AVEZZANO – Lunedì 6 maggio 2019, ore 3,45, un’ambulanza giunge al Pronto Soccorso dell’ospedale “SS. Filippo e Nicola” di Avezzano con un paziente anziano, con probabile “codice giallo”, che avrebbe la possibilità di trasformarsi in “codice rosso” (paziente con insufficienza cardiaca e difficoltà respiratorie – sospetta polmonite anche incipiente).
Poco prima è giunta una persona anziana con frattura scomposta del femore. Nella sala d’attesa ci sono meno di venti persone, nel corridoio interno del Pronto Soccorso ci sono due persone e ognuna delle tre sale di emergenza è occupata. Sembra ci sia un solo medico in servizio più i due medici del 118. La postazione del triage è sguarnita. Nelle salette interne del Pronto Soccorso ci sono circa venti persone (se non di più) che sono in attesa di un posto letto per il ricovero presso uno dei reparti. Alcuni sono in attesa addirittura dal giorno 3 o 4 maggio in condizioni assolutamente innominabili.
L’Obi (pseudo-reparto annesso al Pronto Soccorso destinato alla cosiddetta Osservazione Breve Intensiva) è pieno. Alle ore 8 giungono le prime segnalazioni che dei posti si stanno liberando o sono stati liberati ma nessuno prima delle 12 verrà inviato al reparto e qualcuno dovrà attendere le 16, nonostante fosse stato chiamato, al reparto, già da più di 4 ore. Alle 8 hanno preso servizio i medici del giorno e sono arrivati anche i rispettivi infermieri. Manca, però, un controllo della situazione altrimenti ci si sarebbe accorti che il “tasso di servizio” è stato superato dal “tasso delle richieste di servizio”, e il sistema non è solo “in coda infinita” ma è addirittura “in blocco” secondo i parametri definiti in un precedente articolo. A qualcuno viene fatta la proposta: “Ci son posti liberi all’Aquila o a Castel di Sangro…” Ogni commento è superfluo: molti pazienti sono anziani e esistono problemi per i parenti per seguirli. Uno si avvia alla Immacolata di Celano, solo perché un primario di là si è adoperato a cercare una sistemazione, sia pur provvisoria.
Al mattino dopo, sentiamo un dirigente del Pronto Soccorso che parla di “cronicizzazione” quale problema. In un dizionario medico (Treccani) leggiamo: “cronicizzazione-Passaggio di un quadro morboso allo stato cronico, dopo una precedente fase acuta e/o subacuta. La c. di una malattia è caratterizzata dall’assenza di prospettiva di una reale e completa guarigione e dalla necessità di instaurare tutti i presidi terapeutici atti a evitare il ripresentarsi della malattia in forma acuta…” e sfugge cosa abbia voluto intendere con una frase che sembra una enunciazione più tipica della politica che della scienza.
Un altro dirigente medico di un reparto riflette su quanto accaduto al PS e asserisce: “…il problema è che l’affluenza al PS aumenta per effetto del fatto che i medici di base inviano al PS per afferire poi alle visite specialistiche in maniera gratuita… Basterebbe far pagare le prestazioni ed il problema sarebbe risolto…“.
C’è stata, in questa primavera, un recrudescere del freddo e molti pazienti anziani hanno avuto ricadute dei loro malanni, tra influenze e altro e questo può essere indubbio. Tali patologie accanto a quelle loro già in atto e con caratteri di cronicità non han fatto altro che peggiorare le cose e da qui l’afferenza al Ps in condizioni anche di palese emergenza grave alle volte. Ma come risponde la struttura? In un precedente articolo abbiamo già stabilito che il problema dell’affollamento del Ps, al di là dei numeri reali di accessi, è legato alla sua gestione, infatti, se mentre si stanno stabilizzando tre pazienti, alcuni in attesa di invio/trasferimento/dimissione venissero trattati amministrativamente, operando per l’appunto il loro trasferimento, l’affollamento diminuirebbe migliorando l’efficienza e la disponibilità di servizio della struttura del Ps.
Se poi fosse necessario ampliare l’Obi perché non farlo, ma soprattutto perché non ridare un Primario al Ps e perché non affiancarlo con un esperto di gestione del servizio che possa effettuare le valutazioni sulle azioni da intraprendere per sfollare il sistema, diminuendo le attese inutili che servono solo a paralizzarlo? Ma non è finita, ci sono altri problemi: mancano i posti letto nei reparti e questo per le riduzioni operate in passato da azioni manageriali e politiche di dubbio valore e soprattutto errate e lo abbiamo già detto!
Resta un’altra cosa da valutare: giovedì 9 maggio una paziente si reca al reparto oncologico per una visita di controllo. Il medico indica quale controllo futuro la metà di ottobre. La paziente deve eseguire per controllo una mammografia, una ecografia ed alcuni altri esami e quindi riceve dal medico tutte le prescrizioni e le ricette e le impegnative. Si reca al Cup per prenotare quanto necessario per tempo e qui le dicono che prima di febbraio 2020 non ci sono posti liberi per i richiesti esami… Ecco, credo che questo risponda a tutti gli slogan e a tutti i paradigmi! Che senso hanno i master ed i corsi di aggiornamento del personale medico se poi questa è la situazione del sistema? Abbiamo chiesto a residenti a Modena e Reggio Emilia quale sia lo stato di efficienza degli ospedali di lassù: non aggiungiamo nulla per non cadere nel luogo comune, visto che lì le cose vanno in maniera assai diversa. La Nazione è la stessa è solo la Regione che è diversa?