AVEZZANO – Avezzano, ore 13,30 di domenica 16 giugno 2019 d.C..
Mi trovo a camminare su via Vidimari, in direzione del Castello, con al seguito i miei due cagnolini, Blackie e Stella, e così arrivo in quel “luogo”, quello che è davvero la sopravvivenza di “…ciò che c’era e che è rimasto…”.
Parlo di Piazza San Bartolomeo, ovvero dell’antico Centro Storico della Città che divenne invisibile il 13 gennaio 1915 dell’era cristiana.
Nelle immagini c’è forse solo una pallida eco dell’atmosfera nella quale, anche solo per qualche momento, mi sono immerso per fuggirne via subito dopo!
Questa Piazza dovrebbe essere la Memoria Storica di quel che c’era e invece è solo una desertitudine assolata, una pietraia che ricorda più il Carso che quel che resta di una Chiesa Cattedrale e degli altri edifici. Sono lontani i tempi del Sindaco Spallone sotto l’imperium del quale furono effettuati scavi e sistemazioni… In fondo c’era un altro clima e anche un’altra Soprintendenza.
Mi chiedo cosa resti della Memoria del Terremoto 104 anni dopo!
Ora so per certo che le cosiddette celebrazioni sono solo state le celebrazioni di chi le ha fatte perché, in fondo, alle nuove generazioni non è stato lasciato nulla altrimenti, questo luogo, sarebbe sacro come Redipuglia!
Ma per i distratti cittadini (in minuscolo per ovvietà) e per gli ancor più distratti politici locali (in minuscolo per necessità), intenti solo ai loro affari ed alle loro vicende elettorali passate, presenti e future, questo è il minimo.
In fondo, per il Centenario cosa c’è stato? Eventi, libri, spettacoli e poi nulla più! Solo celebrazioni ma nessuna vera memoria trasferita a chi verrà dopo di noi…
Ed alla fine come, nella Canzone di Piero, Cara Avezzano del Passato: “…Dormi sepolta in un campo di grano – Non è la rosa non è il tulipano – Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi – Ma sono mille papaveri rossi…”.
Dedicato a “Quelli che ci furono”, a “Quelli che rimasero sotto le macerie e furono obliati per sempre”, a “Quelli che sopravvissero e ricostruirono” e, se non spiace, a Nonno Ezio che dopo aver perso la famiglia sotto le macerie, la ricostruì nuova e rischiò anche di perderla di nuovo sotto un mitragliamento del ’44: a Tutti Loro perché furono e sono Grandi, gli altri no, se volete anche chi scrive: noi non sappiamo tramandare la Memoria…