L’AQUILA – L’emergenza Covid-19 ha posto in essere situazioni di crisi, soprattutto negli ospedali. Attualmente in alcune regioni e capoluoghi di provincia, ancor oggi, non si possono assistere i propri malati, anche se soggetti a intervento chirurgico. Certo disposizioni motivate dalle norme di sicurezza, onde evitare il contagio e la diffusione del coronavirus.
Alla nostra redazione è pervenuta la segnalazione di Dino che, a settembre, diventerà papà. Il problema nasce da questo bellissimo evento. Si riporta il nazionale al regionale, fino a giungere al provinciale e nello specifico al nosocomio di L’Aquila dove ai neo padri è vietato assistere le compagne durante tutta la durata del travaglio.
Si è scoperto che sono davvero tanti i genitori che intendono far prevalere questo loro diritto. In alcuni ospedali è consentito l’ingresso solo al momento dell’espulsione del nascituro.
Anche Dino desidera con tutto sé stesso poter condividere questo evento importante nella vita della coppia e del nuovo percorso genitoriale. Ancor più grave è che la moglie, senza di lui, non vuole entrare in sala parto. Ciò significherebbe dover affrontare la non indifferente spesa di una clinica privata, o dover trasferirsi presso strutture pubbliche, in altre province se non regioni, che permettano l’accesso.
Accompagnare la nascita del proprio figlio o figlia, sostenere la propria compagna è oggi una scelta importante e significativa, vivendo in una società nella quale si manifestano quotidianamente reati di indifferenza e di violenza contro il genere femminile. Imporre il divieto all’uomo che sceglie di voler affiancare la donna, in un momento così particolare, non può e non deve sussistere. Bisognerebbe poi comprendere perché nelle strutture private la possibilità della diffusione del virus viene fermata, (forse dal pagamento n.d.r.)? In altri ospedali, con la capacità organizzativa di isolamento, con l’adeguato corredo dei DPI, il problema viene abbattuto. Allora, forse, l’ospedale di L’Aquila non ha programmazione, voglia, pianificazione del sistema interno per superare tutto questo?
“All’ospedale Del Ponte di Varese i bambini continuano a venire al mondo con entrambi i genitori presenti in sala parto, che si faccia in modo naturale o con il taglio cesareo, nonostante l’epidemia di Covid-19 in corso. A confermarlo è Massimo Agosti, direttore del dipartimento Donna e bambino e dell’unità di Neonatologia. (www.salute.gov.it)
“Adesso i papà possono entrare in sala parto: gli ospedali di Palermo che hanno detto “Sì”. Il primo a dare l’ok all’ingresso dei papà è stato il reparto maternità dell’ospedale Civico che già dallo scorso 5 maggio ha messo in campo le nuove disposizioni di ingresso, seppur con limitazioni e restrizioni nel rispetto della sicurezza di tutti.” (Balarm maggio 2020)
“Dal 27 aprile negli Ospedali di Bologna gestiti dalla AUSL Bologna – Distretto Città di Bologna (Ospedale Maggiore e Ospedale di Bentivoglio) viene garantita la presenza della persona di fiducia con la donna per tutta la durata del travaglio.” ( www.italiachecambia.org)
Per quanto si possa essere ignoranti in materia, il coronavirus non si diversifica da città a città. Possibile mai che in Abruzzo, e in particolare nella provincia aquilana, si debba essere sempre un passo indietro rispetto al resto di quell’Italia che si adegua, comprende, si attiva e fronteggia il problema? Non è né comodo né dignitoso arrivare per ultimi, soprattutto nel porre in essere quei principi di partecipazione con il malato.
Non si può non appoggiare il grido di un papà che è testimone di una privazione, e nessuna disposizione appare esaustiva, da privare i genitori, e soprattutto il nuovo cittadino del mondo, a venire meno al principio indissolubile della relazione.
Motivo è importante per continuare a sostenere la campagna indetta per abolire questo divieto, che vige in molti ospedali italiani. Preparate una vostra mail, unica e personale, più sono meglio è, con questo oggetto: (città ad es.) L’AQUILA- Campagna #insiemesiconcepisce #insiemesipartorisce promossa da VOCIDINASCITA APS sostenuta da (nome + cognome) come (genitore o operatore o cittadino/a).
Per questo Dino seguiremo la tua, la vostra storia!