AVEZZANO – Prendendo spunto da un intervento su FB di uno scrittore siciliano quale è Giacomo Cacciatore (al margine del suo ultimo libro “Piccola Italiana” edito da Fernandel), è scaturita la riflessione che segue.
Io credo, se Giacomo Cacciatore mi permette, che il problema di questo nostro paese (volutamente in minuscolo) sia la incapacità storica di fare i conti con la storia, di chiuderli facendo un bilancio definitivo. Il fascismo, come fenomeno politico e di regime che ne seguì, nasce come movimento rivoluzionario al margine del grande assembramento socialista e mutò poi le sue tendenze, legandosi al mondo degli agrari e degli industriali, in conseguenza di quel che fu il contesto tra il 1919 e il 1922, ovvero la crisi della classe politica liberale (con le storiche Destra e Sinistra dell’epoca) in conseguenza anche della deflazione e della crisi economica del dopoguerra che sarebbe sfociata in quella più mondiale del 1929.
Sotto questo punto di vista, il fascismo con la sua ascesa del ’22 e la sua assunzione del potere nel ’26 e tutto quel che seguì, compreso il ritorno alla faccia repubblicana e presunta-rivoluzionaria di Salò, costituiscono un fatto storico e politico che ha suoi propri aspetti che sono legati ad un contesto sociale e storico ben precisi. Piazzale Loreto e prima Dongo, nelle intenzioni di una certa parte del CLNI, avrebbe dovuto chiudere ogni discorso e cancellare la memoria stessa del fascismo del ventennio, in realtà non chiuse nulla semmai lasciò aperto tutto. Però, il neofascismo degli anni di piombo, pur cercando degli agganci col passato non ne riuscì mai a creare proprio per una differenza di contesto storico e sociale che ne rendeva impossibile una formulazione ideologica di una qualche sostanza.
Quello che oggi si tende a chiamare fascismo, pur sempre condannabile, ho l’impressione che sia una svolta totalitaristica di ben diverso spessore nel quale la socialità ha ben poco a che vedere con quella del ventennio. Mi sembra più una svolta di dittatura plutocratica ed aristocratica che trova agganci nella finanza o nella sua negazione, ma che con il fascismo sansepolcrista ha ben poco a che vedere, così come pure con quello marxistico del ’22 o stabilizzatore del ’26. Il discorso del razzismo non mi sembra agganciarsi alla questione delle leggi razziali che ebbero, purtroppo, ben diversa ed ignobile motivazione di bassa lega per giunta (il miraggio dell’allineamento alla Germania – volutamente in minuscolo – hitleriana), mi sembra invece legato alla stessa svolta di cui sopra però in forma tesa a creare una legittimazione fondata sullo scontento per creare e costruire il consenso. Io non farei dono al tentativo totalitarista ed intransigente attuale della patente di fascismo perché questo potrebbe portare a non vedere la pericolosa sutura in atto fra finanza, potere e quella che un tempo sarebbe stata l’aristocrazia sociale o quella del denaro. Poi non dimentichiamo che, se questi di cui parliamo stan finendo nelle stanze dei bottoni, è a seguito di una incapacità degli altri di comprendere lo scontento: in questo mi sembra che la cosiddetta opposizione abbia proprio la faccia del governo Facta e questo, sinceramente, mi spaventa proprio…
Il Ventennio con i suoi fasti, le sue coreografie, gli scenari e la retorica, anche piccolo-borghese, non ha molti agganci con l’attualità, semmai è il volerla far apparire tale che può essere un problema perché maschera le caratteristiche del nuovo fenomeno totalitaristico, incentrato, semmai, sulla bulgara ripetizione della costruzione del consenso operata con tutti i mezzi e, soprattutto, con i social network sui quali viene anche esperita la prova di forza per far tacere l’avversario coprendolo di insulti e con la minaccia del “bannamento”.
Veniamo infine al libro di Giacomo Cacciatore che va letto perché il richiamo della “Piccola Italiana” e di sua madre, forse ancor più “piccola”, è quello dei minimi, dei piccoli che possono essere schiacciati facilmente dalla gran macchina della politica e della retorica in questo mondo dove conta solo l’avere piuttosto che l’essere e quella illusione somma che è il potere che, alla fine, non aggiunge neanche un solo secondo alla vita dei cosiddetti potenti!
In quella firma, “una madre disperata”, riecheggia tutto il mondo di quelle donne che sono sempre state in qualche modo oppresse e sfruttate ed il dolore per l’abbandono dei figli oltre al dover sopportare quasi un’onta per quanto accaduto. È anche un canto sulla vita che deve proseguire nonostante tutto…