’assistenza ai pazienti, soprattutto il supporto ai familiari, sia una conquista in ambito sociale, umano, medico.
Abbiamo contattato il dottor Marco Di Norcia, responsabile sezione AISLA della provincia di L’Aquila in merito a un accordo siglato dalla ASL1.
In esclusiva, ha così risposto:
“Con la delibera n. 981 dell’11 giugno 2020 la ASL1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila ha pubblicato le linee di indirizzo clinico organizzative per l’assistenza dei pazienti post SLA, meglio conosciute come PDTA (Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale). Promotori di questo intervento l’associazione AISLA da me rappresentata per la provincia di L’Aquila, con la signora Stefania Vella. E’ sicuramente un buon punto di partenza affinché le persone possano essere prese in carico globalmente, pertanto ci auguriamo possa offrire delle risposte ai bisogni complessi delle famiglie e delle persone affette da SLA. Non è certo un punto di arrivo, ma va concepito come un punto di partenza strutturato. Il risultato del PDTA è stato il risultato di un intenso lavoro durato qualche anno, come dire? concordato e pianificato in un tavolo tecnico voluto dal dottor Luca Caniglia-dirigente medico responsabile del governo clinico della ASL1 Avezzano Sulmona L’aquila-, dalla dottoressa Alisia Macerola –dirigente medico responsabile del Coordinamento per gli screening della ASL1, redatto dal professor Rocco Totaro –neurologo presso la clinica neurologica dell’Università di L’Aquila e responsabile del centro per la sclerosi multipla dell’ospedale San Salvatore. Concordato quindi con AISLA, il documento permette una chiara presa in carico del paziente con SLA, che è una presa in carico complessa, spesso l’ ha vista non ben strutturata, molto diversa tra di loro. Questo eviterà che ci siano in futuro prese in carico non globali o non strutturate, ma sulla base dei migliori canoni di presa in carico sanitaria.”
Come veniva effettuata precedentemente a questo accordo? “Precedentemente all’accordo era definita solo dalla presa in carico domiciliare integrata, ma le pianificazioni dei piani individuali assistenziali erano lasciati all’interpretazione delle risorse disponibili e pianificabili. In questo modo invece si delineano le basi, le fondamenta scientifiche quale debba essere la presa in carico migliore, di tipo assistenziale e domiciliare della persona con SLA. Non ci dimentichiamo che l’ambiente familiare è l’ambiente migliore per poter essere curati da una malattia inguaribile, ancora purtroppo inguaribile.”
Un passo importante questa delibera? “Importantissimo, anche perché la ASL1 Avezzano Sulmona L’Aquila è stata la prima ASL in Abruzzo a definire il PDTA per la presa in carico dei pazienti di SLA. Altre ASL non hanno questo documento e non hanno varato queste linee di indirizzo, pertanto ci auguriamo che questo modello L’Aquila Avezzano Sulmona possa essere esportato anche nelle altre ASL regionali.”
Quali sono le basi coordinate per la giusta presa in carico del paziente? “La ASL1 dovrà individuare unità multidisciplinari e definita che, a livello aziendale, valuterà le richieste e i piani assistenziali individuali dei pazienti. Questa equipe multidisciplinare è composta da neurologi esperti in cure palliative, esperti in respirazione e potrà, anche a distanza, dare consigli a chi gestisce domiciliarmente il paziente. C’è poi la possibilità della pianificazione condivisa delle cure, argomento interessante che comunque va trattato, ma è semplicemente uno dei tanti argomenti. Inoltre, questo documento è stato recepito dai direttori dei distretti sanitari di base di tutta la ASL che dovranno poi diffonderlo dai dottori di medicina generale.”
Qual è la situazione del nosocomio avezzanese per i malati di SLA? “Difficile. Ci auguriamo che dopo il trasferimento della dottoressa Francesca Notturno neurologa presso l’ambulatorio SLA dell’ospedale di Avezzano, che in questi anni è stata punto di riferimento dei molti, purtroppo, malati di SLA della nostra zona, possa l’ambulatorio presto tornare ad operare con un nuovo neurologo che, come la dottoressa Notturno, possa occuparsi in maniera professionale dei pazienti di SLA. Tra l’altro ho riferito come, anche grazie agli interventi della dottoressa Fabrizia Biocca, medico anestesista rianimatore esperto in terapia del dolore e cure palliative, questo servizio possa essere al momento erogato anche a domicilio, ma ci auguriamo che il prossimo passo sia proprio quello di istituire una Unità Operativa di cure palliative.”
Quanti sono i pazienti affetti da SLA nella Marsica? “Purtroppo non abbiamo il numero certo perché la malattia viene spesso vissuta, ancora, come una malattia della quale non parlare o per la quale non mostrarsi agli altri, proprio perché crea una gravissima invalidità. Rimane l’enorme problema di non avere un registro regionale né un registro nazionale dei malati di SLA. La nostra associazione è stata partner insieme al Ministero della Salute per pianificare, o di iniziare a pianificare, un registro dei pazienti di SLA. E’ un esperimento che avviamo in alcune regioni d’Italia e presto speriamo di poterlo portare in Abruzzo. Secondo le medie statistiche, possiamo dire che la nostra ASL1 conta tra i 20 e i 35 pazienti affetti da SLA. Noi possiamo conoscere i nostri associati che ci contattano, che chiedono ma non possiamo metterli in rete perché non decidono di tesserarsi “.