COLLELONGO – “Ritorno a Itaca”, è stato questo il titolo dello spettacolo teatrale messo in scena ieri sera, domenica, a Collelongo.
In occasione dei festeggiamenti patronali, le classi ’69 e ’89 hanno creato un comitato per dare vita ai festeggiamenti.
Tra i tanti eventi, il più importante è stato, appunto, lo spettacolo “Ritorno a Itaca” con protagonista il famoso attore marsicano Lino Guanciale, con musica e regia di Davide Cavuti, prodotto da Stefano Francioni. Un viaggio, quindi, che parte da Itaca e attraversa le storie e i luoghi dei tanti personaggi famosi del teatro e del cinema, riportando all’interno emozioni, immagini e pensieri ed avendo come luogo comune il mare.
La nostra testata è riuscita, in via del tutto eccezionale, ad avere il permesso per una intervista con Lino Guanciale, che si è prestato a rispondere alle nostre domande in maniera del tutto semplice e spontanea, come un ragazzo che in quel momento ha svestito il ruolo di attore e si è messo in mezzo a noi per raccontarci le emozioni e le sensazioni che anche un uomo dello spettacolo è in grado di provare fuori dallo schema del palcoscenico.
Lino Guanciale, 40 anni compiuti da poco, ha una carriera ormai in crescita ed è sempre più difficile riuscire a contattarlo.
L’attore, ha recitato ieri, nel suo paese d’origine, Collelongo, dove ha trascorso maggior parte della sua infanzia ed è proprio da qui che inizia la nostra intervista.
DOMANDA: “Lino, cosa provi a recitare di fronte ai tuoi paesani, nel luogo in cui sei cresciuto?”
RISPOSTA: “In questo spettacolo parlo di molte cose che mi appartengono, del mio passato, di quando ero bambino e ragazzo. Nel racconto ricorre questo paese, quindi venire qui è come tornare dove hanno avuto inizio tante cose, forse da dove è cominciato tutto. Sicuramente è una serata speciale e nel corso degli anni, da quando ho cominciato a fare questo mestiere, sono venuto spesso a fare delle serate, però era da un po’che mancavo. Diciamo che da quando non sono venuto più c’è stata un’accelerazione nei miei confronti ed essere qui in questo momento della mia vita e della mia carriera ha un sapore e un significato particolare”.
DOMANDA: “Da che cosa e da dove è nata l’ispirazione di fare l’attore, anche se può essere una domanda un po’ retorica?”
RISPOSTA: “È difficile dire da dove parte. Io fin da quando ero piccolo sentivo l’attrazione per un certo tipo di cose, non sapevo bene che cosa avrei fatto da grande, ma sapevo che prima o poi avrei fatto un lavoro che mi avrebbe portato a contatto con le persone. Se non avessi fatto questo avrei fatto il medico. Ho iniziato tardi a recitare, poi a 19 anni, quando finalmente mi sono deciso, ho sentito che come stavo in palcoscenico non stavo da nessuna parte. Tutto sommato lo faccio ancora adesso perchè mi fa stare bene, per me è una passione innata”.
DOMANDA: “Ti abbiamo visto ripercorrere, in televisione, la terribile notte del terremoto di L’Aquila. Che emozioni hai provato a raccontare di quella immane tragedia?”
RISPOSTA: “È stata la cosa più bella che ho fatto per la televisione. Non sto dicendo che le fiction o le serie televisive che ho girato non lo siano state, perchè ho avuto la fortuna di fare sempre dei bei lavori, ho interpretato personaggi diversi con format diversi, dalla commedia al dramma, velati di striature paranormali, come ne La Porta Rossa, però quello per L’Aquila è stato un impegno dal sapore e dal senso unico. Si trattava del decennale. Io ero in Abruzzo, ad Avezzano, quando c’è stato il terremoto che ha colpito tantissimo i miei affetti, come di tutti quelli che vivono qui. Il terremoto, per chi è nato nella Marsica, purtroppo, significa moltissimo andando a ritroso con la memoria. Per me è stata l’esperienza di servizio pubblico più forte che abbia fatto. Abbiamo anche altre idee sullo stesso solco e credo che sia un dovere per la Tv di Stato fare programmi del genere. È stato un documentario che forse precedentemente non aveva avuto nessuna testimonianza. Era tutto centrato sulla vita e sulle emozioni dei ragazzi, ora giovani adulti, che hanno dovuto superare quello che è stata la notte del 6 aprile 2009. La cosa meravigliosa è stata incontrare loro, ricevo ancora oggi attestati di stima e complimenti per quel lavoro, ma quello che io dico sempre è che hanno fatto, davvero, tutto i ragazzi che si sono decisi, a dieci anni di distanza, a rivivere certe emozioni e regalare a chi ci ha visti e seguiti un pezzetto del loro percorso di vita che può essere utile a tutti conoscere”.
Il tempo a disposizione per chiacchierare con Lino Guanciale è passato in fretta, troppo in fretta, lo abbiamo lasciato a pochi minuti dall’inizio dello spettacolo. Ci siamo lasciati con una promessa, quella di rivederci presto. Mentre andava via, salutandoci e ringraziandoci con un abbraccio, siamo riusciti a strappargli un’ultima domanda, non prevista: “Lino, ti rivedremo in “Che Dio ci aiuti?”
RISPOSTA: “No, il mio personaggio non tornerà..presto mi vedrete interpretare il Commissario Ricciardi e, tra più o meno un anno, di nuovo l’Ispettore Cagliostro”.
Un ringraziamento particolare dalla nostra testata al Comitato Feste per la pazienza e disponibilità avuta nei nostri confronti.