di Salvatore Braghini
AVEZZANO – Tra le norme più bistrattate della scuola non faticherei ad annoverare quelle relative alle assemblee studentesche.
Il nostro comprensorio, sì proprio la Marsica e la provincia dell’Aquila, è diventato anni fa il terreno di confronto (e di scontro) di interpretazioni opposte, in particolare, sull’obbligo di presenziare a scuola da parte dei docenti nel giorno dedicato all’assemblea d’istituto. Ad inizio anno scolastico, con la prima assemblea di ottobre, il tema ridiventa di attualità. Ripercorriamo quei contrasti che hanno dato vita a contenziosi giudiziali e facciamo chiarezza.
Assemblee di classe e d’istituto.
Giova premettere che l’assemblea studentesca nelle scuole superiori, introdotta con la riforma degli anni ‘70 al fine di favorire la partecipazione democratica degli studenti alla vita e alle problematiche della scuola, può essere di classe e d’Istituto. Le due tipologie condividono la cadenza mensile e l’autonomia di gestione da parte degli studenti; ma se la prima non comporta particolari dubbi riguardo gli obblighi dei docenti, in quanto le lezioni non sono sospese, la seconda continua a ingenerare molta confusione ed anche applicazioni molto diversificate da scuola a scuola e, finanche, prassi che si pongono decisamente al di fuori dei parametri normativi.
Le assemblee di classe.
Durante le assemblee di classe, infatti, il docente non è esonerato dagli obblighi di cui all’articolo 2048 codice civile, da cui si desume che gli insegnanti sono responsabili dei comportamenti dei propri allievi nel tempo in cui essi sono sotto la loro vigilanza. A tal proposito la Corte di Cassazione (sentenza n. 3074/99) ha stabilito che la scuola ha il dovere di vigilare sugli alunni per tutto il tempo che le sono affidati, talché, quando gli studenti sono riuniti nella propria classe in assemblea, non essendo sospese le lezioni come invece accade per l’assemblea d’istituto, il docente deve garantire la sua vigilanza, anche se all’esterno dell’aula, ciò al fine di consentire da una parte il libero confronto degli alunni e dall’altra di non eludere il proprio obbligo di vigilanza.
Le assemblee d’istituto.
Il Testo Unico della scuola (D. Lgs. n. 297/94), che ha recepito pedissequamente l’art. 43 del DPR 416/74, disciplina il diritto di assemblea negli artt. 12,13,14. L’art. 12, in particolare, prevede che “Gli studenti della scuola secondaria superiore e i genitori degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado hanno diritto di riunirsi in assemblea nei locali della scuola”. Al comma 6 dell’art. 13 è stabilito il limite di una assemblea al mese, anche fuori dell’orario delle lezioni, subordinatamente alla disponibilità dei locali, con esclusione del primo e ultimo mese delle lezioni, mentre il successivo comma 8 prevede che “all’assemblea di classe o di istituto possono assistere, oltre al preside od un suo delegato, i docenti che lo desiderino”.
Le norme appena citate non prevedono alcun obbligo di presenza dei docenti alle assemblee di istituto, ma ciononostante alcuni dirigenti scolastici si ostinano – e di qui le risorgenti polemiche – a pretendere la presenza a scuola dei professori anche in assenza di riunioni collegiali appositamente programmate per quella giornata.
La prima pronuncia sulla vertenza.
Il Tribunale di Cagliari, nel 2007, all’esito di una interpretazione letterale del citato art. 13 comma 8 Testo Unico, sentenziò l’insussistenza di un obbligo generalizzato per i docenti di presenziare a scuola alle assemblee d’istituto. Ma tale decisione, invero, non convinceva del tutto, in quanto ravvisa comunque l’obbligo per i docenti della prima ora di essere presenti per annotare le presenze degli studenti. Una forzatura, a giudizio di chi scrive, poiché un tale obbligo non trova alcun riscontro normativo ed è persino incompatibile con l’attribuzione di ore di assenza agli studenti, considerando che si tratta di una giornata in cui le lezioni sono sospese. E sospese per tutti, sia per gli alunni che partecipano all’assemblea sia per chi non partecipa, incidendo inevitabilmente (e illegittimamente) sul limite di assenze calcolato sul monte dell’orario annuale come introdotto dalla L. 107/2015 (almeno ¾ di presenze per l’ammissione alo scrutinio).
Il punto non è solo giuridico.
L’assemblea – non va mai dimenticato – è uno strumento democratico affidato alla completa responsabilità degli studenti, un luogo di autogestione in cui l’unico potere di intervento lo ha il Dirigente scolastico qualora riscontri comportamenti contrari al pacifico svolgimento della riunione.
