C’è nebbia ovunque lungo la SS83. Le macchine si muovono a passo d’uomo e il paesaggio intorno sembra avvolto in una bolla di vapore. Siamo in coda ad un semaforo e decido di mettere un cd per smorzare la noia. “Ferite e Feritoie” di Paolo Capodacqua, grande musicista e mio ex professore di Storia della Musica al Liceo Socio Psico-Pedagogico di Avezzano nell’anno 2011/2012. Scorrono le canzoni, scorrono i ricordi e le immagini si fondono con questa nebbia. Tornata a casa le canzoni del Prof, fanno da colonna sonora all’intera giornata : 1 Gli amanti segreti 2 Gli occhi neri di Julia Cortez 3 Il mare di Milano 4 L’uomo senza nome 5 Il ladro 6 Palermo 7 Per questo mi chiamo Giovanni 8 I nidi degli uccelli 9 Canto dell’aviatore 10 Rosafiore e la bonus track su testo di Guccini “L’albero ed io” e, poi di nuovo, 1 Gli amanti segreti 2 Gli occhi neri di Julia Cortez 3 Il mare di Milano… un album che si insinua nelle vene con una verità disarmante.
Mi ritrovo a fissare il muro e a cercare di afferrare il sapore che lascia sulle labbra la fine dell’ascolto di un cd : la dolcezza dell’emozione, il sale della consapevolezza e forse anche l’amaro della malinconia. Non sto nella pelle e decido di scrivere una mail al Prof. Capodacqua che non vedo da tempo. Sembro ancora la ragazzina curiosa del 5B che poneva domande su domande, per placare la voglia di un sogno che era proprio la musica:
– Prima di tutto: Insegna ancora Prof? Dove?
Si, insegno nella Scuola media Collodi-Marini di Avezzano, un vero esempio di scuola integrata ed interagente con il territorio. Una scuola che vanta una biblioteca di quartiere curata ed organizzata come poche.
– Domanda standard: perché “Ferite e Feritoie” ?
Intanto sono due sostantivi che danno vita ad una felice allitterazione, condividono la radice e, nonostante le desinenze cerchino di deviarne il significato, in realtà rappresentano un unico concetto: un taglio, uno squarcio che può diventare una ferita dolorosa ma anche il punto d’osservazione di una feritoia. Oppure, in modo più sacrale e dissacrante insieme, “L’origine du monde “ di Courbet.
L’intenzione di fondo di questo lavoro riguarda il ribaltamento e la “sorpresa”. Se penso alla sorpresa mi viene in mente il film The Others di Alejandro Amenabar, dove una splendida Nicole Kidman scopre di essere lei il fantasma, l’Altro, l’osservato. E qui andiamo alla feritoia ed al ribaltamento. La feritoia è un limite ottico che tutti siamo portati a considerare come il nostro punto di osservazione, quasi escludendo un rovesciamento di prospettiva, la possibilità cioè di essere noi stessi l’oggetto osservato. Se prendessimo in considerazione questa ipotesi dovremmo riconsiderare la nostra idea dell’ Altro e forse riusciremmo ad avere un rapporto empatico con la realtà e con il Prossimo. L’idea sottesa a questo lavoro è proprio questa: dare la parola, dare vita a chi sta dall’altra parte della feritoia, a coloro che siamo abituati a considerare come uomini o eventi cristallizzati nello stereotipo o nel pregiudizio, o addirittura muti nella pietrificazione celebrativa. D’altra parte, prima di me, qualcun’ altro ha utilizzato la metafora dei tagli e delle feritoie per aprire fortini esistenziali o finestre a-temporali: pensa ai tagli di Fontana o alle feritoie della Fortezza Bastiani di Buzzati. Nel mio caso l’accostamento con le ferite è dovuto al fatto che chi dall’altra parte ci racconta se stesso lo fa dalle proprie ferite: la bambina dei campi di concentramento, Il migrante “senza nome”, Giovanni Falcone, ma anche un Guevara che ho voluto immaginare innamorato nei giorni immediatamente precedenti l’esecuzione…
– “Gli amanti segreti attraversano distrattamente L’ingorgo malsano il molesto ronzio della gente” la narrazione di un amore nascosto, vissuto in silenzio. La prima canzone dell’album. Sembra una domanda da cronaca rosa ma lei cosa ne pensa realmente dell’amore Prof?
