MAGLIANO DEI MARSI – “Venuto da molto lontano a convertire bestie e gente, non si può dire non sia servito a niente perché prese la terra per mano, vestito di sabbia e di bianco, alcuni lo dissero santo per altri ebbe meno virtù, si faceva chiamare Gesù”. Nell’iniziare questo articolo in cui descriveremo la figura di Cristo nelle fonti letterali, le parole del grande poeta Fabrizio De André ci aiutano molto nell’affrontare questo viaggio.
Tutti noi, credenti oppure no, pensiamo che Gesù Cristo abbia avuto un ruolo di rilevanza storica all’interno della storia dell’uomo. Ma ci sono testi, non religiosi oppure reperti archeologici che attestino la veridicità della figura del Cristo? Ci sono ed in questo articolo descriveremo tre interessanti punti: il primo riguarda il rinvenimento archeologico dell’iscrizione di Nazareth, nel secondo punto le parole dei storici romani dell’epoca ed il terzo punto è in relazione al rinvenimento della Croce ad opera dell’imperatrice Elena.
Siamo nel 1878 quando l’archeologo tedesco Wilhelm Fröhner acquistò una lastra di marmo 24×15 centimetri in cui erano impresse 22 righe in lingua greca. Dalla traduzione ne usciva un editto in cui si condannava chi oppure coloro che asportavano cadaveri dai sepolcri. Possiamo leggere infatti: “[…] Piace a me che i sepolcri e tombe, di qualsiasi tipo, che furono fatte per la devozione per i genitori o (per la devozione) dei figli o dei familiari, queste rimandano indisturbate in perpetuo. Qualora qualcuno legalmente denuncia persone che hanno distrutto, o hanno in qualsiasi modo sottratto chi vi sono stati sepolti, commettendo un crimine contro di loro, o hanno spostato pietre sepolcrali, contro queste persone, ordino che venga istruito un giudizio, a protezione della pietà dei mortali, alla stessa stregua delle pratiche religiose rivolte alle divinità […]”. Esplicitamente, tale testo non fa riferimento diretto alla figura di Cristo, però ci da un ottimo punto su cui partire: ovvero, l’episodio della Resurrezione è stato toccato anche dalla legge romana. Tale iscrizione è soggetta ancora allo studio degli storici e degli archeologi.
Molto emblematico è il caso della figura di Gesù Cristo nelle fonti storiche dell’epoca. Storici come Svetonio e Cassio Dione non descrivono mai la figura stessa del Cristo, mentre Tacito e Giuseppe Flavio danno un resoconto interessante sulla figura storica di Gesù. Nelle Vite dei dodici Cesari parlando del regno dell’imperatore Claudio, Svetonio scrisse: “Dato che i Giudei, istigati da Cresto, provocavano costantemente dei tumulti, li espulse da Roma”. Mentre Cassio Dione, nella Storia Roma, cita un comportamento molto più rispettoso nei confronti di coloro che si professavano cristiani. Viceversa, Tacito nel libro XV capitolo 44 dei suoi Annales attribuisce la colpa delle ripetute sollevazioni in Giudea al comportamento improprio di Ponzio Pilato: “L’autore di questa denominazione, Cristo, sotto l’impero di Tiberio, era stato condannato al supplizio dal Procuratore Ponzio Pilato; ma, repressa per il momento, l’esiziale superstizione erompeva di nuovo, non solo per la Giudea, origine di quel male, ma anche per l’Urbe, ove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose”. Il caso dello storico Giuseppe Flavio è molto interessante perché ci dà una descrizione diversa della figura del Cristo. Nella sua opera Antichità Giudaiche nel capitolo XXVIII nei passi 63-64 troviamo scritto: “Vi fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, e attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei greci. Questi era il Cristo. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani”. Forse è tra le prime attestazioni storiche, non cristiane, nel raccontare i fatti della Passione.
L’ultima tappa del nostro viaggio lungo il sentiero della storicità del Cristo, ci porta al caso del ritrovamento della Vera Croce. Siamo introno al 340 d.C , quando Elena madre dell’imperatore Costantino si recò in pellegrinaggio in Terra Santa: ma nel luogo in cui era avvenuta la crocifissione del Cristo sorgeva un tempio pagano. L’imperatrice lo fece distruggere e sotto le fondamenta vennero rinvenute tre croci: qual era quella di Gesù? Il vescovo e storico Teodoreto di Cirro nel capitolo XVII della Storica Ecclesiastica ci fornisce il racconto. “Quando l’imperatrice scorse il luogo in cui il Salvatore aveva sofferto, immediatamente ordinò che il tempio idolatra che lì era stato eretto fosse distrutto, e che fosse rimossa proprio quella terra sulla quale esso si ergeva. Quando la tomba, che era stata così a lungo celata, fu scoperta, furono viste tre croci accanto al sepolcro del Signore. Tutti ritennero certo che una di queste croci fosse quella di nostro Signore Gesù Cristo, e che le altre due fossero dei ladroni che erano stati crocifissi con Lui. Eppure non erano in grado di stabilire a quale delle tre il Corpo del Signore era stato portato vicino, e quale aveva ricevuto il fiotto del Suo prezioso Sangue. Ma il saggio e santo Macario, governatore della città, risolse questa questione nella seguente maniera. Fece sì che una signora di rango, che da lungo tempo soffriva per una malattia, fosse toccata da ognuna delle croci, con una sincera preghiera, e così riconobbe la virtù che risiedeva in quella del Signore. Poiché nel momento in cui questa croce fu portata accanto alla signora, essa scacciò la terribile malattia e la guarì completamente “. Diciamo che l’imperatrice Elena fu la prima archeologa biblica della storia umana.