di Oreste Angeloni
ABRUZZO – La crisi sanitaria ci sta dando alcune lezioni importanti. In tempi di “Italia zona protetta” e di #iorestoacasa, diventa più evidente che le tecnologie digitali sono un fattore abilitante chiave per il sistema Paese, non solo per la sopravvivenza economica, ma anche per quella sociale. La crisi causata dalla pandemia sta però rendendo ancor più evidente un altro aspetto: il digitale può rendere una società più resiliente, non solo più competitiva ed efficiente. Un Paese resiliente, meno fragile, è capace di resistere e reagire di fronte alle difficoltà ed emergenze, e di tornare il più velocemente possibile a uno stato di (relativo) equilibrio. L’urto potente del COVID-19 impone la ricerca di soluzioni concrete ed efficaci con le quali l’Italia potrà acquisire resilienza rispetto alla crisi presente e a quelle future. L’emergenza coronavirus ha evidenziato quanto le aziende e le PA non fossero pronte allo smart working e le scuole alle lezioni a distanza. L’Italia se ne sta rendendo conto e sta provando a recuperare con i vari DPCM emanati per contrastare l’emergenza Covid-19: lavoro agile, erogare la didattica in modalità digitale, spingere la sanità a curare i pazienti da remoto per la necessità di liberare spazi negli ospedali, o la specifica delle reti di telecomunicazione come servizi essenziali.
Il ritardo tecnologico dell’Italia Negli ultimi anni l’Italia ha accumulato forti ritardi nell’infrastrutturazione del territorio con reti di comunicazioni veloci. La banda ultra larga ancora non è abbastanza diffusa. Lo stress-test a cui è sottoposto il sistema Paese ha messo in luce, in maniera ancora più evidente, i ritardi accumulati nell’attuazione del Piano Banda Ultra Larga che ci avrebbe dovuto dotare di infrastrutture di telecomunicazione di nuova generazione. Improvvisamente ci siamo ritrovati a casa, con intere famiglie diventate sempre più bandivore, senza però poter disporre della capacità di rete necessaria. Reti che adesso risultano fondamentali per la “sopravvivenza “ del Paese. Ritardi storici nello sviluppo delle reti di Tlc che producono i loro effetti in una situazione complessiva che vede il nostro Paese sul Digital Economy and Society Index (Desi Report 2019), che misura lo stato di attuazione dell’Agenda Digitale nei Paesi europei, al quintultimo posto (capitale umano, uso di Internet, integrazione delle tecnologie digitali, connettività e servizi pubblici digitali). Declinando il DESI a livello regionale, risulta che l’Abruzzo occupa complessivamente il terzultimo posto. In particolare, terzultimo posto per quanto riguarda la connettività, dove risulta che oltre il 70% dei comuni non è ancora raggiunto da connettività a 30Mb/s. In tema di velocità di connessione a Internet, gli ultimi dati AGCOM dicono che solo il 36,8 per cento degli italiani può contare su una copertura di rete ad almeno 100 Mbps e il 68,5 per cento ad almeno 30 Mbps, velocità minima per uno smart working e lezioni online senza problemi (in particolare sul video).
Accelerare il piano banda ultra larga Non c’è digitalizzazione senza una connessione adeguata a internet. Una infrastruttura fondamentale per supportare la crescente richiesta di banda e le esigenze di una società e di un
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sistema produttivo sempre più tecnologici. La Commissione Europea ha definito i nuovi obiettivi per il 2025 (100 Mbps al 100% della popolazione e 1 Gbps ai punti di interesse socio-economico, inclusi esercizi commerciali, poli di trasporto, ospedali e scuole) che alcuni Stati membri hanno già incorporato nelle proprie strategie, in alcuni casi eccedendoli. Con una politica che oggi sembra più consapevole delle potenzialità derivanti dalle tecnologie digitali, occorre accelerare per recuperare il ritardo accumulato e garantire più ampiezza di banda. Togliere vincoli burocratici per dare nuovo impulso all’attuazione del Piano Nazionale Banda Ultra Larga, con l’obiettivo di realizzare una capillare rete in fibra in Italia e andare verso una “gigabit society”. La disponibilità di questa infrastruttura è condizione fondamentale anche in vista del lancio del 5G. Il 5G non risolverà il problema banda larga; al contrario, rappresenterà un ulteriore e vorace domanda di capacità. In sostanza se vogliamo il 5G dalle super-performance che vendor e operatori mobili ci promettono, servirà più fibra, non meno. Dalle risorse europee 2021-2027 potrebbero arrivare nuove risorse per alleggerire il divario digitale tra aree rurali e zone urbane. I fronti sono quello legato alla trasmissione dati (con l’ampliamento del piano per la banda ultralarga, che già ora usa fondi UE), quello per nuovi ripetitori per il mobile, quello dei servizi. Con le persone costrette a stare a casa, per lavorare, lezioni online, streaming o interagire tra di loro, l’importanza delle reti ultraveloci è diventata ancora più evidente. Per questo, è fondamentale che la connessione ad internet sia rapida e affidabile. Il Paese ha bisogno di un Piano nazionale per la digitalizzazione dei territori. Le Regioni devono fare la loro parte. Incentivare smart working ed e-learning vuol dire investire sulle reti. Servono strategie e investimenti per non farsi trovare impreparati alla prossima emergenza.
