ROMA – Chi viene a Roma, spesso è obnubilato dalle tante cose da guardare, dalle mille curiosità, dai tanti monumenti e musei per cui tentare di visitarla un po’ più accuratamente diviene impossibile e si va come tanti giapponesi a visitare San Pietro, Castel Sant’Angelo, il Colosseo, il Foro Romano, Fontan de’ Trevi (nella convinzione che sia del Bernini e invece è del Salvi), Piazza Venezia, via del Corso e la Bocca della Verità che anticamente altro non era che un tombino stradale (addio romanticismo). Chi ha più tempo fa una capatina a Trastevere, guarda le viuzze, non capisce perché il quartiere è famoso e se ne torna a casa dicendo agli amici: – Ho visitato Roma ! –
Vorrei, invece dare l’avvio ad una serie di percorsi alternativi tematici che vi permettano di vedere qualcosa di diverso o più interessante e inizierò dalla Tosca, proprio quella della lirica.
L’opera di Puccini si svolge nell’Urbe lungo un percorso reale e gli scenari che hanno fatto da corolla alla vicenda esistono e sono visitabili.
Tutti conosciamo la vicenda che è simile a quella della sceneggiata napoletana: c’è Isso, Issa e o’ malamente (Lui, Lei e il cattivo) nel nostro caso “lei” è la bella cantante Tosca innamorata del pittore Cavaradossi (lui) il quale oltre che a dipingere è un oppositore dell’occupazione francese e tenta di aiutare un ricercato a fuggire, cosa che gli risulterà fatale, infine il barone Scarpia (il cattivo), capo della polizia e follemente innamorato di Tosca, che morirà per mano della cantante (A questo punto chi sia il cattivo non si sa più).
Il libretto origina dal dramma omonimo di Sardou e ha luogo nella Roma occupata dai francesi. Tornando ai personaggi, alcuni sono esistiti: Scarpia fu ispirato dal giudice borbonico a Napoli Vincenzo Speziale che fece confessare, con uno stratagemma, un fraterno conoscente, poi spedito sulla forca, e Floria Tosca che ricorda un po’ la vita di Angelica Catalani, orfanella che poi diverrà cantante lirica.
Dopo questa sferzata culturale (non ve ne importa? Suvvia un po’ di cose nel nostro Tour bisogna pur saperle) veniamo a noi.
L’opera si svolge in tre località romane: Sant’Andrea della Valle, Palazzo Farnese e Castel Sant’Angelo. Dedichiamoci alla Basilica e quindi al primo atto.
Gambe in spalla fatevi una passeggiata per Corso Vittorio Emanuele II e arrivati in piazza Vidoni, eccola là. Probabilmente prende il nome dal Palazzo Della Valle che sorge accanto. La costruzione fu iniziata a fine Cinquecento dagli architetti Della Porta (che a Roma spunta ovunque, soprattutto quando si tratta di fontane), Grimaldi e Maderno.
Non troverete la Cappella Attavanti (dove, nell’opera, lavorava il pittore) ma la Cappella Barberini, cui Puccini, pare, si sia ispirato. Nella Basilica non si ambienta solo la prima parte dell’Opera ma anche il Te Deum che vede protagonista Scarpia. A proposito di Te Deum ho allegato il video del brano eseguito dentro Sant’Andrea della Valle tanto per dare l’idea del posto.
Lo svolgimento dell’opera continua e ci troviamo, nel secondo atto, a Palazzo Farnese e noi, a piedi, ci arriveremo!
Dal momento che ci troviamo davanti a Sant’Andrea della Valle, guardate che passeggiatina vi faccio fare ci vogliono cinque minuti: Percorrete Corso Vittorio fino a via dei Baullari, poi giù dritti attraversando Campo de’ Fiori dove potrete assaggiare i filetti di baccalà fritti (qui sono una specialità), omaggiare la statua del povero Giordano Bruno sul posto dove fu arrostito e proseguire per Piazza Farnese. Appena giunti, davanti a voi vedrete il palazzo da cui la piazza prende il nome e che è anche sede dell’Ambasciata di Francia. L’opera fu progettata da Antonio da Sangallo il Giovane per incarico del cardinale Alessandro Farnese (papa Paolo III), i lavori furono proseguiti da Michelangelo e dal Vignola. Per portarli a termine ci pose le mani l’onnipresente Giacomo della Porta che piazzò due fontane davanti al palazzo. A causa della sua forma il palazzo era chiamato “il dado dei Farnese” ed era considerato una delle “Quattro meraviglie di Roma”. Il palazzo fu poi proprietà del re Carlo VII di Napoli. Francesco II di Napoli, vi soggiornò dal 1860 al 1863, dopo la perdita del regno e lo subaffittò al governo francese che vi trasferì l’ambasciata che ancora sta lì.
