Vogliamo presentarvi il prof. Enrico Maddalena, ex insegnante di scienze, studioso sin dalla gioventù di fotografia: infatti è un docente FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), autore di numerosi testi di fotografia, redattore di Fotoit e curatore delle rubriche di lettura portfolio e Scuola di fotografia MaxArtis.
Ha realizzato in questi giorni una macchina fotografica, da lui battezzata ″Ottocento″, che ci riporta indietro nel tempo.
Gli abbiamo chiesto di raccontarci come è arrivato ad immaginare, prima, e a costruire, dopo, questo fantastico gioiello che sembra uscito dal set di un film western, se non addirittura da Ritorno al futuro parte III: ricordate la foto di Doc e Marty sotto l’orologio in costruzione? Ecco… l’atmosfera è quella.
“Ho da tempo immemorabile nella mia libreria un vecchio obiettivo di mio padre. Un pesante obiettivo in ottone giallo di quelli in uso nell’Ottocento. Non ho mai chiesto a mio padre come lo avesse avuto e quale fosse la sua storia.
L’idea di rimetterlo in funzione mi frullava da qualche anno nella mente. Ma ero preso da altro e martello e seghetto mi erano serviti per costruire numerose camere stenopeiche (scatole con un piccolissimo foro da cui entra la luce che va a impressionare il materiale fotosensibile posto all’ interno n.d.r). L’obiettivo era sempre lì, dietro l’anta in basso della libreria.
Qualche settimana fa, in una mattinata priva di impegni, l’ho preso in mano. Un obiettivo che era lì in letargo da un secolo. Un obiettivo vive e respira quando produce immagini. Chiuso dietro uno sportello è solo un insieme di vetro e metallo.
I desideri, i propositi sono come dei massi in cima a una collina. Sono in equilibrio instabile. Basta poco per farli rotolare giù per la china.
E così, quasi per gioco ho preso un foglio di cartoncino ed uno di carta da lucidi ed ho costruito uno schermo. Sì perché l’obiettivo aveva inciso solo “Simplex Rapid Aplanar n.3”, ma era privo di indicazioni sulla sua lunghezza focale.
Così ho messo a fuoco sullo schermo i pini che coronano il Salviano. Poi ho messo a fuoco il filamento di una lampadina che ho posto a diverse distanze lungo il corridoio di casa misurando distanza del soggetto e distanza della sua immagine da un punto arbitrario del barilotto dell’obiettivo.
Tutti i dati raccolti mi hanno permesso di calcolare la sua lunghezza focale che è risultata essere di 300 mm. Era fatta, il masso si era mosso e stava iniziando a rotolare giù per la china.
Avevo tutti i dati che mi servivano. Potevo sedermi al computer per progettare la fotocamera che l’avrebbe ospitato. Sono stato davanti allo schermo per un intero pomeriggio a fare calcoli e disegni mentre pian piano la fotocamera veniva fuori nella mia mente e sullo schermo.
Era nata, era lì nel computer e ora non restava che rivestire l’idea, precisa e dettagliata nella struttura e nelle dimensioni, di materia affinché divenisse reale. E dopo qualche giorno di lavoro, eccola lì in tutta la sua bellezza con il vecchio obiettivo ormai fuori dalla libreria e sistemato nella sua nuova e più confacente dimora. Non restava che il collaudo.
Ho dato l’onore a mia figlia Simona di posare per la prima foto.
L’ho fatta sedere sul ballatoio dell’ingresso di casa. Sotto il telo nero ho regolato inquadratura e messa a fuoco. Con esposimetro ho misurato la luce, quindi ho riposizionato il tappo sull’obiettivo. Ho sollevato il volet, ho tolto il tappo e ho iniziato a contare:”Uno, due, tre, quattro”. Rimesso il tappo sull’obiettivo ho chiuso il volet e ho allestito la camera oscura e sviluppato la foto.
“Sembro una dama dell’Ottocento!- è stato il commento di Simona- però, papà, non pubblicarmi!
Ecco, è lei che il vecchio obiettivo ha visto dopo quasi cento anni di letargo, subito dopo ha visto mia moglie Lucia e le sue sorelle e loro, fortunatamente, si lasciano pubblicare” (sorride, il prof, visibilmente orgoglioso della sua opera).
Un racconto intriso di entusiasmo e di poesia, la poesia dei ricordi e della nostalgia, la poesia del tempo che passa
e nello stesso tempo resta vivo e dà nuovi frutti.