Riconosciuta la piena prova e valenza legale alla posta elettronica semplice, alle chat sul cellulare, WhatsApp ed sms.
È un severo avvertimento quello diffuso ieri dalla Cassazione a quanti utilizzano sms ed email con disinvoltura, lasciandosi trascinare dalle emozioni e dalla foga: «Attenzione ai tasti che digitate: tutto ciò che scriverete potrà essere usato contro di voi». Difatti, anche se la legge non lo dice in modo espresso e chiaro, da oggi in poi sms ed email avranno piena efficacia di prova nel giudizio civile.
Potrà sembrare una cosa scontata a chi ritiene che non vi sia alcuna differenza tra una lettera di carta e un documento informatico fatto di bit. Eppure le nostre norme non si sono mai evolute ai tempi e il legislatore è ancora quello degli anni ’40 che, a malapena, si prefigurava la possibilità della carta copiativa. Nessuna disposizione del Codice civile regolamenta l’uso dei messaggini sul cellulare, le chat di WhatsApp o la posta elettronica. L’unico spazio è stato dato alla pec (la posta elettronica certificata), cui è stato riservato il trono della piena prova al pari – e forse oltre – della raccomandata con avviso di ricevimento.
Fino ad oggi, dunque, sms ed email sono stati considerati al pari di semplici riproduzioni meccaniche, un po’ come le fotografie. Ed allora, vai con le perizie per verificare se il testo era effettivamente quello partito da un dispositivo ed arrivato all’altro o per accertare se l’email era stata davvero ricevuta o non si trattava di un “falso informatico”. Per garantire questa genuinità della prova, la Cassazione aveva anche affermato che, chi vuol portare in giudizio un sms in un processo penale, non può limitarsi a far trascrivere il testo dei messaggini né a produrre i tabulati, ma deve addirittura consegnare lo stesso telefonino, con tutto ciò di personale che c’è dentro.
Ora, invece, arriva l’apertura. È di ieri la sentenza della stessa Cassazione con cui si afferma la piena efficacia nel processo civile di sms ed email.
La novità più inquietante – almeno per il tecnico del diritto – è che non sarà più chi ha scritto il messaggio a dover dimostrare l’invio e il ricevimento dello stesso (cosa che si faceva, ad esempio, mostrando la risposta che, tacitamente, confermava la lettura del testo), ma sarà il destinatario a dover provare, con elementi concreti e in maniera circostanziata ed esplicita, la non rispondenza con la realtà del testo. Cosa davvero difficile.
Il caso deciso dalla Corte è quello di un padre che aveva negato all’ex moglie il contributo per la retta dell’asilo nido del figlio per non aver mai autorizzato la spesa, circostanza, invece, sconfessata da un suo precedente sms con cui aderiva alla scelta.
Per la Cassazione, sia gli sms sia le email, infatti, hanno lo stesso valore di prova che il Codice civile attribuisce alle riproduzioni informatiche. Ma, rispetto alla regola generale, c’è una differenza sostanziale: è vero che è sempre possibile il disconoscimento di tali prove, ma ciò non comporta l’inutilizzabilità immediata del testo. Il diretto interessato deve dimostrare la non corrispondenza dell’sms alla realtà in modo puntuale e con argomentazioni convincenti (non mere formule di stile tipo “mi oppongo, Vostro Onore”); ed anche in tal caso, il giudice può comunque accertare tale corrispondenza anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (gli indizi). Lo stesso vale per l’e-mail: un documento elettronico che, anche se privo di firma, rientra a pieno titolo tra i mezzi di prova piena previsti dal Codice.
Attenzione quindi a ciò che da oggi si scriverà su tutti i mezzi informatici: se anche il legislatore non si è adeguato alla tecnologia lo sta facendo la giurisprudenza. E siccome la legge viene, in definitiva, applicata dai giudici è all’orientamento di questi ultimi che si deve far sempre riferimento per comprendere il diritto vivente.
(LaLeggePerTutti)