AVEZZANO – La presentazione, si è svolta presso la libreria Mondadori Bookstore di Avezzano alla presenza dell’autrice, del presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo Stefano Pallotta e del presidente della Dmc Terrextra Marsica Giovanni D’Amico, ha moderato il giornalista Federico Falcone.
Protagonista della storia è Giulia, giovane giornalista che dopo tanta gavetta viene assunta come vicedirettrice nella redazione di “Viola”. Sembra che finalmente la fortuna per lei abbia iniziato a girare, ma ben presto si renderà conto che quel posto di lavoro tanto sognato in realtà la incatenerà per quasi due anni in una redazione dove non c’è alcun rispetto ma solo continue pressioni, richieste assurde, insulti e svilimento non solo del proprio operato professionale ma anche un continuo logorio della persona, perpetrato da editori senza scrupoli che nulla hanno a che fare con l’Informazione.
Con “Viola” l’autrice vuole dar voce alle vittime del mobbing, una forma di violenza lavorativa troppo spesso sottaciuta: “Ho iniziato a pensare di scrivere ‘Viola’ – racconta Alice Pagliaroli – in un periodo particolare della mia vita, ma ho deciso di farlo dopo l’incontro con una persona che mi ha raccontato la sua storia di mobbing. Questa pratica è facilmente condannabile – continua l’autrice – anche se poi non ne parla quasi nessuno, si racconta dentro le mura di casa, con gli amici ma poi finisce lì.
Nel corso degli anni è capitato non solo nel mio percorso giornalistico ma anche di altre persone di essere state svilite nell’ambiente lavorativo. Ho sentito la necessità di denunciare e quindi di scrivere e dentro Viola ci sono storie frutto di fantasia ma anche cose reali. Una ragazza che ha partecipato con me al percorso di scrittura mi ha suggerito ‘Viola’ inteso come ‘vìola’ del verbo “violare” e, poiché per me il viola è un colore che associo alle cose brutte, sono stata felice di chiamarlo così per questo doppio senso”.
Il presidente dell’Ordine dei giornalisti Pallotta, nel suo intervento, ha messo in evidenza che purtroppo oggi molti aspiranti giornalisti sono costretti a subire ogni sorta di angherie e a lavorare in condizioni di schiavitù, da parte degli editori, per riuscire a prendere l’agognato tesserino, il tutto nel silenzio per paura di essere buttati fuori dalla redazione.
“Leggendo questo libro – afferma Pallotta – mi sono chiesto com’è possibile che alcuni giovani possano subire situazioni di questo tipo all’interno di redazioni fatte da giornalisti. La redazione è quanto di più democratico debba e possa esserci in una struttura culturale, perché essa stessa è una istituzione culturale e la cultura non si fa con atteggiamenti dispotici e di violenza, ma con la dialettica e il confronto.
La legge del 1963 non sta più in piedi – continua – perché ormai c’è un meccanismo fraudolento e generalizzato che consente all’editore di sfruttare per due anni i giovani senza alcuna retribuzione e subendo quei ricatti, angherie e soprusi che ha subito Giulia. Stiamo chiedendo da un po’ di tempo al legislatore di modificare questa legge. Non ci interessa neanche più l’Ordine ma un percorso universitario in giornalismo che abiliti i giovani a fare questa professione. Il legislatore – conclude Pallotta – non ci ha mai voluto assecondare su questa linea, ma è lui che deve farsi carico di quello che accade nelle redazioni in quanto si ripercuote, poi, negativamente sulla qualità dell’informazione che sta subendo un profondo processo di ristrutturazione ed è destinata ad avere degli sbocchi non certamente democratici”.
Da parte sua Giovanni D’Amico ha affermato che “quello che è un racconto di fantasia è espressione di una realtà molto vicina alla vita delle persone che vivono nel mondo dell’informazione e che negli ultimi anni si è sempre più complicato, soprattutto nella sua espressione di natura imprenditoriale. Con l’evolvere dei sistemi di rete l’editore cosiddetto puro scompare dal panorama dell’imprenditoria e della comunicazione. E questa situazione apre alcune tematiche, tra cui il problema molto grande non solo del mobbing, ma del sistema generale dei rapporti di lavoro per come sono evoluti e soprattutto per come sono evoluti in sistemi fragili, come sono i sistemi dell’informazione.
Il giornalista – continua D’Amico – è una professione ancora ambita e ritenuta rispettabile, ma nel quadro normativo attuale è resa assolutamente precaria dentro un sistema dell’informazione che non ha più il prodotto, perché non ha più il sistema imprenditoriale che produce e sviluppa la qualità dell’informazione. Abbiamo oggi un’informazione direttamente correlata con il consumo delle merci, l’informazione non ha più una sua fondazione culturale ma tende ad essere un veicolo per altro come ben raccontato in “Viola”.
Alla domanda su quale sia la conclusione del libro, la giornalista e autrice Alice Pagliaroli ha dichiarato che “non c’è una conclusione ma è una decisione. Bisogna prendersi cura di se stessi, capire che quello a cui si è sottoposti non è normale e decidere di sottrarsi a tutto questo. Il mio messaggio è che chi resta lì, in quelle redazioni, ne venga fuori perché Giulia il suo percorso l’ha terminato”.