Questa è la domanda più difficile. Bisognerebbe scrivere un trattato, ma, per rispetto di chi ci legge, mi astengo. Sicuramente però “l’amore” è la parola (o il concetto) più citata ma meno frequentata che esista. Gli amanti segreti della canzone sono una categoria che associa all’amore il “pepe” della clandestinità e la possibilità di vivere “universi paralleli” in una sorta di “tempo fuori luogo” come nel romanzo di Philip K. Dick.
– La musica è parte di un vissuto, un lampo nel nostro scorrere quotidiano, quel momento in cui il tempo si ferma e sembra non avere direzione. Da cosa scaturisce la creazione di una canzone? Un’immagine, un giro armonico, un’esperienza impressa nella memoria. Può raccontarci un momento particolare in cui ha avuto l’ispirazione per la stesura di un brano?
Magari proprio un brano di Ferite e Feritoie!
Penso che ogni autore abbia il suo “metodo” creativo. Per quanto mi riguarda è proprio come dici tu: c’è un attimo in cui il tempo si ferma.
Un lampo! Un’intuizione, un’ idea, un pensiero colto al volo durante una conversazione o dopo la lettura di un libro… Un lampo che genera un embrione formato da una frase, una parola, un verso associato ad una musica. Ecco, è un embrione che costituisce già, in qualche modo, il frammento di una canzone. È da quel nucleo originario che si sviluppa, lavorando artigianalmente sui versi e sulla musica, quella che diventerà poi la canzone vera e propria. “L’uomo senza nome”, ad esempio, è nata parlando con una persona che semplicemente mi faceva notare come a tutte quelle persone (per lo più straniere) impalate per strada a chiedere l’elemosina, nessuno avesse mai chiesto il nome. È stato un attimo. Due ore dopo avevo già scritto il pezzo.
– Da quanto tempo ha in cantiere questo album?
L’idea di raccogliere le canzoni scritte negli ultimi vent’anni mi è venuta un paio di anni fa… Abbiamo cominciato a parlarne con il mio produttore, Rambaldo degli Azzoni Avogadro di Storie di Note, esattamente due anni fa. Qui bisognerebbe anche conoscere la storia della mia etichetta discografica, Storie di note appunto, che, dopo aver prodotto dischi importanti (Nada, Lolli, Giorgio Conte ecc) ha deciso dieci anni fa di trasferirsi a Parigi e di interrompere le produzioni discografiche. Con questo mio lavoro Storie di Note si riaffaccia sul mercato discografico, anche se lo fa dalla Francia. Ferite&feritoie, infatti è uscito in Francia il 13 dicembre ed è, a tutti gli effetti, un disco d’importazione.
– Mentre lo ascoltavo si delineavano nella mente i personaggi di ogni singola canzone. Mi sembrava di vivere in maniera lontana una sorta di ” Antologia di Spoon River” tra le mani di De André in “Non al denaro non all’amore né al cielo”. Ho visto ” Il Ladro”, “L’Uomo senza nome” , ” Gli occhi neri di Julia Cortez” ispirata al reportage di Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini” Nessuno va più a trovare il Che”. Perché la scelta di scrivere una canzone su Julia Cortez?
Due domande in una…
Nell’antologia di Spoon River parlano i morti, i trapassati…qui, in ferite e feritoie il concetto è simile, anche se a parlare è quell’umanità che sta dall’altra parte della feritoia. Un’umanità alla quale viene data voce come se si trattasse di un’ultima possibilità per affermare la propria verità. Ma in sostanza il concetto è simile, hai preso nel segno… Poi mi parli di un capolavoro assoluto come “Non al denaro non all’amore né al cielo”, al quale non oso neanche avvicinare il mio umile lavoro… Ma questo è un altro discorso…
Mi chiedi della canzone su Julia Cortez? Beh, era la maestrina della scuola de La Higuera dove era detenuto il dottor Ernesto Guevara, l’unica alla quale era permesso parlare con “il prigioniero”. Il mio amico fraterno Angelo Ferracuti (che cura anche la presentazione del cd nel libretto n.d.r.), ha raccolto la sua testimonianza. Leggendo il reportage di Angelo (pubblicato sul Venerdì di Repubblica) ho immaginato una sorta di storia di sguardi, emozioni e, forse, amore tra Guevara e Julia. Ho cercato di farlo con discrezione e pudore, in maniera antiretorica, evitando atteggiamenti celebrativi e agiografici riferiti alla figura del Che. Spero di esserci riuscito…
– Canto dell’aviatore” e “Rosafiore” fanno riferimento a ” Le Petit Prince” di Antoine De Saint- Exupéry , ma da un punto di vista piuttosto biografico dell’autore. Anche qui la classica domanda: perché è proprio il Piccolo Principe ad ispirare una canzone?
