AVEZZANO – Il tribunale del riesame di L’Aquila si è espresso ieri sulla recente misura cautelare imposta a Luigi Antidormi: arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Antidormi arrestato e detenuto nel carcere di San Nicola di Avezzano per aver violato, per l’ennesima volta, la sorveglianza speciale potrà tornare a casa a breve, non appena, cioè, l’autorità giudiziaria avrà un dispositivo disponibile.
Le vicende dell’uomo, ormai note a tutti, non sembrano però destare particolare attenzione da parte della magistratura. Ha alle spalle circa 40 pagine di carichi pendenti per furto, rapina, detenzione di armi, tentata violenza sessuale, rissa, spaccio di droga. È responsabile dell’investimento mortale di un 14enne celanese, risalente al maggio 2015, quando risultava essere sprovvisto di patente di guida, sottoposto ad obbligo di dimora e positivo ai test di alcol e droga, effettuati appena dopo l’investimento. Durante l’ultima udienza di convalida e rito per direttissima, alla presenza del giudice e del Pm, ha minacciato quattro agenti di polizia che che avevano proceduto nei suoi confronti, ragion per cui sarà probabilmente, e di nuovo, segnalato.
Al momento non risulta essere un soggetto socialmente pericoloso e, dopo le numerose evasioni, potrà tornare nella sua abitazione sotto il controllo della polizia giudiziaria.
“Una vicenda surreale. Siamo indignati! Soffriamo davanti a una giustizia che dà l’impressione di essere cieca. Luigi Antidormi ha alle spalle una lunga lista di reati precedenti a quella maledetta notte del maggio 2015 ed ha continuato a delinquere con furti, violazioni della sorveglianza speciale e, addirittura, un accoltellamento. E’ sempre tornato libero, a casa. Tutto sotto gli occhi dell’intera comunità celanese, attaccata alla speranza di vedere assicurato alla giustizia chi ha violato, ripetutamente, persino la vita altrui.
Ogni volta che è stato arrestato abbiamo pensato che magari, questa volta, il tribunale avesse preso in mano la situazione, che magari, per la prima volta, qualcuno avrebbe capito che si tratta di una persona che, in barba alla legge, continua a fare quello che vuole. E invece… nessuno si assume la responsabilità di reprimere la sua attitudine a delinquere e anche la sua pericolosità sociale.
Due genitori hanno visto la propria serenità annientata a causa della morte violenta del proprio figlio. Dov’è la giustizia? Dov’è lo Stato? La magistratura ha il dovere di pronunciarsi definitivamente su questa vicenda. Cosa bisogna fare in Italia per ottenere un ‘briciolo’ di giustizia?
Eppure, pochi giorni orsono, nella relazione dell’AIFVS in Corte d’Appello a L’Aquila all’apertura dell’Anno Giudiziario, abbiamo ribadito la necessità di ‘tutelare i beni fondamentali, come la vita e la salute, la cui salvaguardia richiede l’opera rigorosa della giustizia’. Abbiamo addebitato la responsabilità (mancata) sia ad un quadro normativo troppo clemente, sia anche all’amministrazione della giustizia appiattita a favore dell’imputato’. Le istituzioni, giustizia compresa, debbono interrogarsi, scrutare le loro responsabilità e rendersi conto delle loro inefficienze.
La giustizia non è un mondo chiuso, ma è chiamata a rapportarsi con le altre istituzioni per dare, attraverso il confronto il proprio apporto alla difesa dei valori ricevendo, nel contempo, sollecitazioni utili a riflettere sul proprio percorso per migliorarlo.
Siamo tutti chiamati al servizio del miglioramento sociale! Nessuno escluso”.
A parlare, nuovamente di questo caso, è Paolo D’Onofrio, referente regionale AIFVS (Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada).