Chi c’era e che cosa si è detto al convegno internazionale promosso dalla Fondazione Craxi.
Bettino Craxi, il 1989, l’Italia, l’Europa nel nuovo ordine globale. Il mondo che venne dopo. Ovvero, dopo la caduta di quel Muro, che lui ebbe l’intuizione per primo in Italia di picconare, “con la sua politica di aiuto ai dissidenti dell’Est” (ricorda Stefania Craxi, senatrice di Fi e vicepresidente della commissione Esteri di Palazzo Madama), ma i cui calcinacci, per un tragico e ingiusto paradosso, gli caddero addosso.
Pur essendo lui “dalla parte giusta della Storia”, osserva Nicola Carnovale, segretario generale della Fondazione Craxi che nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani ha dedicato un’intera giornata di studi ai 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino. E all’impulso “riformista”, riconosciuto dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati, che all’evento dette lo statista socialista. Lui che da “profondo conoscitore dei Paesi dell’Est”, mise il suo timbro sul “cambio”, ricorda Margherita Boniver, presidente della Fondazione Craxi.
Ma se il Muro di Berlino crollò trenta anni fa, determinando un nuovo ordine mondiale, un nuovo ruolo degli Stati Uniti, se nel frattempo si è passati dalla globalizzazione, dalla filosofia dei 90, in cui i “progressisti” prefiguravano come una sorta di politica rotonda nelle relazioni internazionali, alla contrapposizione di civiltà e infine alla filosofia delle identità, in Italia, per paradosso, sembra non esser ancora caduto nella sinistra post comunista il “Muro di Bettino”.
Nella tavola rotonda che conclude il convegno internazionale, ai cui microfoni si sono alternati studiosi e storici (Marco Gervasoni, che ne è stato il coordinatore storico-scientifico, Giovanni Orsina, Piero Craveri, Andrea Spiri, Lorenzo Castellani, Antonio Varsori, Giovanni Gozzini, Daniele Caviglia, Eugenio Capozzi, Roberto Chiarini), Piero Fassino, storico esponente del Pci-Pds-Ds, oggi Pd, riconosce il merito di Craxi che fu decisivo per far entrare gli ex comunisti nell’Internazionale socialista.
Riconosce che figura e ruolo dello statista socialista devono essere “rivisitati” contro certe “interpretazioni miserrime”. Ma, dando l’impressione di restare un po’ prigioniero di una certa “doppiezza” della lettura del duello a sinistra, non riconosce tout court che Craxi era dalla parte giusta della Storia. Parla invece dei “suoi errori” nel non capire, a suo dire, “la portata della svolta”.
Stefania Craxi rimette subito con “l’amico Piero” i puntini sulle i. E rimarca:”Craxi è stato attaccato, insultato, cacciato in esilio, perché intanto non incominciate a parlare voi dei vostri errori? Poi, certo parleremo anche di quelli di Craxi. E se ci sono colpe per le quali l’unità a sinistra non fu compiuta, credo che poche vadano ascritte a Craxi”.
Stefania denuncia poi “la stagione di odio di Mani pulite che non consentì le riforme necessarie al Paese e l’evoluzione a sinistra”. Un po’ a sorpresa riconosce il ruolo di Craxi nelle riforme economiche Mario Segni, proprio quel leader referendario contrapposto allo statista socialista: “L’Italia era gravata da un’inflazione a due cifre, Craxi con il decreto di S.Valentino dette una mano anche ai poveracci, a chi era più penalizzato dall’inflazione galoppante”. Cadrà definitivamente, per il ventennale della sua morte ad Hammamet, a 65 anni, il prossimo 19 gennaio 2020 anche il “Muro” di Bettino?
di Paola Sacchi