AVEZZANO – Un servizio di circa tre minuti inserito in una trasmissione di due ore, il risultato dell’inchiesta a carattere nazionale sull’utilizzo dei super alcolici nelle discoteche del Bel Paese e della nostra città, ha dei numeri da capogiro ed allarmanti.
Uno spaccato che mette in risalto l’uso dei super alcolici da minorenni: la cosa spaventosa è che l’età in cui si comincia a bere è tra i tredici e i quattordici anni.
Ma andiamo per ordine. Nella trasmissione si è parlato, innanzitutto, degli incidenti stradali dovuti all’alcol, come testimonianza la presenza della Signora Cinzia De Siato, la madre del ragazzo morto in un incidente stradale lo scorso 5 ottobre, che viaggiava in auto con quattro amici e il conducente è risultato positivo all’alcol test.
Durante la trasmissione sono intervenuti professori di psicologia e di medicina, spiegando il momento difficile che possono attraversare i nostri figli e le ragioni per cui si comportano così. Oltre all’alcol, in aggiunta ci sono le droghe sia leggere che pesanti a complicare le cose.
Passiamo ai dati: nella slide ci viene mostrata la percentuale dell’età in cui si comincia a bere e le percentuali su scala nazionale negli ultimi 30 giorni: ottocentomila minori a rischio alcol, con la soglia del primo bicchiere che si abbassa a 11 anni.
I dati, questi, diffusi sul comportamento degli adolescenti dall’Istituto Superiore di Sanità sono allarmanti. Tra i ricoverati al pronto soccorso per abuso di alcol, circa il 17% è minorenne, ed il pericolo maggiore si chiama il binge drinking, cioè l’assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve. Secondo l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità esso corrisponde all’assunzione in un’unica occasione di consumo in breve tempo di oltre 6 Unità Alcoliche di una qualsiasi bevanda. In questa definizione non è importante il tipo di sostanza che viene ingerita né l’eventuale dipendenza alcolica: lo scopo principale di queste “abbuffate” è l’ubriacatura immediata nonché la perdita di controllo.
La vicenda dunque si trasforma in un problema di tipo sociale dove le famiglie, a prescindere dallo stato sociale in cui si trovano, ricche o povere che siano, rimangono sorprese di ritrovare i propri figli al pronto soccorso in coma etilico: questo significa che è raro il consumo effettuato in casa con la consapevolezza dei propri genitori, e da qui il problema, diventa il rapporto tra genitore e figlio. Quello che emerge è un enorme disagio nelle relazioni sociali e la gestione delle difficoltà tra cui i ragazzi sin da giovani riescono a muoversi.
Ma i giovani sono realmente informati dei danni che può fare l’alcol? La preoccupazione è che questa moda sta diventando un vezzo, senza capire che può diventare un dramma.
Per concludere, facciamo un appello ai genitori: che parlino di più con i propri ragazzi e che facciano capire loro che bere e drogarsi fa male, tanto male, fino a morire.