AVEZZANO – La stagione teatrale 2019/2020 che il Teatro Off presenta al Castello Orsini dimostra l’attenzione e la caparbietà di due giovani attori che del teatro ne fanno una ragione di vita: Alessandro Martorelli e Antonio Pellegrini che coprono il ruolo di direttori artistici. Già il cartellone della scorsa stagione ha dimostrato la capacità di portare in scena un teatro diverso a dimensione di pubblico, incentivando la frequentazione con il costo del biglietto alla portata di tutti. Per questo sono vincenti.
Il sipario si è aperto con un protagonista quale Flavio Bucci, e terminerà con la grande signora del teatro Simona Marchini, al centro attori e spettacoli che meritano di essere applauditi per l’originalità dei testi, della regia o dell’interpretazione. Cultura praticamente a costo zero, come non accettare l’invito.
Poi arriva lo spettacolo che non rientra nel cartellone degli abbonamenti, è lo spettacolo per onorare il giorno della Shoah: “Jacob il bugiardo” di Jurek Becker, adattamento teatrale e regia di Alessandro Martorelli.
Dolore, amarezza, ironia, l’ordito perfetto per una trama che conduce nel viaggio della memoria di quel periodo infame dello sterminio nazista.
Una carta vincente è la scelta di questo testo, il perché si evince anche dalle note del regista Martorelli: “Quella di Jakob il Bugiardo è un’altra piccola grande storia di una vittima dell’Olocausto, anche se tratta temi che un poco differiscono da ciò che di solito ci viene presentato. Anche qui rivediamo l’orrore della segregazione, delle deportazioni e delle esecuzioni, ma la storia parla anche di altro. Parla di false illusioni, della forza della speranza, di sperare che le cose cambino, lasciando prevalere l’irrazionale alla razionalità. E lo fa con leggerezza, con un sorriso piccolo stampato sulle labbra.”
Nella vita non conta solo quello che si dice ma come lo si dice e Alessandro Martorelli affiancato, in quel indissolubile sposalizio artistico, da Antonio Pellegrini, lo ha saputo dire.
Nella freddezza dell’entrata in scena con movimenti che riempivano, forse troppo, lo spazio d’azione nell’inseguimento di una ipotetica pagina di giornale, unico legame con la civiltà e con quel mondo lontano se pur vicino, non si poteva presagire la sobrietà dell’attore che avrebbe poi fuso in sé quell’ irrazionale razionalità.
Alessandro Martorelli, composto in una figura che avrebbe potuto portare ad un eccesso la lettura del personaggio, nel bene e nel male, è riuscito invece, grazie proprio a quella difficile semplicità attoriale, ad offrire allo spettatore la realtà crudele, quasi inverosimile, di uno spaccato di quelle vite schiacciate, distrutte, violentate dal nazismo, senza alterare la poesia di Jacob Heym.
Jacob un uomo come tanti, con quella infame colpa di essere semplicemente un ebreo, confinato in un ghetto. Solo con pochi amici, senza un futuro. Per una strana casualità, la mancanza del rispetto del coprifuoco, in attesa nella sala del comando tedesco, Jacob riesce ad ascoltare un proibito comunicato radio che annuncia il prossimo avvicinarsi dei russi. Eccola la speranza per tutti: la liberazione. Il nostro protagonista è egli stesso sommerso da quella speranza, tanto da arricchirla di bugie per donare ai propri compagni la prospettiva di quel futuro ormai ucciso. La falsa travisata notizia, che Jacob sia in possesso della radio, circola per il ghetto e giunge fino alla Gestapo che ne impone l’immediata consegna, minacciando l’uccisione di tutti i presenti nella comunità. A quell’infame ricatto a Jacob non resta che presentarsi al comando tedesco e confessare che non esiste alcuna radio, ma a nulla vale quella inverosimile verità, il colpo di pistola dell’ufficiale pone fine alla sua vita.
Per un eccesso di amore, per la necessità di sentirsi ancora vivo, ecco creare la bugia, le tante bugie per portare momenti di speranza a quegli amici con i quali convive e sopravvive alle nefandezze quotidiane impartite dai nazisti alla popolazione del ghetto. Sono quei compagni a far emergere il gioco bonario di Jacob, che di volta in volta vengono affidanti alla equilibrata interpretazione di Antonio Pellegrini, che riesce a dare ad ognuno una speciale umanità, per poi vederlo trasformandosi nel freddo e crudele comandante della Gestapo. Tanti abiti diversi, tutti abilmente indossati.
Bravi.
Musiche suggestive e complementari a cura di Alessandro “Pepè” Porrini, Alberto Bianchi e Carlo Morgante percussionista.