AVEZZANO – La situazione di emergenza per la diffusione del coronavirus vede gli operatori sanitari del nosocomio di Avezzano, affrontare quotidianamente situazioni di notevole disagio, soprattutto a livello professionale. Per tutelare la propria immagine lavorativa, ma soprattutto per comprendere il perché della mancanza di protezione adeguata, in quanto, nonostante le generose donazioni da parte delle innumerevoli realtà marsicane, i DPI, non sono messi a loro disposizione. Per tale motivi i 18 medici del nosocomio di Avezzano si sono rivolti allo studio legale Avv.ti Salvatore BRAGHINI e Renzo LANCIA inviando ai sottoelencati destinatari una lettera con il seguente oggetto:
Al Direttore Sanitario P.O. Avezzano: Dott.ssa Lora Cipollone
Al Direttore Sanitario ASL 1: Dott.ssa Maria Simonetta Santini
Al Direttore Generale ASL 1: Dott. Roberto Testa
E p.c. Al Direttore D.E.A : Dott. Angelo Blasetti
Contattato dalla nostra redazione l’avvocato Salvatore Braghini che ci ha rilasciato in esclusiva la seguente dichiarazione: – “18 medici del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Avezzano hanno incaricato lo studio legale degli avvocati Renzo Lancia e Salvatore Braghini, al fine di formulare alcune considerazioni e richieste in ragione di una nota del 14 aprile 2020, a firma del Direttore sanitario del P.O. di Avezzano, dr.ssa Lora Cipollone, che critica il loro operato nella gestione dei pazienti con sospetto covid-19.
Si tratta di una netta replica a una dura presa di posizione della Direzione sanitaria, che viene giudicata dai medici del tutto illogica, incoerente e a tratti persino offensiva nei confronti dell’operato dei Medici del PS. In effetti, nella nota aziendale, si contesta che l’attività dei medici del Pronto Soccorso si sia fondata esclusivamente sull’individuazione del paziente covid-19 e non covid-19 e che sarebbero accaduti gravi episodi – ben dettagliati nella nota di biasimo – mettendo a repentaglio la salute e la vita stessa dei pazienti. Una censura di questo tipo ovviamente si presenta molto grave e ha suscitato la reazione dei destinatari, i quali difendono il proprio operato, in primis, evidenziando che nessun protocollo operativo è stato dato loro dalla Direzione sanitaria e, di certo, mai prima della citata nota aziendale.
I medici spiegano che posti di fronte ad un paziente sospetto covid-19, il quale presentava anche altre patologie, in attesa dell’esito del tampone, hanno proceduto a ricoverarlo nel reparto di malattie infettive per poi decidere all’esito del test diagnostico una adeguata collocazione del paziente. Ciò comunque è avvenuto sempre informando il reparto che avrebbe dovuto intervenire sulla patologia concomitante ed anche quello di malattie infettive. Hanno consultato di volta in volta anche lo specialista delle malattie infettive.
Dalla lettera aziendale i sanitari del Pronto soccorso apprendono inopinatamente che la Direzione sanitaria avrebbe voluto che, in presenza di comorbilità, i medici del P.S. avessero proceduto registrando il paziente sospetto covid-19 nella disciplina di appartenenza della patologia più grave e, di fatto, allocarlo nell’Unità Operativa di malattie infettive. È però osservato dagli stessi che tale modalità non gli è stata mai manifestata prima del 14 aprile, data della lettera critica, e di fatto un tale modus agendi nulla avrebbe aggiunto in termini di sicurezza.
Vero è che quest’ultimi hanno evitato il ricovero nel reparto di appartenenza della patologia principale del sospetto covid-19 perché ciò avrebbe esposto a rischi di infezione l’intero reparto.
I sanitari del Pronto Soccorso pur sprovvisti di protocolli operativi hanno comunque garantito in sicurezza la gestione dei sospetti covid-19, mettendo a punto un percorso dedicato con l’accesso ad una tenda nel piazzale antistante il Pronto soccorso, in modo da rendere più sicura la fase di riscontro diagnostico del paziente. Successivamente, in considerazione del numero crescente di arrivi hanno utilizzato anche le due stanze dedicate alla degenza dell’osservazione breve intensiva (O.B.I.). Hanno quindi cercato di garantire il necessario isolamento, E quando si è riscontrato la positività di un paziente lo hanno inviato all’ospedale covid-19, e cioè L’Aquila.
Di contro, il personale in parola lamenta di essere stato abbandonato per la scelta di molti specialisti di non visitare i pazienti sospetti nei locali del Pronto soccorso, preferendo agire da remoto. I medici del PS videnziano che per troppo tempo non sono stati forniti i necessari dispositivi di protezione individuale. Ma assicurano che in un contesto così difficile, ed anche nel lasso di tempo successivo alla chiusura del presidio di Pescina è di Tagliacozzo, hanno gestito circa 110 pazienti sospetti covid-19, rischiando la loro vita e quella dei loro familiari, ma di certo mai esponendo quella dei malati.
Ci tengono oggi a far conoscere questa verità. E’ stato grazie al loro coraggio, alla loro esperienza e alla loro professionalità che si è riusciti a fronteggiare una situazione di emergenza, e mai avrebbero pensato di ricevere una nota di biasimo di tal fatta.
Si domandano, poi, che fine abbiano fatto i D.P.I. donati da molte associazioni proprio ai sanitari del Pronto soccorso, come possa giustificare la Direzione sanitaria l’assenza di un percorso per inviare il paziente stabile con sospetto covid-19 direttamente presso il reparto di malattie infettive, tenuto conto dell’ultimazione dei lavori per costituire un percorso esterno ad hoc.
Ora attendono che sia la Direzione sanitaria a spiegare molte cose che sono accadute in queste giornate convulse.
Per conto loro i sanitari coinvolti sono anche disposti ad accettare consigli, orientamenti, del tutto assenti prima del 14 aprile. Ed anzi esigono che la Direzione sanitaria fornisca finalmente un protocollo operativo, ma a patto che le indicazioni siano aggiornate agli studi più recenti e autorevoli della comunità scientifica, in particolare per quanto riguarda l’individuazione e il trattamento dei pazienti con patologie riconducibili al covid-19, e che siano comunque condivise con il personale che opera in prima linea. Ciò che non possono tollerare è però l’accusa di aver messo a repentaglio la vita dei pazienti. Tale censura era già stata esposta in un’assemblea convocata in due ore nel giorno di venerdì Santo, poi è seguita la nota di biasimo del 14 aprile. I sanitari non ci stanno.
La Direzione potrà rimediare presentando formali scuse, che, però, precisano i medici, saranno gradite soltanto se sincere.
Avv Salvatore Braghini
La risposta è diretta in particolare al Direttore Sanitario P.O. Avezzano, Dott.ssa Lora Cipollone.