AVEZZANO – “Chimera di Aielli”, “Chimera dei Marsi” e scudi corazza: elementi di un passato che ha il sapore dell’ignoto, di quel che la storia o la sua consorella archeologia non son riuscite ancora a dipanare. Il Guerriero di Capestrano, in fondo, chi e come era? I Marsi orgogliosi della cui storia cosa sappiamo? Sono gli elementi misteriosi ed affascinanti del passato, lontano anzi lontanissimo, di una terra e di un popolo che, sovente, ignorano le proprie origini anche perché non vi è, forse, una vera ricerca su tali argomenti o se c’è resta incognita alla maggioranza, distratta, della popolazione.
La chimera (in greco antico: Χίμαιρα, Chímaira) è un mostro leggendario tipico della mitologia greca, etrusca e romana un po’ al pari di quello che la sfinge era per la mitologia egizia e babilonese (ed anche secondo quella greca come attestato da Esiodo), formato con parti del corpo di animali diversi. Esiodo, ancora, ne diede una descrizione diversa da quella posta da Omero, comunque della stirpe di Tifone ed Echidna, come l’Idra, Cerbero ed Ortro. Pare non fosse sconosciuta nemmeno agli Hittiti e, quindi, forse va ricondotta ad una base comune di miti sia semitici che ariani o indoeuropei.
Veniamo alla “Chimera dei Marsi”.
Un disco corazza trovato ad Alfedena (quello della figura che segue) riporta un disegno inciso che è di una figura che rimanda ad un qualche essere mitologico.
Kardiophilax sarebbe per disco o scudo corazza. Che sia una sorta di motivo figurato decorativo, fantastico, o le sembianze di una qualche creatura, la denominazione attribuita di chimera andrebbe quantomeno approfondita.
Lo si ritrova su analoghi esempi provenienti da Paglieta (CH) e dell’area antica dei Piceni. La datazione può essere alquanto incerta, ma l’area di interesse è assai estesa e comprende Alfedena, Paglieta (CH), Atri, Campovalano (TE), e Contrada Farina e Colle Fiorano a Loreto Aprutino, e Montebello di Bertona, e Castiglione a Casauria, e Nocciano- Catignano (PE), anche a Luco si ebbe un ritrovamento ma parrebbe fosse di epoca successiva agli altri e, quindi, ritenuto una contaminazione e ripreso forse dal disegno di Alfedena.
La sua origine, come elemento simbolico, non è chiara: si dice di derivazione etrusca ma c’è poi la stele di Guardiagrele che sembrerebbe suggerire una origine diversa, forse anche coeva o precedente ad altre stilizzazioni etrusche o sannite.
Si parla anche di una origine capenate (Capena e Capenati, città e popolazione italica in qualche modo connessa agli Etruschi), e nella figura successiva viene mostrata una evoluzione dal primitivo simbolo a quello dell’area fucense (come ben individuato da Giancarlo Sociali su testi di Grossi).
Nella figura che segue c’è il disco col simbolo ritrovato ad Aielli.
(Immagine tratta da un post di Giancarlo Sociali)
Il legame fra chimera e disco-corazza riporta in qualche modo alla simbologia regale, o comunque aristocratica e guerriera, anche se nel bellissimo esempio del Guerriero di Capestrano, nel suo disco-corazza, non vi è traccia del simbolo stesso. Secondo alcune ricostruzioni recenti, sulle quali sarebbe necessaria una più ampia riflessione, la figura del guerriero avrebbe tratti simili a quelle che avrebbero potute essere le forme tipiche dei guerrieri piceni.
I Piceni erano una popolazione italica che vide il suo fulgore fra il IX ed il III secolo a.C. insediata stabilmente nel territorio compreso tra i fiumi Foglia e Aterno, in un territorio quindi delimitato ad ovest dall’Appennino Marchigiano-Abruzzese e a est dalle coste bagnate dal Mar Adriatico. A nord furono in contatto con genti villanoviane, dalle quali forse in parte si orginarono. Il territorio piceno comprendeva quindi tutte le odierne Marche e la parte più settentrionale dell’Abruzzo, con possibili extraterritorialità in direzione sud a contatto col territorio dei Peligni o anche di genti sannitiche.
I Peligni erano un piccolo popolo italico di lingua osco-umbra, stanziatosi nel I millennio a. C. nell’area omonima della Valle Peligna, così come i Marsi erano una popolazione italica sempre dello stesso ceppo linguistico, stanziatosi nell’area del Fucino e dlela Marsica più o meno nello stesso periodo.
I Marsi parlavano un dialetto sabellico, varietà della lingua umbra (una lingua indoeuropea estinta), anche i Peligni parlavano un dialetto di pari origine, varietà però della lingua osca (lingua indoeuropea abbastanza simile al dialetto delle genti sannitiche di cui, forse, sopravvivono, reminiscenze linguistiche in taluni dialetti del Molise o dell’entroterra abruzzese.
Con il nome di Osco-umbri, o Italici in senso stretto, si indica un insieme di popoli indoeuropei stanziatisi a partire, forse, dal II millennio a.C., caratterizzati dall’uso di un insieme di lingue tra loro strettamente imparentate, ovvero le lingue osco-umbre (o “italiche”). Il termine Sabelli è usato, sovente, al popolo dei Sanniti così come pure all’insieme dei popoli osco-umbri (dei quali i Sanniti erano parte) o, in accezione impropria e generica, ai popoli italici indistintamente. Quel che importa è che avessero una sorta di origine comune, radicata anche nei riti e nelle concezioni religiose ascendenti, infine, alla “primavera sacra” dalla quale si originava, essenzialmente, la loro espansione anche demografica e territoriale. Tuttavia, questa origine comune si basa per lo più sulle fonti greco-romane, mentre invece potrebbero esistere delle differenze non ancora appieno valutate riguardo alla reale origine. Comunque, la simbologia e soprattutto gli accessori delle effigi indicano un comune sentire di base che sarebbe scomparso durante la “normalizzazione” romana.
Primavera sacra e una sorta di pantheon collegato alla terra e al complesso di divinità italiche, con il simbolismo della “chimera” che affonda le sue radici in quel complesso e misterioso mondo del sacro delle stirpi italiche.
Disco-corazza quale elemento distintivo nelle sepolture ma anche elemento delle dotazioni individuali dei guerrieri e l’animale fantastico quale elemento sia simbolico che dotato di significato apotropaico (ovvero di talismano protettivo contro le forse del male).
A ben guardare l’animale fantastico, appare difficile distinguerlo, ad esempio, dall’Idra di Lerna quale risulta in questa ricostruzione.
Resta il suo aspetto misterioso, così come al sua genesi, ed il suo significato simbolico.
Forse, per approfondire la interpretazione, sarebbe interessante trattare questo elemento simbolico come se fosse un grafo di Eulero, perché l’oggetto, la chimera, potrebbe avere un connotato topologico, tutto da scoprire…