ABRUZZO – Fece scalpore, e suscitò indignazione, l’audio della telefonata tra i due imprenditori, avvenuta il 6 aprile 2009, poche ore dopo che il terremoto che distrusse l’Aquila, Pierfrancesco Gagliardi e Francesco Piscitelli. Gagliardi: “bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno”, Piscitelli: “si, lo so (ridendo)”, Gagliardi: ”così per dire,… poveracci”, Piscitelli: «…eh certo…io ridevo stamattina alle 3 e mezzo dentro il letto», Gagliardi: «…io pure…va buò…ciao».
Poi, ancora, orrore quando si seppe la causa del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia (Campobasso) nel terremoto del 2002: pesava troppo. Morirono 27 bambini e una maestra. Nessuno aveva verificato la staticità della struttura, e se la sopraelevazione poteva essere sopportata. Furono in cinque a essere condannati per il crollo, in appello, tra costruttori, progettisti, dipendenti comunali. L’intervento fu fortemente voluto dai politici locali e venne celebrata l’ inaugurazione appena un mese prima della tragedia.
Senza andare lontano nel tempo, sono giornalieri gli interventi di controllo della Guardia di Finanza, solo questi effettuati nelle ultime 48 ore. Napoli – Intercettato carico di dispositivi di protezione individuale di origine e provenienza cinese, la partita era costituita da 170.000 mascherine ad uso chirurgico riportanti marcatura CE, destinate ad una società operante in Campania. Ragusa – sequestrati circa 4500 litri di gel sanificante per le mani. Roma sequestrate oltre 23.000 mascherine non sicure e più di 1.200 flaconi di igienizzante spacciati per “biocidi”. Sempre Roma, 15.700 mascherine di produzione indiana, sprovviste del marchio di qualità CE, 3.500 mascherine chirurgiche monouso, non conformi alla normativa comunitaria e nazionale. Ma queste sono truffe a cui purtroppo ormai ci si abitua, anche se turba in una situazione di emergenza come quella che si vive.
Quello che ha fatto inorridire è ciò che è accaduto il 24 marzo 2020 ad Ancona.
L’ordinanza del capo del dipartimento della protezione civile n.639 del 25 febbraio 2020, così dispone:
“Al fine di garantire il tempestivo ed efficace superamento del contesto di criticità di cui in premessa, anche in ragione dell’aggravamento del medesimo, il Dipartimento della Protezione civile provvede, in ragione dei fabbisogni rappresentati dai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 1 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 630 del 3 febbraio 2020, all’acquisizione dei dispositivi di protezione individuali (DPI) così come individuati dalla circolare del Ministero della salute prot. n. 4373 del 12 febbraio 2020. Gli ordini di acquisto del Dipartimento della protezione civile e delle Amministrazioni di cui al comma 2 hanno priorità assoluta rispetto ad ogni altro ordine anche già emesso. E’ inoltre fatto divieto di esportare DPI fuori dal territorio nazionale senza previa autorizzazione del Dipartimento della protezione civile. Comma 4) Le imprese che producono o distribuiscono in Italia i dispositivi di protezione individuale di cui al comma 1 comunicano quotidianamente al Dipartimento della protezione civile il numero e la tipologia dei dispositivi prodotti.”
Quindi, s’intende che è vietato esportare fuori dall’Italia gli essenziali dispositivi di protezione individuale, ma soprattutto i dispositivi per la ventilazione meccanica dei pazienti, vitali per i ricoverati in terapia intensiva con gravi patologie respiratorie.
Ebbene, gli uomini della Guardia di Finanza di Ancona, coadiuvati dai doganieri, durante uno specifico controllo, proprio in ottemperanza all’ordinanza della protezione civile, hanno effettuato un maxi sequestrato di 1840 –milleottocentoquaranta– macchinari respiratori.
Un camion con rimorchio, a cui avevano già autorizzato l’ingresso al porto, proprio mentre stava per imbarcarsi su un traghetto diretto in Grecia, è stato sottoposto a un più specifico controllo, bloccando l’automezzo. Così si è effettuata la scoperta del prezioso carico: le apparecchiature che consento di salvare la vita a chi è ricoverato in terapia intensiva.
Quelle tanto agognate attrezzature salva vita che quotidianamente medici, infermieri invocano con accorato appello, impotenti di fronte al sopraggiungere della morte dei loro pazienti e distrutti dalle ore prestate a chi combatte con il male senza nemmeno il conforto dei propri cari. Quei medici, quelle infermieri e tutti quegli operatori sanitari che sacrificano la loro vita per gli altri. Salgono, oggi, a 31 i camici bianchi che non potranno mai più assistere un paziente e, ancora peggio, abbracciare i propri affetti.
La Lombardia, si sa, è la regione più colpita dal coronavirus e per quanto potrebbe apparire assurdo, la società italiana che ha effettuato la vendita alla Grecia è di Milano.
Ovviamente il legale rappresentante è stato deferito all’autorità giudiziaria per violazione e inosservanza dei provvedimenti emessi nell’ordinanza n.639 del 25 febbraio 2020. Rincuora, almeno, sapere che le attrezzature, sottoposte a sequestro, saranno consegnate alla protezione civile per essere poi distribuite nei presidi ospedalieri italiani.
Si resta basiti davanti a questi episodi di così bassa morale. Speculazione, affari, introiti. E’ proprio il caso di dire che si cammina sui cadaveri per raggiungere l’accumulo del dio denaro. Questi giorni cruciali potranno insegnarci qualcosa? Basta davvero cantare “Azzurro” o l’inno nazionale fuori ai balconi per sentirsi davvero uniti? Lo saremo in seguito?