La Circolare Ministeriale n. 312 del 1979, norma secondaria avente ad oggetto la disciplina delle “Assemblee studentesche nella scuola secondaria superiore ed artistica”, stabilisce non a caso che l’assemblea di istituto deve darsi un Regolamento per il proprio funzionamento (paragrafo VI n.1 e 2). Vi si afferma, altresì, che “L’ordinato svolgimento dell’assemblea deve essere assicurato dal comitato studentesco (se costituito) o dal presidente eletto dall’assemblea stessa.”. Precisa, ancora, che “…né il regolamento interno dell’istituto né alcuna deliberazione del consiglio di istituto possono limitare il diritto del preside e degli insegnanti di assistere all’assemblea, né tale divieto può essere posto dal regolamento dell’assemblea studentesca”.
Un duro contrasto tutto marsicano.
La questione aveva infervorato gli animi, tanto che si erano mobilitate persino sigle sindacali del nostro territorio, la Uil-scuola in testa, opponendosi all’Ufficio Scolastico Regionale per l’Abruzzo, intervenuto sul tema con un parere del 2008, al fine di ribadire che i docenti possono assistere all’assemblea studentesca, ma non sono tenuti a presenziare a scuola, poiché gli studenti sono autonomamente impegnati nei lavori dell’assemblea; i docenti dovrebbero recarsi a scuola soltanto qualora vi fosse una convocazione collegiale programmata che li riguarda (collegio docenti o consigli di classe).
Il dirigente scolastico dell’Itis Majorana di Avezzano giungeva persino a sanzionare 3 docenti, incolpati di non essersi presentati a scuola e di aver contestato l’ordine di servizio che glielo imponeva, invocando a sostegno dell’obbligo di presenziare a scuola, una poco felice nota del Miur del 2003 (la n. 4733/A3), predisposta, invero, per chiarire quale tipologia di assemblea studentesca fosse da considerare utile ai fini del raggiungimento della soglia minima dei 200 giorni di lezione per la validità dell’anno scolastico.
Ma la soluzione alla vexata quaestio sarebbe giunta proprio dalla strenua opposizione dei professori sanzionati, i quali si rivolsero al Tribunale di Avezzano al fine di, trovare giustizia, per loro, e per l’intera categoria docenti, che in quel frangente sentivano di rappresentare.
La sentenza spazza dubbi.
Il Giudice del lavoro, dr. Giuseppe Giordano, con la sentenza n. 431/2011, confermata dalla Corte d’appello dell’Aquila con la sentenza n. 129/2013, annullava i provvedimenti sanzionatori evidenziando che “risultano fondati su una non corretta interpretazione della nota del Miur n. 4733/A3 del 26.11.03”. A tal fine, la predetta circolare – come ben ricostruito dal magistrato – chiarisce che tra le assemblee studentesche d’istituto, solo e soltanto alcune tipologie di assemblea (per così dire “speciali”) sono da considerare come “lezioni” e pertanto tali da concorrere al computo dei 200 giorni. Si tratta delle assemblee d’istituto previste dall’articolo 13, comma 6 del D.Lgs. 297/94 (aventi ad oggetto problemi sociali, culturali, artistici e scientifici, ai quali partecipano esperti) e quelle di cui al successivo comma 7 del medesimo articolo (destinate allo svolgimento di attività di ricerca, di seminario e per lavori di gruppo).
Le assemblee studentesche, per così dire “ordinarie”, quelle cioè che gli studenti richiedono solitamente, non costituiscono invece “giorno di lezione”, e non concorrono ai 200 giorni. Ne consegue che esclusivamente per la tipologia di assemblee “speciali”, l’istituzione scolastica ha l’onere – a tenore della citata nota del Miur n. 4733/03 – di adottare tutte le iniziative necessarie per la verifica delle presenze dei docenti e degli studenti, conformemente a quanto accade per la rilevazione delle presenze nelle giornate destinate allo svolgimento delle lezioni.
La risonanza nazionale della vicenda.
È superfluo sottolineare che la sentenza era destinata ad avere una vasta eco nel mondo della scuola, poiché poneva una parola certa su di una querelle che si trascinava da troppo tempo, e per motivi non di poco conto.
Risulta evidente, infatti, che per un docente dover presenziare a scuola mentre gli alunni sono impegnati nelle discussioni assembleari, praticamente a vigilare i banchi vuoti, risulta ben poco confacente alla propria dignità professionale e ciò suscita l’interesse di tutta la categoria.
Le due sentenze, del Tribunale di Avezzano e della Corte d’appello dell’Aquila, pare però siano state già dimenticate. Non pochi dirigenti, freschi di nomina, tornano a riproporre ordini del giorno contenenti l’obbligo per i docenti di recarsi a scuola per annotare le presenze degli studenti.
Li sollecitiamo a leggere quelle pronunce giudiziali.
Crediamo, in definitiva, che l’assemblea d’istituto rimane ancora oggi, nonostante i cambiamenti culturali intercorsi dalla loro genesi, un prezioso strumento di partecipazione alla vita democratica della scuola affidato alla coscienza dei giovani, in funzione della loro formazione culturale e civile.
Basterebbe osservarne, anche in virtù di un elementare dovere di coerenza pedagogica, le non difficili regole che la disciplinano. E ciò vale prima di tutto per il dirigente scolastico, primo responsabile della legalità di ogni singola ed autonoma istituzione scolastica.