di Mariannina Ventura
I familiari delle vittime della valanga che travolse il resort di Farindola, in Abruzzo, sono ancora in attesa di giustizia.
Tre anni dopo la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto il 18 gennaio 2017 da un valanga che provocò 29 vittime, il dolore è più forte che mai e i familiari attendono ancora giustizia. Quel giorno nel resort di lusso con spa a 1200 metri, sul versante pescarese del Gran Sasso, ci sono 40 persone (28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 dipendenti): solo in 11 sopravviveranno. In quelle stesse ore l’Abruzzo è in piena emergenza neve: nell’entroterra supera anche i due metri.
Migliaia di persone sono senza luce e centinaia le richieste di aiuto. Ad aggravare la situazione quattro scosse di terremoto, di magnitudo 5.1, con epicentro nell’Aquilano, che fa tremare tutto il centro Italia. Gli ospiti dell’Hotel Rigopiano sono preoccupati, hanno paura e vogliono andare via, ma c’è troppa neve. Poche ore prima della tragedia ci sono diverse richieste di aiuto per sgomberare la strada dalla neve.
L’amministratore dell’hotel invia una mail alle autorità: “La situazione è davvero preoccupante”, scrive. Ci sono poi le telefonate di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’Hotel, morto nel disastro; mentre la sorella di Roberto Del Rosso, proprietario del resort, va personalmente in Provincia a chiedere aiuto. Richieste rimaste senza risposta, con gli ospiti dell’albergo bloccati dalla neve e in attesa dalle 15 di quel tragico pomeriggio di uno spazzaneve che non arriverà mai.
Vittime e sopravvissuti fanno i bagagli e si radunano nella hall, sono pronti ad andare via, ma, quando mancano pochi minuti alle 17, una valanga di neve e ghiaccio del peso di 120.000 tonnellate, lanciata ad una velocità compresa fra i 50 e i 100 chilometri orari, travolge l’albergo portandosi via la vita di 29 persone. Alle 17.40 la drammatica telefonata di Giampiero Parete, cuoco di Montesilvano, uno dei sopravvissuti, al suo datore, Quintino Marcella, che dà l’allarme. Marcella non viene creduto, ma non si arrende ed insiste.
Nella sua prima telefonata una funzionaria della Prefettura di Pescara lo liquida con la frase ‘la mamma degli imbecilli è sempre incinta’. Alle 19 Parete riesce nuovamente a parlare con il 118 e i primi soccorsi si mettono in moto. Dopo oltre 12 ore e dopo aver affrontato la tormenta e scalato muri di neve, la colonna dei soccorritori arriva su ciò che resta dell’albergo e salvano Giampiero Parete e Fabio Salzetta, che erano fuori dalla struttura in stato di ipotermia.
Al momento della valanga Parete era uscito per prendere dei medicinali in macchina, mentre Salzetta era nel locale caldaia. Salzetta, dipendente dell’Hotel, rimane a Rigopiano per aiutare i soccorritori. Nella tragedia perde la sorella Linda, che lavorava nel centro benessere del resort. Scattano le ricerche: si scava notte e giorno, senza sosta e in condizioni proibitive. Alle 9.30 viene estratto il corpo della prima vittima. Per i parenti dei dispersi cominciano ore di angoscia e speranza.
Tra il 20 e il 21 gennaio vengono estratte vive nove persone, tra cui la moglie e i due figli di Parete, Gianfilippo, 7 anni, e Ludovica, 6 anni. Si salvano anche altri due bambini: Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo, che resteranno orfani. Le ricerche proseguono: il 24 gennaio si contano 18 morti. Il giorno dopo il numero sale a 24 vittime. Il 26 gennaio con il recupero degli ultimi corpi imprigionati sotto le macerie, svanisce la speranza di trovare altre persone vive e il bilancio definitivo è di 29 morti.
(AGI)