ROMA – Come saprete (e se non lo sapete ve lo dico io), Roma ha la caratteristica di avere sei statue parlanti ed eccole qua: Pasquino, Madama Lucrezia, Marforio, il Babuino, il Facchino e l’Abate Luigi.
La più chiacchierona e famosa è la statua di Pasquino che risiede nella piazza omonima. È una vecchia statua della quale si conosce poco e della quale ancora non si è riusciti a sapere cosa diavolo raffiguri: c’è chi dice Menelao che sostiene il corpo di Patroclo morente altri invece Aiace con il corpo di Achille e infine Ercole in lotta con i Centauri.
Anche sull’attribuzione del suo nome ci sono pareri controversi: si racconta che nel 1500 esistesse li vicino la bottega di un sarto romano di nome Pasquino famoso per le sue battute sarcastiche, ma altre leggende asseriscono fosse un barbiere, qualcuna un fabbro altre un calzolaio. Si pensò anche che derivasse, per la sua somiglianza, da quello del maestro di una scuola lì vicino. Chiunque fosse, comunque, era una persona che sapeva leggere e scrivere, cosa rara a quei tempi e dotato di una vena satirica molto pungente. Alcuni versi, infatti, furono vergati anche dalla mano di Pietro Aretino
Pasquino dava fastidio soprattutto ai papi i quali cominciarono a pensare di eliminarlo. Non c’era vessazione, malefatta, stranezza clericale che Pasquino con la sua boccaccia non sbeffeggiasse. Pensate che per farlo tacere iniziò una “gara papale” alla sua distruzione. Adriano VI, che era un papa chiacchierato, fece la pensata di gettarlo nel Tevere ma fu fermato dai suoi cardinali che temevano una sollevazione popolare. Successivamente ci provarono Papa Sisto V e Clemente VIII ed anche loro dovettero desistere. L’ultimo, Benedetto XIII, fece sorvegliare di notte Pasquino e cosa accadde? Le pasquinate si moltiplicarono a dismisura: Il giorno la polizia strappava i cartelli e la notte… tac! Eccone di altri! Il Papa emanò, allora, un editto nel quale si contemplava la pena capitale, la confisca dei beni e l’infamia per chi fosse stato sorpreso ad affiggere cartelli sulla statua…ma il giorno dopo rieccoli là! Pasquino fu il vero accusatore degli eccessi della Corte papale.
Con la presa di Porta Pia, crollò il potere temporale dei papi e il nostro amico iniziò a tacere pur continuando a borbottare. Se ne accorse il Duce, quando accolse Hitler alla stazione Ostiense che era più posticcia che reale. Dovete sapere, infatti, che molti dei suoi pannelli in marmo, erano tavole di legno con incollate lastre che imitavano il travertino. In pratica la stazione era una selva di tubi innocenti, rivestita di legno. Una messinscena che, però, impressionò tutti gli astanti
Naturalmente, per l’occasione, al collo di Pasquino comparve il cartello:
“Povera Roma mia de travertino!
T’hanno vestita tutta de cartone
pè fatte rimirà da ‘n’imbianchino….” (Hitler era, infatti, un ex imbianchino)
Per chi volesse annusare l’olezzo delle pasquinate eccone alcune, vedrete che tenere non sono…
Olimpia Maldacchini fu donna ambiziosissima, traffichina e intima di Papa Innocenzo X al punto da essere soprannominata “la Papessa”. Quando fu edificata la Fontana dei Quattro fiumi con in cima un obelisco le fu affidata la supervisione dell’opera e Pasquino…
“Noi volemo altro che guglie e fontane
pane volemo, pane, pane, pane!
Questo obelisco in Campo d’Agone (piazza Navona)
eretto a spese d’innocenti,
Innocenzo lasciò all’eternità.
Santo Padre, non più puttane!
Pane, pane, pane, pane”
Epitaffio in morte di Adriano VI – Adriano Florensz (1522 – 1523)
“Papa Adriano è chiuso qui; egli fu un tristo.
Con tutti ebbe a che far, fuorché con Cristo”.
Epitaffio In morte di Paolo III – Pier Luigi Farnese (1534 – 1549)
“In questa fossa a guisa d’orinale
giace Paolo avar, Sandro scortese;
e tu viator, pisciagli addosso e vale”.
Si racconta che il cardinal della Genga avesse avuto, poco prima di diventare Papa, un figlio con la moglie del comandante degli svizzeri, (episodio, tra l’altro, citato nel film di Magni “In nome del Papa Re”)
Passando Della Genga, un forestiero
domandò: – Questi è il Santo Padre, é vero? –
Ma il capitan dei svizzeri che udì;,
rispose: – Santo no, ma padre, si! –
Epitaffio in morte di Leone XII – Annibale Della Genga (1823 – 1829)
(pare se la intendesse con i francesi invasori a Roma)
“Leon qui giace, detto Della Genga
superbo, avaro, fottitor palese
di cui si dice, e non é rar che avvenga,
Ch’italo nacque e che morì francese”.
Attenzione al doppio senso: morì francese perchè simpatizzante ma anche perché morì di “mal francese” cioè di sifilide.
Nel Dicembre 1846 fu ordinato cardinale monsignor Marini che aveva innalzato al grado di colonnello e capo della polizia Nardoni che era un ex galeotto e anche qui Pasquino…
“O Pio (Pio IX), che dirà Roma, che penserà lo Stato
se da un tuo primo parto,
un tristo mulo é nato?
Se il pianto basta a moverti per decorar bricconi
il nostro voto accogli: fa’ cardinal Nardoni.
E se maggior del popolo vuoi tu che sia la gioia
componi il più bel terno:
fa’ cardinale il boia!”
Ai nostri giorni, dopo il restauro di Pasquino, non è più possibile “attaccare” satire sulla statua o sul suo basamento perché qualche colto snob intellettualoide ha ritenuto allestire un’apposita bacheca ai suoi piedi quasi una sorta di contenitore di ex voto, dimenticando che il vero valore di Pasquino non è quello artistico ma il suo simbolo di libera espressione che si è insensibilmente voluta ingabbiare. A fine pezzo una mirabile citazione di Pasquino nel film, sempre di Luigi Magni, “Nell’Anno del Signore”.
Di Pasquino e pasquinate se ne può scrivere per ore ma non voglio tediarvi amici miei quindi vi saluto e passo ponte.
https://www.youtube.com/watch?v=QWdY1S0iuQg