46 sono le strade che disegnano la geografia della nostra Marsica, strade che in alcune vite straordinarie hanno condotto in altri luoghi, ad assaporare altri orizzonti al di fuori del confine italiano. La nuova rubrica di MarsicaWeb “Route 46: marsicani nel mondo” vuole dare voce a tutte quelle persone che hanno lasciato la ” terra di guerrieri ” e di storia, per andare a cercare fortuna oltre questa nostra cervicale europea. Vogliamo essere l’albero che tiene strette a sé le proprie radici.
Vogliamo essere il braccio che che tiene salda la mano. Siamo il cordone ombelicale tra noi e le vostre avventure.
Partiamo dalla Germania!
Il “gusto” della ricerca: intervista ad Antonella Di Pizio giovane scienziata
Le storie hanno un fascino singolare, un loro posto preciso nella memoria, quell’angolo riservato al mondo. Ancor di più quando i protagonisti sono persone che incontriamo nei giorni, a fare la spesa, o che incrociamo casualmente nelle nostre vite. Ci si conosce su questa autostrada emotiva e si percorre in maniera parallela il proprio tempo.
La storia che voglio raccontarvi non è ispirata ad alcun romanzo o presa in prestito da qualche scrittore rosa. E’ una storia a pochi passi dalla nostra quotidianità, dal nostro vivere la provincia in maniera distaccata e lontana da grandi numeri. E’ la storia di Antonella.
Antonella Di Pizio nasce il 20 novembre 1984 ad Avezzano e frequenta il Liceo Classico per poi studiare Chimica e Tecnologie Farmaceutiche a Chieti. Fin qui sembra una narrazione senza pretese , eppure ci hanno insegnato che lo svolgimento è la parte più importante. Non sono pienamente d’accordo ma in questo caso credo calzi a pennello. Antonella continua i suoi studi conseguendo a Chieti un Dottorato Europeo in Chimica Computazionale e a Marburg, in Germania, si occupa di biologia strutturale , ossia di caratterizzare con l’uso di raggi X la forma 3D di una proteina. Ora arriva l’incantesimo: ad oggi nel database che contiene tutte le proteine note , cinque portano il suo nome.
Dopo il Dottorato si trasferisce come ricercatrice in Israele, alla Hebrew University of Jerusalem e in questa sede si occupa dei recettori del gusto amaro (le proteine che nella nostra bocca sono responsabili del riconoscimento delle molecole amare presenti nel cibo che ingeriamo), di studiarne la struttura e l’interazione con i composti amari contenuti nel cibo e nei farmaci.
Girl Power! E la nostra Antonella da questa esperienza dal “sapore unico” , crea un nuovo gruppo di ricerca:
“Sebbene l’esperienza israeliana mi abbia arricchito tanto dal punto di vista personale e professionale, ho sempre proiettato il mio futuro accademico in Europa, e la Germania (la Baviera per essere precisi) ha dato una risposta alle mie aspettative. Da un anno lavoro al Leibniz-Institute for Food Systems Biology at the Technical University of Munich. L’Istituto si occupa di cibo e aspetti sensoriali associati al cibo dal punto di vista chimico e biologico, e adesso con me sta puntando all’inserimento di una sessione computazionale Mi e’ stata data l’opportunità di dare vita a un gruppo tutto mio e spero di esserne all’altezza”.
E noi abbiamo voluto saperne di più.
Come hai vissuto l’esperienza fuori dalla nostra penisola?
La prima esperienza in Germania forse è stata la più impegnativa, perché ero meno matura, meno sicura ed ero da sola, ma mi ha arricchito a livello professionale forse proprio per questo. In Israele sono partita con Francesco che poi è diventato mio marito. Abbiamo vissuto in un contesto Accademico Internazionale, a contatto con scienziati e intellettuali da ogni parte del mondo. Non ci siamo mai sentiti “stranieri” e la nostra vita lì ci manca molto. Qui in Baviera viviamo una vita molto più “italiana” e molto più a misura di famiglia. Simone, il nostro bimbo, comincia a tirare fuori le prime paroline in tedesco e questo noi lo consideriamo un grande arricchimento.
Come è il tuo rapporto con il sistema accademico italiano?
L’Italia è il mio Paese e il Paese che amo. Ho tuttora un ottimo rapporto lavorativo (e di sincera amicizia) con i miei colleghi di Chieti. Ho tanti collaboratori italiani che lavorano sia in Italia che all’estero e d’altra parte fare ricerca non può essere, oggi specialmente, un affare nazionale: presuppone sempre una dimensione internazionale e un’apertura globale. Anche questo è il bello e lo stimolo nel mio lavoro. Vivere all’estero, però, comporta delle difficoltà: bisogna addentrarsi in un sistema diverso e quindi l’integrazione richiede un certo sforzo. Il problema non è tanto la lingua, la cultura, il cibo, ma più che altro capire come funziona il sistema sanitario, scolastico, le tasse, la pensione. Insomma bisogna fare i conti con un Paese che ha un’ organizzazione diversa. Ma questo sforzo spesso (come nel nostro caso) è ripagato da ottime condizioni lavorative. Il sistema accademico tedesco non è in assoluto migliore di quello italiano, ma per la Germania (e per Israele forse ancora di più) ricerca e innovazione al momento sono una priorità e questo significa cospicui finanziamenti alla ricerca stessa.
Non c’è altro da aggiungere.
La storia di una donna dei nostri tempi e del nostro territorio. Una voce fuori dal coro e fuori dalla Marsica.
Una punta di diamante e un gran bel lieto fine.