ROMA – Lasciatecelo dire, il marchese del Grillo era un burino e con questo termine nell’Urbe sono identificati quelli della provincia romana o del Lazio.
Come precisato dall’Associazione Marchese Onofrio Del Grillo Fabriano: Il Marchese Onofrio Del Grillo nacque da Bernardo Giacinto e da Maria Virginia Possenti. Le famiglie di entrambi i genitori erano di nobili origini, iscritte al patriziato fabrianese almeno a partire dalla metà del XVII secolo. Palazzo Possenti era uno dei principali della città. Il nonno paterno di Onofrio fu invece uno dei tre nobili a fondare il primo teatro di Fabriano. Sua nonna paterna apparteneva inoltre alla famiglia Vallemani, sempre della primaria nobiltà fabrianese, famiglia i cui membri ebbero importanti cariche nella curia romana tra cui il cardinal Giuseppe Vallemani. Congiunto del nostro Onofrio. Pure la famosa frase del film omonimo non era sua ma tratta da una poesia del Belli intitolata: “Li soprani der monno vecchio”
Fabriano si trova nelle Marche, certamente il Marchese Onofrio non è nato a Roma, come attesta l’atto di battesimo redatto nella chiesa cattedrale di Fabriano, ma asserire fosse “burino” è quantomeno inesatto, considerato sia il suo rango, sia la provenienza, ben al di fuori del Lazio e dal perimetro della campagna romana.
C’era una vorta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st’editto:
«Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.
Lo stemma di famiglia Si laureò ad Urbino in legge e siccome la famiglia se la passava male al paesello, lo mandarono dallo zio paterno che sempre Bernardo si chiamava, ma soprannominato “Grillaccio” nel Rione Monti. Morto lo zio che gli lasciò tutti i suoi beni, divenne ricchissimo e fu ammesso nella corte pontificia come sediario cioè uno di quelli che portava in spalla il Papa quando era seduto sulla sedia gestatoria ma… non era titolare, era un soprannumerario, cioè una riserva. Papa Benedetto XIV gli conferì nel tempo il rango di marchese di Santa Cristina e conte di Portula. Ricoprì nell’Urbe la prestigiosa carica civica di Priore dei Caporioni e due anni più tardi divenne Conservatore. Ancora, però, non può annettere il cognome del Grillo al suo.
Lo poté successivamente quando sposò Faustina Capranica del Grillo, della quale “se magnò” (dissipò) tutta la dote. Se, passeggiamo per via Nazionale, scendendo verso Piazza Venezia, troviamo i Mercati di Traiano, famosi perché erano una sorta di centro commerciale romano e di lì vicino la Salita del Grillo che prende il nome dalla omonima famiglia che colà aveva la residenza. Il palazzo ha avuto i suoi trascorsi storici. Si tratta di una dimora seicentesca che comprende una antica torre medioevale. Fu acquistata nel 1675 dai del Grillo che la ristrutturarono aggiungendovi i beccatelli, che non sono un piatto tipico romano, ma una sorta di sostegno ornamentale. Nell’Ottocento il palazzo divenne proprietà di Nicolis de Robilant, mentre nel secondo dopoguerra ospitò lo studio del grande pittore Renato Guttuso.
Ancora per coloro che vogliono camminare, sempre vicino al foro di Traiano, c’è via Panisperna. Mi limito a dire che fu la sede dei “Ragazzi di via Panisperna” quel gruppo di giovani fisici (Oscar D’Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Bruno Pontecorvo) che collaborarono assieme a Enrico Fermi alla scoperta delle proprietà dei neutroni lenti, e alla realizzazione del primo reattore nucleare sperimentale: insomma l’era atomica iniziò là.
Torniamo a Onofrio del Grillo e devo subito darvi una delusione riguardo alla versione cinematografica: il film è stato ambientato in epoca sbagliata: quella napoleonica, infatti il nostro Marchese era già morto anni prima. Se vi viene voglia, fatevi una lunga camminata fino a via Giulia, visitate la chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini e nella prima cappella a destra, vi troverete la tomba del Nostro: deponetevi un fiore e potrete affermare di aver conosciuto il Marchese del Grillo. Onofrio del Grillo era un papalino convinto e nutriva un odio profondo per gli ebrei. Voglio raccontarvi alcuni aneddoti gustosi che sono parte leggenda e parte storia del Marchese (quello vero) .
