AVEZZANO – Nell’assemblea degli iscritti tenutasi, come di consueto, nell’aula 1 del Tribunale di Avezzano, per fare il punto della situazione circa le iniziative messe in atto e quelle da portare avanti per scongiurare la chiusura della storica sede del Palazzo di Giustizia, ad aprire il dibattito c’era il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, Franco Colucci, il quale preliminarmente ha informato circa la sua partecipazione nei giorni scorsi alla Commissione parlamentare disposta da Bonafede riguardo la possibilità di operare una correzione in senso migliorativo al Decreto legislativo n. 155/2012 di soppressione dei Tribunali minori, salvando dalla chiusura, o ripristinando l’apertura, di quelle già chiuse, varie sedi che abbiano determinati requisiti di efficienza, di produttività e di localizzazione geografica.
Un lavoro di valutazione da fare caso per caso, dunque, e che vede la realtà Avezzanese, sempre secondo il Presidente, in grado di superare positivamente, in termini di funzionalità, il vaglio della Commissione istituita allo scopo.
L’ottimismo colto dal nostro Presidente, a livello centrale, deve essere accompagnato – è lo stesso che esorta in tal senso – dall’impegno di tutti gli operatori del diritto e della macchina amministrativa ad esso correlata a dare all’esterno la prova di tale efficienza, attingendo, poiché la causa lo richiede, a tutte quelle risorse che possano aiutarci a portare le nostre istanze sino in Parlamento per vederle accolte.
All’interno del Tribunale si hanno, è vero, problemi legati all’organico dei Magistrati, poco stanziali negli anni soprattutto a causa del trasferimento presso realtà più grandi e complesse di quelle locali. Ma premesso ciò, questa vacanza di magistrati non desta preoccupazione, alla luce degli arrivi che andranno a breve a colmare le lacune nelle piante organiche del personale giusdicente.
Purtroppo non può dirsi la stessa cosa per le piante organiche del personale amministrativo, di fatto bloccate a livello ministeriale, per le quali è stata sollecitata una riapertura a sostegno dell’efficientismo burocratico di ausilio all’attività giurisdizionale.
Tutto depone per una ulteriore proroga della data di chiusura effettiva ma l’invito rivolto all’assemblea è quello di non dare un’immagine di deficienza operativa e di operarsi nel trovare strumenti per rafforzare il convincimento nel senso della sopravvivenza del polo giudiziario.
L’Assemblea si è dovuta poi esprimere sulla proposta di legge di iniziativa del Consiglio Regionale dell’Abruzzo, ex art. 71 e 121 Cost., di modifica al D. Lgs. N.155/2012, più in particolare di abrogazione del comma 4 bis dell’art.8 D.Lgs. in questione, e di inserimento degli artt. 8bis, 8ter e 8 quater.
Gli Avvocati Mario Petrella, Roberto Di Pietro e Fabiana Contestabile, ideatori e promotori della proposta chiedono che il Ministro della Giustizia, in attesa di una generale riforma della geografia giudiziaria che tenga conto del principio del massimo decentramento di cui all’art. 5 Cost. e del principio di prossimità di cui all’art. 10 del Trattato dell’Unione europea, disponga, tramite apposite convenzioni, che i Tribunali soppressi riprendano appieno la funzione giudiziaria nelle loro sedi, a condizione che le spese di gestione e manutenzione degli immobili e di retribuzione del personale di custodia e vigilanza delle strutture siano integralmente a carico del bilancio degli enti locali e della Regione richiedente, restando a carico dello Stato le spese relative alla retribuzione dei magistrati, del personale amministrativo e di Polizia giudiziaria.
Gli interventi dell’Avvocato Casciere e dell’Avvocato Di Mizio, a chiusura del dibattito assembleare sono nella direzione di un messaggio forte alle Istituzioni attraverso il coinvolgimento di tutte le componenti del dialogo democratico, che siano privati cittadini, Sindacati ed altre realtà territoriali, che abbiano il potere di influire positivamente sulle decisioni che avvengono a livello centrale.
In attesa di conoscere i dovuti riscontri a tali determinazioni, ci auguriamo che le disparità di trattamento poste in essere mediante una Legge iniqua e insensata vengano, infine, debellate o quantomeno contenute entro limiti ragionevoli.