Figlio mio!
Una parola che racchiude amore, uno sconfinato amore. Pagine e pagine di poesie e di poemi sono state riempite per contenere il significato della parola “figlio”, quell’intrinseco senso della vita. Tu, testimonianza di me.
Oggi? Si può attribuire, oggi, il medesimo enorme contenuto emozionale? No, ma non certo per la mancanza d’amore.
Siamo così obiettivi da riconoscere che, sono sì parte di noi, ma che veniamo schiacciati, avvolti, dalla responsabilità genitoriale? Lo stress quotidiano ci imprigiona.
E’ in questa prigione che si arriva a dimenticare il proprio bimbo in macchina, chiuso nell’abitacolo con una temperatura esterna che raggiunge i 35° gradi, legato al suo seggiolino che diventa culla funebre.
Gli impegni di lavoro, la risoluzione dei problemi da affrontare quotidianamente, devi telefonare a…. sei in ritardo con …. Corri, corri, corri e lo stress di accumula. Capro espiatorio delle nostre defaillances.
Dimenticare il proprio bambino in una qualsivoglia grave situazione (n.d.r. cosa meno rara di quanto si possa conoscere) è un disturbo riconosciuto, denominato amnesia dissociativa, un vero e proprio black-out della mente.
Inorridisce pensare a quella povera creaturina che inerme ha subito una così tragica fine, ma davvero crediamo impossibile ritrovarci nella medesima situazione di quel genitore? Nello specifico l’ultimo caso, un ingegnere idraulico e ricercatore all’Università, indagato ora per omicidio colposo. Come possiamo evitare che la nostra mente precipiti nel vuoto assoluto, distaccandoci dal cognitivo?
Sarà necessario dare delle priorità nello schema organizzativo della nostra ragione.
Gli impegni professionali non dovrebbero sovrastare quelli familiari.
“A un certo punto c’è un sovraffollamento a livello mentale, spiega lo psicologo Paolo Manfreda, ci sono degli aspetti di rimozione che permettono la maggiore tranquillità.
E’ un meccanismo difensivo che determina anche l’aspetto che consente di separare l’eccesso delle cose da fare. Diventa una situazione eccessivamente stressante, è la dismissura. Chi agisce lo fa nella maniera drammatica, non ha avuto la capacità di darsi un limite. Non ha avuto la facoltà di separare gli eccessi ed è stata rimossa proprio la parte che doveva invece attuare.
Bisogna raggiungere la consapevolezza che nessuno è onnipotente e che non può esserlo. Nella vita ci si deve dare anche dei limiti, non possiamo fare tutto, non possiamo proprio”.
Ci prendiamo troppe poche pause, siamo in una continua frenesia del fare. Fare, fare, fare!
E’ proprio ciò che la società ci sta chiedendo in una maniera eccessiva, non ci fermiamo e cominciamo a non avere più un rapporto con l’umano.
Diventiamo insofferenti, ma quel che è peggio, aggressivi. ci dimentichiamo degli aspetti più affettivi che sono poi gli aspetti più importanti. Noi viviamo e molto ci sfugge.