In questo caso non è Le Petit Prince ad ispirare la canzone, ma piuttosto la vicenda biografica ed il “sentire” del suo autore: Antoine de Saint-Exupery. Il romanzo qui è solo un pretesto per parlare dell’incontro idealizzato con l’infanzia perduta, del passaggio adolescenziale e dei rimpianti generati dai distacchi più o meno dolorosi che l’età adulta porta con sé. La figura di Saint-Exupery, la sua passione per il volo, le modalità (e il mistero) della sua scomparsa sembrano incarnare questo confronto. Il suo Principe bambino gli appare e gli parla dopo un atterraggio di fortuna nel deserto del Sahara, in quella che sembra essere una situazione di non-ritorno, metafora di un’età perduta. Ci sarebbe molto da dire. Due cose però vorrei dirtele. La prima è che Il Piccolo Principe non è un romanzo per bambini! Comprendo bene che l’industria ed il mercato giochino su questa ambiguità, comprendo meno che educatori, artisti ed insegnanti insistano in maniera acritica su un luogo comune che ha origine da un equivoco storico. La seconda riguarda un fiore all’occhiello di questo disco, e cioè la partecipazione in voce del mio amico Roberto Piumini, che introduce il Canto dell’aviatore “recitando” una sua traduzione inedita de Le Petit Prince.
– Se l’argomento del giorno in classe fosse “ Ferite e Feritoie”, il nuovo album di Paolo Capodacqua, cosa direbbe ai suoi alunni? ( ricordo che una volta al 5B lo ha fatto con i miei brani inediti adolescenziali J )
Chiariamo intanto che ti riferisci agli anni in cui insegnavo Storia della musica al Liceo psico-pedagogico e tu eri una mia alunna. Un periodo felice dal punto di vista professionale… Ricordo che una volta impostai la lezione proprio partendo dalle tue canzoni. Ecco, l’ho fatto con i TUOI brani proprio per condividere il tuo approccio creativo con altri adolescenti tuoi coetanei. Per far conoscere ai tuoi compagni di classe un aspetto importante della vita di una loro compagna che magari molti di loro non conoscevano. Capita sempre che gli adolescenti tengano per sé le poesie o le canzoni che scrivono, per pudore, vergogna o per il timore di non essere compresi. Quello mi sembrava un momento importante. Al contrario, eviterei che “ferite e feritoie di Paolo Capodacqua” diventasse l’argomento del giorno. Non amo ostentare o mettere in mostra, soprattutto nelle scuole dove insegno, la mia attività artistica.
– Ultima domanda anche se potrei continuare ancora, ed in tal caso ci vorrebbe un libro e non una pagina di un giornale on-line! Cosa ne pensa dell’attuale panorama musicale italiano? Dove sta andando la musica?
Ascolto poco le novità discografiche del panorama pop, a parte gli album freschi di stampa degli amici cantautori e musicisti. Per il resto, il dibattito mi interessa poco, sa di scontato e spesso si mettono in campo rivalità e prese di posizione basate sui personalismi. La musica si evolve e tutti i nuovi fenomeni hanno bisogno di tempo per essere assimilati e, magari, diventare dei classici. Ho una tendenza innata a non scandalizzarmi e non moraleggiare. Io sono legato al progressive degli anni ’70, un genere che ha raggiunto vette inarrivabili e che rappresenta una pietra di paragone implacabile come una condanna ad accontentarsi del meno peggio che passa il convento oggi. Per il resto, oltre al jazz, ascolto quasi solo musica antica, rinascimentale, barocca (in particolare Bach), e classico/romantica… Per intenderci, non mi interessa assolutamente nulla dell’ultimo album delle “rockstar” (o presunte tali) strombazzato a reti unificate. Qualche buona novità me la fa scoprire ogni tanto mia figlia Ilaria, come, per esempio, gli Eugenio in via di gioia che mi sembra facciano cose interessanti, o come Francesco Pellegrini ( figlio del mio amico Andrea) degli Zen Circus… Per citarne solo due tra tanti…e poi c’è una certa Tamara Macera…