AVEZZANO – Femminicidio: questo termine coniato per identificare la violenza sulle donne ha molti volti, ancor oggi fa storcere il naso a tanti, in quanto non si ritiene essere un crimine da dover differenziare. Femminicidio è la
violenza fisica, psicologica, sessuale ma anche quella terribilmente subdola. E’ di certo la violenza che l’uomo perpetra contro la donna in quanto tale: oggetto, proprietà privata, essere inferiore da dominare e governare. La violenza è l’azione di un vigliacco, di un fallito, di un misogino.
Del femminicidio se ne parla e se ne straparla, ma il numero delle vittime continua a crescere in modo esponenziale. Sembra che nel periodo della quarantena, per l’emergenza covid-19, la propria casa sia diventata la vera prigione, per molte donne. Per loro il vero nemico da sconfiggere non è il coronavirus, ma la vigliacca crudeltà dell’uomo al loro fianco. Quando tutto va bene (iperbolica considerazione n.d.r.) sono botte, calci, pugni, minacce, altrimenti, un funerale!
Quello che spinge a parlare di questo argomento è aver saputo che con pochi soldi si può estinguere il reato
di percosse su di una donna, ma l’assurdo è che l’episodio è avvenuto in un’aula di tribunale.
I fatti.
Premessa.
Giovedì scorso, si è svolta la prima udienza del procedimento davanti al giudice di pace, vista la sola contestazione di percosse. Da ricordare che davanti al giudice di pace vanno trattati reati di minore identità.
Il difensore, avvalendosi di una possibilità prevista dall’art. 35 del D.L. del 2000 Legge istitutiva, che ha costituito il giudice di pace, prevede la facoltà per l’imputato di fare un’offerta a titolo del risarcimento del danno che, qualora venga riconosciuta congrua da parte del giudice di pace, indipendentemente all’accoglimento/accettazione della persona offesa, nel momento in cui si versa questa somma, ritenuta adeguata, ha l’effetto di estinguere il reato.
L’accaduto.
Tempo fa, in un’aula di tribunale, l’imputato è in attesa della sentenza per lo svolgimento di una causa a lui
addebitata, all’ingresso della sua ex compagna si alza e davanti a un giudice, violentemente la strattona.
Sarà lo stesso giudice, avendo assistito all’episodio, a sospendere l’udienza. La donna sporge poi querela, per
cui viene incardinato il reato di percosse.
La sentenza.
Ritorniamo a giovedì scorso. Il difensore dell’uomo, avvalendosi della mancata presentazione di un certificato del pronto soccorso e, riconoscendo esigua la pena per questo reato, offre per conto del suo cliente, a totale tacitazione dei danni, che la signora ritiene di aver subito, la somma di € 300,00 (trecento).
L’avvocato della donna, Carmelo Occhiuto , si è opposto rilevando di considerare l’episodio in sé, e lo si
deve considerare nel contesto di vicende che hanno precedentemente coinvolto la coppia. Non possono
essere 300 euro a risarcire sia il danno morale che le sofferenze. Il giudice di pace Roberto Roberti ha
ritenuto opportuna e congrua la somma offerta per il risarcimento del danno, dichiarando estinto il reato.
Il giudice che sospese l’udienza, avendo visto il deplorevole violento gesto, era il giudice onorario del tribunale di Avezzano Marco Sgattoni, deceduto a soli 47 anni il 26 maggio 2019. Gli atti non vennero mandati alla procura ma la signora fece una denuncia, pertanto il giudice Sgattoni venne sentito dalla Procura e a essa riferì i fatti.
Il testimone, essendo deceduto non poteva, ovviamente, deporre davanti al giudice di pace Roberti, pertanto, vengono inserite quelle che sono definite le “s.i.t.” le sommarie informazioni testimoniali dell’Avv. Sgattoni, il quale riferiva, e sono pietra miliare, che l’uomo dentro l’aula aveva percosso strattonando la persona offesa.
Consapevole della situazione che poteva volgere a suo danno, l’avvocato difensore dell’uomo, ha proposto
l’art. 35 al Giudice di Pace che, a questo punto, pare non aver preso in considerazione le testimonianze.
Quello che sembra emergere è che quanto depositato dal giudice Sgattoni sia rimasto nel fascicolo del p.m
d’udienza. Nel fascicolo sono nominati i testi; infatti era presente la donna, che ha subito il danno, e il
nominativo del Giudice Sgattoni che aveva assistito. L’elenco non viene messo a conoscenza del giudice di
pace. Il p.m. doveva chiamare a testimoniare e la persona offesa, non interpellata, e il giudice Sgattoni che
palesemente, non poteva esserci, quindi, per la morte di un testimone che ha assistito a qualcosa, avendo
reso testimonianza per iscritto lo si fa comparire; nemmeno ciò è accaduto. Dopo l’offerta dell’avvocato
dell’imputato, il difensore della parte civile può solo fare delle osservazioni, in quanto è il giudice che ha
l’ago della bilancia. Inoltre, anche il p.m. d’udienza ha dato parere favorevole, pur se consapevole che queste cose erano gravissime proprio perché accadute in una aula di tribunale.
Quanto riferito lascia davvero l’amaro in bocca, non tanto per l’esigua somma risarcitoria, o per un mancato approfondimento, ma per la ben più grave realtà: se un uomo in un’aula di tribunale davanti alla Giustizia, si alza, va incontro alla sua ex compagna e violentemente la strattona, cosa potrebbe impedirgli di fare, tra le quattro mura della propria casa, nel momento in cui così, semplicemente, gli da fastidio la presenza della compagna?
Questo doveva essere la sintesi di un ovvio, lapalissiano ragionamento che avrebbe potuto porre la
firma a chiusura: giustizia è fatta! Per il rispetto della donna, proprio in quanto tale.