Una informazione per coloro che avessero voglia, e fiato, per fare ancora due passi: nelle vicinanze, in via Capo di Ferro sorge Palazzo Spada, sede della Consulta. Chiedete al portiere e con una piccola mancia potrete ammirare uno dei più bei capolavori architettonici del Borromini: la galleria prospettica (se vi dico che la galleria è lunga un paio di metri ci credete? vedi foto).
Torniamo all’opera: a Palazzo Farnese, Scarpia incontra Tosca la quale gli promette di concedersi a lui a patto di ottenere salva la vita di Cavaradossi che, nel frattempo, era stato arrestato e stava per essere fucilato. Scarpia firma il salvacondotto e la bella Tosca lo manda a miglior vita quindi si reca a Castel Sant’Angelo dove il pittore era lì lì per tirare le cuoia a causa d’un plotone d’esecuzione.. (è possibile visitare gli spalti dove venivano fucilati i condannati). Prosegue l’opera e con lei la nostra passeggiata.
Arriviamo al terzo atto: è l’alba. Sui bastioni di Castel Sant’Angelo, Mario Cavaradossi sta per morire e scrive una lettera d’amore a Tosca che arriva all’improvviso e spiega a Mario la bagattella avvenuta con Scarpia e che la fucilazione è simulata (mai fidarsi… e infatti Cavaradossi viene fucilato veramente!); a pittore morto, Tosca, sconvolta e inseguita dagli sbirri che hanno trovato il cadavere del barone, grida “O Scarpia, avanti a Dio!” e si butta giù a capofitto dagli spalti del castello.
Castel Sant’Angelo si trova sul Lungotevere: non c’è bisogno di indirizzo. Camminando chiedete dove è il Castello a un romano e quello, meravigliato, indicando in avanti con un dito vi risponderà: – Sta Là! – . Questa sorta di comò posto a lato del Tevere, risale alla Roma imperiale: la sua costruzione fu iniziata da Adriano nel 125 a.C. che lo voleva come mausoleo funebre. Nel corso della storia la sua funzione si è più volte trasformata: Nel V secolo divenne una fortezza a difesa di Roma e dalla prima metà del X secolo utilizzato come prigione fino al 1901. Benvenuto Cellini e Cagliostro furono suoi ospiti. Oggi è un museo.
Una curiosità: dalla residenza del Papa in San Pietro, si snoda un lungo camminamento sopraelevato e fortificato che la collega a Castel Sant’Angelo: una specie di cordone ombelicale che prende il nome di “passetto”. Quando il Papa era in pericolo, lasciava le sue stanze, percorreva il camminamento e arrivava dentro Castel Sant’Angelo, quindi veniva tirato su il ponte levatoio e buona notte! Le fortificazioni, il fossato perimetrale e il Tevere sarebbero stati una buona difesa, ne sanno qualcosa i Lanzichenecchi.
Altra spigolatura: si racconta che il cardinale Decio Azzolino il quale, pare, avesse un filarino con Cristina di Svezia, le avesse dato buca ad un appuntamento a Villa Medici. La Nostra, per vendicarsi, si recò a Castel Sant’Angelo e fece fuoco con un cannone verso il luogo dell’incontro sfumato. Sul portone del palazzo ancora esiste una ammaccatura tondeggiante a riprova del fatto. Pare, inoltre, che la palla al centro della fontana antistante il palazzo sia proprio quella sparata dall’irascibile donna. Anche Benvenuto Cellini ci mise del suo e dagli spalti del Castello, con un colpo d’archibugio ben assestato, uccise il Principe D’Orange, che era d’all’altra parte del Tevere, durante il sacco di Roma. Queste sono alcune delle cose romane, spero vi siano state gradite e d’interesse ma ora mi accommiato e passo ponte. Un saluto.