Sfruttare le innovazioni digitali in campo pubblico e privato Smart working, prima di tutto. Attivare condizioni per un “lockdown” che garantiscano ai sistemi produttivi nazionali di rimanere attivi, lavorando da casa. Ciò è ancor più vero in ambito pubblico, dove la natura dei servizi richiederebbe invece una prontezza ancora maggiore, visto che il contatto con l’utenza rischia di esporre al contagio i cittadini e i lavoratori. Affrontare al meglio e subito la questione, consapevoli delle problematiche – la carenza di competenze, la mancanza di device per il lavoro da remoto, i rischi a livello di sicurezza e privacy – ma anche dei vantaggi che la trasformazione digitale potrebbe portare.
Competenze digitali Gran parte del successo della strategia digitale che il Governo vorrà mettere in atto dipenderà non solo dalla realizzazione delle reti, ma soprattutto dal loro effettivo utilizzo. E questo ci porta al tema delle competenze digitali. La crescente “ondata” di digitalizzazione investe ogni aspetto della nostra società: pubblica amministrazione, imprese, scuola, sanità e cittadini. I cittadini e i lavoratori – pubblici e privati – non hanno sufficienti competenze e confidenza con gli strumenti digitali, potendo così da subito sfruttarne le potenzialità; sono queste le aree in cui l’Italia ha notoriamente più difficoltà, e anche in questo caso ne stiamo risentendo sia nell’istruzione che nel mantenere attive le imprese. Vale per i dipendenti pubblici, dove è molto sentito anche il tema della sicurezza delle informazioni (soprattutto in ambito sanitario), in una
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ottica complessiva di una migliore qualità ed efficienza della macchina amministrativa. Così come per le imprese, in ottica Industria 4.0.
Connessioni veloci a Internet nelle scuole Data la situazione, è ormai imprescindibile dotare tutti gli istituti scolastici, di ogni ordine e grado, di connessioni a banda ultra larga. Essa consentirà di beneficiare di tutti quei vantaggi della velocità di connessione per le attività didattiche, favorendone la digitalizzazione. Una delle proposte per facilitare la connettività è il piano voucher, che dovrebbe finanziare tecnologie in fibra in grado di accompagnare le scuole verso i dettami della Commissione Ue, che ha parlato di Gigabit Society, indicando in 1 Gbps in download, ma anche potenzialmente in upload, la velocità minima per essere considerata una tecnologia a prova di futuro. Secondo il report “Educare Digitale” (AGCOM Febbario 2019 ), la digitalizzazione delle scuole italiane è ancora da completare. E bisogna puntare di più sullo sviluppo di competenze e cultura digitali. La situazione migliore, cioè quella delle scuole con alti livelli di connettività e innovazione didattica, vede al top gli istituti dell’Emilia-Romagna, con performance nettamente superiori rispetto al resto d’Italia. Seguono la Lombardia e il Friuli-Venezia Giulia. In coda ci sono le regioni più critiche, con “livelli di connettività” e di “innovazione didattica” inferiori a quelli medi nazionali: Basilicata, Calabria, Puglia, Lazio e Abruzzo.
Conclusioni Il termine “resilienza” non è stato molto popolare negli ultimi anni. Ciò malgrado le crisi economiche (2008 e 2011) e gli eventi catastrofici – di natura principalmente climatica o sismica (i terremoti del Centro Italia), che, oltre a causare perdite umane, hanno comportato enormi problemi di ricostruzione e ripresa economico-sociale, con elevati costi. Progetti di innovazione digitali devono considerare la salute come tema prioritario per rendere più resiliente il sistema di fronte a fenomeni di diverso tipo. Le tecnologie digitali servono non solo a sconfiggere il coronavirus, ma anche a programmare il futuro dopo la fine dell’emergenza. L’emergenza che stiamo vivendo si spera possa servire a spronare tutti a fare di più. Quello che più conta è che l’Italia recuperi il gap di connettività e di competenze digitali, e si doti finalmente di una solida infrastruttura di rete capace di offrire affidabilità, alta velocità e bassissima latenza: caratteristiche essenziali per non perdere il treno della rivoluzione digitale.