TAGLIACOZZO – Suor Giuseppina Petronzio, suora della Carità, docente di letteratura straniera all’Università Orientale di Napoli, rimase per qualche anno a Tagliacozzo e qui si dedicò all’insegnamento degli allievi della IV^ e V^ elementare. Era il 1955.
Illustrando ai suoi giovanissimi allievi le opere di Giulio Verne, interrompendosi per un attimo, sospirò: “Un giorno non lontano l’uomo andrà sulla luna”. Quel giorno venne il 21 luglio 1969 con il primo passo sull’astro d’argento di Neil Armstrong. A distanza di soli quattordici anni, la profezia di suor Giuseppina si avverò. Di quello storico evento, oggi se ne parla con celebrazioni in tutto il mondo. Ma l’esplorazione spaziale, al di là dei grandi successi, è costellata anche di grandi tragedie.
La più grande, la più drammatica coinvolse lo Shuttle Challenger il 28 gennaio 1986. Una data che rimarrà impressa nella memoria di tutti. Alle 17,38 di quella fredda giornata invernale, si verificò la prima tragedia dello spazio. Si conoscevano a memoria le immagini delle sciagure stradali, si conoscevano gli incidenti dei treni, si conoscevano le catastrofi dei terremoti e dei mari. Si vide per la prima volta in diretta tv come era fatta una tragedia dello spazio.
Essa non fu nulla di più di un attimo che precipita. Fu un sospiro, un respiro, un brivido. Un silenzio uguale a un grido. La tragedia dello spazio in diretta tv fu sette persone tramutate in nuvola, in pulviscolo, in corrente d’aria che si pietrificò nel cielo. Tutto fu un calmo trasalimento in chi osservò quel video, un messaggio senza origine. La prima tragedia dello spazio in diretta tv fu stupore, freddo stupore che ridimensionò e fece capire che si è della Terra, sulla Terra.