TAGLIACOZZO – Dopo i saluti del sindaco Vincenzo Giovagnorio, ha introdotto alla discussione il professor Franco Salvatori dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, ha moderato l’incontro Claudio Paravati della “Rivista e Centro studi Confronti”, mentre le conclusioni sono state affidate al professor Fabrizio Barca, coordinatore “Forum Disuguaglianze e Diversità”, e all’assessore della regione Abruzzo con delega alle Aree interne e del cratere Guido Liris. Tra i relatori presenti storici, territorialisti, architetti, geografi, demografi, antropologi, sociologi, statistici, economisti, ecologisti che hanno studiato e riflettuto questo fenomeno.
Presenti all’evento diversi sindaci del territorio, tra i quali Pina Perozzi sindaco di Castellafiume, e forze sociali e sindacali sia provinciali che regionali.
Punto di partenza del dibattito le aree interne e il loro spopolamento, ma anche la loro recente riconquista, con un occhio alla situazione della nostra Regione.
Da molti decenni, e più precisamente da un secolo, le aree interne italiane sono state abbandonate e spopolate, portando ad un loro progressivo degrado e lasciando in rovina anche il patrimonio. In genere si parla di tutte quelle aree che hanno per difetto strutture di base come scuole, asili, ospedali, comunicazioni, accessibilità, tutti quegli impianti essenziali per la vita moderna, come sottolineato dal sindaco di Tagliacozzo Giovagnorio “nei centri minori quello che salta subito all’occhio è la carenza di servizi e la mancanza di infrastrutture che causano carenze nella mobilità e per la salute”.
Secondo il professor Fabrizio Barca, ex ministro della Coesione e padre della Strategia Nazionale per le Aree Interne (Snai), le problematiche principali di queste zone sono due: la qualità dei servizi fondamentali bassa, e ostacoli burocratici che frenano la creatività dei ragazzi con le quali rischiano di scontrarsi.
Tuttavia da qualche anno, in coincidenza della crisi economica italiana, ma in generale del sistema economico mondiale, queste aree stanno in qualche modo riprendendosi, mettendo in atto un’inversione di tendenza. Si assiste a un ridotto ritorno della popolazione e con essa tornano le attività. Non si sa che dimensioni e contorni assumerà questo processo, né le motivazioni che spingono i cittadini a scegliere le aree interne per la loro esistenza. Forse una ipotesi potrebbe essere la migliore qualità della vita che si ha nei piccoli centri rispetto, ad esempio, a Roma o altre grandi aree metropolitane che per decenni hanno fatto da catalizzatori e svuotando queste zone.
E’, di certo, un processo che va governato e incentivato perché dalle aree interne dipende tutto il nostro Paese. Il loro spopolamento e abbandono è un pericolo per l’intero territorio nazionale. In primis perché sono l’ossatura della nostra storia, le radici sulle quali abbiamo costruito la nostra civiltà. Inoltre ne dipende la stabilità del suolo, la disponibilità di acqua, di risorse ambientali, la possibilità stessa di avere posti di lavoro in un Paese che sta perdendo costantemente attività lavorative. Queste zone sono viste come la risorsa sulla quale il Paese può puntare per una ripresa.
“I settori su cui puntare – afferma Barca – sono la cultura alimentare, la cultura industriale e la cultura dell’accoglienza. Si parla quindi di agroalimentare, di un turismo attento alla storia e ai contenuti che sappiano usare la modernità in maniera appropriata e attrarre ogni tipo di turista. Inoltre anche l’industria non inquinante, significativa che consenta di avere quell’avanzamento tecnologico in grado di offrire ad un giovane del territorio un’opportunità lavorativa senza essere costretto a cercarla altrove”.
L’Abruzzo ha la maggiore estensione di aree interne e tutta la regione subisce la concorrenza di altre aree che fanno da catalizzatore della popolazione, in particolare la grande area metropolitana di Roma, che è stata una sorta di calamita e ha svuotato i centri abitati abruzzesi.
La loro distribuzione è prevalentemente in area appenninica. Un esempio da seguire i centri dislocati a ridosso delle Alpi che hanno saputo trovare risorse alternative, come un turismo perfettamente organizzato. “In Abruzzo il turismo – ha dichiarato il professor Franco Salvatori dell’Università ‘Tor Vergata’ – è una risorsa ma ancora in fieri, poco organizzata e dipendente soprattutto dai movimenti del fine settimana piuttosto che da un turismo attuale che sappia attrarre e far fermare i consumatori. Una delle risorse – continua Salvatori – del turismo lento e consapevole sono, ad esempio i percorsi, attività che anche il Ministero ha promosso. Tuttavia, l’Abruzzo è l’unica regione che ancora non vede riconosciuto alcun percorso turistico”.
Guido Liris, assessore regionale al Bilancio ed Enti locali ed Aree interne, ha concluso la tavola rotonda riflettendo sul fatto che: “In Abruzzo bisogna studiare soluzioni organiche per le nostre aree interne che soffrono la carenza di servizi e l’isolamento rispetto ai territori della costa. Le cinque zone interne abruzzesi dialogano tra loro, ma non i centri medio-grandi che vanno a sovrapporsi anche con le aree dei crateri sismici, con normative e risorse diverse. In sostanza il compito della Regione – continua l’assessore Liris – è di coordinare tutti questi soggetti con la chiara priorità di valorizzarne le grandi eccellenze culturali, naturalistiche e paesaggistiche, per favorire proprio i giovani imprenditori. Concretamente, bisogna fare cabine di regia per la progettazione europea dei piccoli comuni – conclude – , cogliendo opportunità e risorse, mettendo a sistema tutte le normative regionali e nazionali, come la legge sulla montagna, così da poter compensare i gap di servizi per gli abitanti svantaggiati delle zone interne. Fare proposte comuni con le comunità locali, remando tutti verso la stessa direzione”.