Tutte le mattine, il nostro, vedeva passare sotto le sue finestre gli ebrei che andavano al lavoro e il Marchese non esitava a lanciare dei sassi contro quei malcapitati e ogni giorno molti ne uscivano malconci. Per tentare di porre fine alla cosa, il Rabbino Capo si rivolse al governo ed il marchese fu convocato dal Papa, che gli chiese di smettere:
il Marchese “Padre santo io nun je la faccio , qualcosa jela devo tirà pe’ forza!”-
Il Papa: “Allora se proprio je devi tirà qualcosa tiraje la frutta–
il Marchese: “La frutta… si, je tirerò la frutta”-.
Il giorno dopo il Marchese cominciò a tirare delle grosse pigne e quando le vittime gli gridarono che il Papa aveva assicurato loro che non sarebbero stati più bersagliati, il Marchese rispose: “No il Papa mi ha detto che potevo tirare solo della frutta, e questa frutta è, frutta de pino! “
Una volta, chiamò uno strozzino del Ghetto per vendergli dei quadri di gran valore (aveva debiti di gioco) che questi acquistò a poco prezzo.
Tempo dopo, per vendicarsi dell’essere stato “strozzato” convocò l’usuraio nel suo palazzo per vendergli ogni singolo pezzo di una sua lussuosissima stanza a soli 2 bajocchi l’uno e per rendere il tutto credibile, stipulò il contratto con il giudeo in presenza di un notaio. La vittima accettò immediatamente. Mentre controllava gli acquisti, lo strozzino, trovò nel cassetto di un comò migliaia di spilli e chiese: “Ma Marchese, anche gli spilli valgono come pezzi?” “Certo – rispose l’altro – tutto me devi paga’, du’ bajocchi a pezzo… comincia a conta’! A quel punto lo strozzino si accorse che tutti i cassetti della stanza erano pieni di spilli!!! La storia ebbe un seguito: una sera, una bella ragazza volle conferire con lui. Fattala entrare la giovane si rivelò essere la figlia dello strozzino distrutto e sull’orlo del suicidio a causa di quello “scherzo”; la giovane si voleva concedere a lui e pagare, inoltre, 1000 scudi. Il marchese del Grillo, in quel momento, mostrò la sua vera nobiltà d’animo e anziché approfittare della situazione, invitò la fanciulla disposta a sacrificarsi per salvare il padre, a rivestirsi e a tornare dal genitore. Poi prese il contratto, lo bruciò e disse:”Io nella mia vita nun vojo ave’ debbiti cò nissuno! “
Un ultimo aneddoto su quest’uomo a volte terribilmente eccentrico e altre fortemente dignitoso: fu invitato da un suo amico Lord inglese per una battuta di caccia alla volpe. Saputo della sua presenza in Inghilterra, la regina volle invitare il lord ed il marchese ad un ricevimento. I due nobili erano fuori città e rientrarono immediatamente nella capitale, ma s’era fatto tardi tardi. Dovettero prendere una decisione: o fare tardi al ricevimento presentandosi in abiti adeguati, o arrivare puntali, ma in abiti da campagna. Scelsero la seconda soluzione.
Arrivati a corte la regina e tutti gli altri nobili si scandalizzarono, quindi il Lord e il marchese tornarono al palazzo per cambiarsi e si ripresentarono al ricevimento accolti con tutti gli onori. Durante il banchetto il marchese prese le vivande con le posate e se le gettò sull’abito. Alla domanda degli ospiti allibiti su cosa stesse facendo rispose: “ero stato invitato, sono venuto ma avete detto che avevo le vesti inadeguate, sono tornato con le vesti adeguate e voi mi avete accettato. Significa che voi non avete invitato me, ma le mie vesti e quindi sto dando loro da mangiare”.
Per terminare: non è da scartare l’ipotesi che alla formazione della leggenda del marchese del Grillo abbiano contribuito la bizzarria e l’avarizia dello zio Bernardo assieme alla prodigalità e l’antisemitismo del nipote. Onofrio del Grillo, comunque, non fu quel buontempone che la finzione cinematografica vorrebbe far credere, ma incarnò il prototipo del patrizio romano papalino, spesso sprezzante del popolo, spesso crudele con gli ebrei. Vi lascio alla vostra meraviglia, ringrazio per l’attenzione, saluto e passo ponte.
Impossibile non pubblicare due citazioni del film.