L’AQUILA – Non smette mai di tornare alla mia mente la devastante aggressione subita, ad opera di un boss della Ndrangheta, dall’allora Assistente Capo di Polizia Penitenziaria Andrea Paglieta. Le ferite prodotte dall’olio bollente gettatogli addosso e che oggi hanno preso la forma di un indefinito tatuaggio color carne sono nulla rispetto a quelle che Andrea porta dentro di se. Il 22 Luglio del 2020 il Vice Capo del Dipartimento Dr.Roberto Tartaglia e il Capo del Dipartimento Bernardo Petralia hanno voluto prendere in mano la situazione riguardante le aggressioni subite dal personale di Polizia Penitenziaria all’interno delle carceri italiane dettando precise linee di intervento. Abbiamo voluto ulteriormente approfondire il concetto espresso dai due massimi rappresentanti dell’Amministrazione penitenziaria parlando con un’esperta nel campo della psicologia applicata e che, tra l’altro, svolge da anni il suo lavoro proprio all’interno di un penitenziario.
Esordisce così il componente della segreteria della UIL PA Abruzzo e Segretario Generale Territoriale della UIL Polizia Penitenziaria Mauro Nardella deciso com’è a non far abbassare il livello di attenzione per ciò che attiene le aggressioni subìte dal personale di polizia penitenziaria nelle carceri aquilane e le conseguenze spesso più psichiche che fisiche che purtroppo ricorrono.
Per meglio capire il possibile risvolto positivo che una siffatta circolare potrà realmente avere nello scenario spesso tetro del carcere ho voluto approfondirne il concetto con la Dr.ssa Maria Esposito Marroccella psicologa- psicoterapeuta nonché criminologa elevata agli onori della cronaca per essere stata la pioniera dello smartworking in carcere oltre ad aver già agito nel campo della psicoterapia nei confronti di diversi poliziotti penitenziari.
Nardella_”Dr.ssa la circolare del 23 luglio 2020 detta linee di intervento sulle aggressioni nei confronti del personale operante nelle carceri e che mai come negli ultimi anni sta trovando una drammatica collocazione nella vita professionale dei poliziotti penitenziari. Alla luce della sua esperienza di psicologa e di professionista nel campo della psicologia penitenziaria cosa ne pensa?”
Dr.ssa Maria Esposito Marroccella_”Il carcere è un piccolo mondo con proprie regole e con propri ritmi faticosi e stressanti che spesso compromettono l’agire quotidiano proprio a causa del dell’elevato impegno e dei delicati compiti che l’agente di Polizia Penitenziaria ed il personale a stretto contatto con i detenuti deve sostenere. Tale luogo è un mondo a sé stante ove riecheggiano sofferenza e dolore, gesti di autolesionismo e tentativi di suicidio da parte dei ristretti. Tutto ciò ha delle ripercussioni sulla personalità degli operatori sanitari e degli agenti di Polizia Penitenziaria che trascorrono molto tempo presso il carcere e nelle sezioni dove sono a stretto contatto con i detenuti. La Circolare del 23 luglio 2020 presta attenzione all’aumento del tasso di comportamenti violenti ed antidoverosi da parte della popolazione detenuta, spesso indirizzati contro il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria dell’Amministrazione penitenziaria e del personale medico ed infermieristico nell’esercizio delle proprie funzioni.”
Nardella_”Cosa significa secondo Lei per una persona subire un’aggressione durante lo svolgimento del proprio lavoro ?”
Dr.ssa Maria Esposito Marroccella_Subire “un’ aggressione fisica e/o un’aggressione verbale nello svolgimento del proprio lavoro rappresenta un evento traumatico più o meno acuto in relazione all’entità dell’evento e alla personalità di coloro che lo subiscono. Alcuni studi hanno evidenziato che il 15% degli uomini e il 36% delle donne sviluppa, dopo un evento traumatico, disturbi psicosomatici e disturbi d’ansia che comportano una riduzione della motivazione nei confronti della propria attività lavorativa.”
