AVEZZANO – Questa mattina Avezzano ha cessato di essere una città con un minimo di storia dietro, almeno quella dei cento anni dopo il terremoto, ed è diventa un non luogo, un agglomerato urbano anonimo, uno come tanti, una sorta di replica tipo la città dove si ambienta il film “Edward Mani di Forbice”, che riproduciamo dopo il titolo, e l’allusione pur non voluta è assolutamente pertinente.
Le motoseghe di De Angelis ed i suoi per realizzare il progetto “donato” alla città dallo Studio Tonelli, infatti, sono state azionate questa mattina dal Commissario Passerotti che ha così dato il suo via libera all’ultimo sfregio alla storia e all’identità di quella che un tempo si chiamava Avezzano. Uno sfregio che sa tanto di un voler cancellare per dimenticare una storia che forse non piace o che si ritiene poco esaltante.
Per gli avezzanesi, e per i tanti marsicani che quella Piazza del Mercato ricordano pullulare di voci, rumori, odori, sapori, giochi, urla, luci e volti a dir poco fantastici, invece oggi è un bruttissimo giorno, è il giorno del distacco dalla propria città, dal proprio “luogo”, dalla propria identità.
Nonostante le firme dei cittadini, gli interventi del Conalpa Abruzzo di Alberto Colazilli che ha anche presentato un ricorso a Ministero e Sovrintendenza, e Fai Abruzzo, di Verdi, Movimento Cinquestelle, consiglieri del Pd e alcuni civici della ex opposizione, pareri tecnici e proposte alternative, Il Commissario Prefettizio non ha voluto ascoltare ragioni, non ha accettato la sfida coraggiosa di sospendere quell’appalto e procedere ad un cambio di progetto, pur di fronte ad una perizia, da lui stesso ordinata, che accertava per tabulas che di quei sette alberi uno solo era in condizioni critiche. Nulla ha fermato quelle motoseghe e stamattina la sentenza è stata eseguita.
Giù gli alberi, giù la storia di una città, giù il volere dei cittadini, che in questi due anni sono stati vissuti come un fastidioso ingombro dall’ex sindaco e dalla sua Amministrazione, sfiduciata l’8 giugno scorso dal Consiglio comunale e proprio sotto la pressione della città, via l’identità di una popolazione risorta dopo un terremoto drammatico e devastante come quello del 13 gennaio 1915, via ogni traccia del passato. Largo al travertino da spiaggia, largo agli alberi di metallo e al tetto in plexiglas che trasformeranno Piazza del Mercato in un’isola di calore o, come l’abbiamo chiamata sin da subito, in Piazza Microonde. Un forno, un posto brutto da vedere, sinistro da tollerare, intollerabile da frequentare.
Il “non luogo” è servito, la “non città” si fa brutalmente largo, l’operazione di reset della memoria storica degli avezzanesi promossa dai vecchi amministratori ha avuto il placet che cercava. Se molti vorranno andarsene perché si sentiranno stranieri, se non addirittura ospiti, in quella che era casa loro e che adesso non riconoscono più, non si potrà far nulla se non comprendere che forse hanno pure ragione.
Un evento e una storia, questa che ha portato allo sfregio in Piazza del Mercato, che ci testimonia quanto poco conti la pubblica opinione di questi tempi. E su questo, forse, prima di andare a votare o di esprimersi in qualsiasi luogo e modalità, sarebbe il caso fare un’approfondita riflessione. Ricorderemo sempiternamente il Commissario Passerotti come colui che ha cancellato Piazza del Mercato e, con lui, tutte quelle associazioni ambientaliste, ecologiste e cittadine, sulle quali faremo appositi servizi nei prossimi giorni, che, in questi mesi si sono distinte soprattutto per assenza e silenzio che, come noto, in questi casi equivale ad un assenso clamoroso.
«Perdere il passato significa perdere il futuro», scriveva Wang Shu, architetto cinese di fama mondiale. Ed è ciò che rischia di accadere nella città di Edward Mani di Forbice.