Nardella_ “Volendo parlare in termini di salute cosa farebbe emergere come dato?”
Dr.ssa Maria Esposito Marroccella_”Quello che è molto importante fare è prestare attenzione alla salute del lavoratore in modo da salvaguardarlo dallo stress che si manifesta quando c’è uno squilibrio tra le richieste dell’ambiente lavorativo e le risorse individuali, al punto che, la persona nel medio-lungo termine comincia ad avvertire vari sintomi o disturbi quali: mal di testa, disturbi gastrointestinali, patologie del sistema nervoso, disturbi del sonno, nevrastenia, sindrome da fatica cronica fino a casi collasso nervoso, ecc. È dunque, pertanto, necessario intervenire ed applicare precise strategie psicologiche di supporto per poter gestire le conseguenze emotive negative di questi episodi, evitando che questi disagi possano trasformarsi in condizioni di sofferenza cronica, in disturbi post-traumatici da stress o in demotivazione lavorativa con relative assenze prolungate per malattia, bassa qualità lavorativa e richieste di trasferimenti.”
Nardella_ “ Dr.ssa Marruccella quando sarebbe il caso secondo lei di intervenire ?”
Dr.ssa Maria Esposito Marroccella_”le evidenze scientifiche della Psicologia dell’Emergenza indicano come un intervento immediato di supporto psicologico entro le 96 ore dall’evento traumatico possa già ridurre significativamente l’impatto emotivo e facilitare una prima e rapida attenuazione dello stress. L’intervento psicologico di supporto deve mirare ad una serie di interventi differenziati nel tempo e finalizzati all’elaborazione delle emozioni, all’attenuazione dell’evento critico e dello stress, al contenimento della sintomatologia clinica e al recupero, in tempi brevi, della piena funzionalità lavorativa .E’ importante pertanto, ridurre l’impatto emotivo sul personale operante negli istituti di pena dovuto non solo agli episodi di aggressione, ma anche a situazioni protratte di stress, in modo da evitare o ridurre l’instaurarsi di condizioni croniche di disagio psicologico ed evitare una demotivazione verso il lavoro.”
Nardella_” Concludendo Cosa fare quindi secondo lei dr.ssa per limitare se non altro il danno?”
Dr.ssa Maria Esposito Marruccella_ “ E’ fondamentale sostenere, supportare il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, il personale medico e infermieristico, monitorare il tono dell’umore, far verbalizzare ciò che provano, esternare le loro difficoltà e le loro emozioni per prevenire situazioni stressanti in modo da poter migliorare il loro benessere psicofisico ed anche il rapporto con i ristretti e con i colleghi. Prestare cura ed attenzione a coloro che lavorano presso un’amministrazione comporta un aumento della produttività. Sarebbe pertanto, opportuno un sostegno ed un supporto psicologico costante al personale non solo in presenza di comportamenti violenti, ma anche per prevenire stress ,demotivazione lavorativa e disagio psicologico. Per tali attività sono necessari protocolli specifici, psicologi/psicoterapeuti e si potrebbero utilizzare anche professionisti ambulatoriali della Asl già operanti presso la medicina penitenziaria con comprovata esperienza che già conoscono quel mondo particolare a cui il monte ore deve essere completato e che potrebbero essere sempre a disposizione per situazioni di emergenza anche tramite collegamenti via skype.”
Insomma qualcosa va fatta e con urgenza . Non fosse altro per salvaguardare chi, come i poliziotti penitenziari di oggi costretti a lavorare “rinchiusi” in carcere 10 anni in più rispetto ai loro consimili pre riforma già pensionati da alcuni anni, non è sminuente affermare ricoprono lo status di autentiche “cavie”.
Il Segretario Generale Territoriale UIL PA P.P. L’Aquila
Mauro Nardella
[su_note]COMUNICATO STAMPA[/su_note]