AVEZZANO – “Il ruolo della donna nella Grande Guerra”: è stata l’interessante ed affascinante conversazione tenuta dal generale Vero Fazio, venerdì scorso, nei locali della parrocchiale della Madonna del Passo, ad Avezzano. Organizzato da “L’Arca onlus Avezzano” e presentato dalla professoressa Rossana Petricola, il tema della serata ha visto la partecipazione di un folto pubblico che ha letteralmente gremito l’ampio salone parrocchiale.
«Lo scoppio della guerra rappresentò un passo molto significativo verso l’indipendenza della donna; con la partenza degli uomini per il fronte, alla donna spettava il compito di allevare da sola i figli e di prendersi cura dell’abitazione, ma soprattutto di sostituire gli uomini in tutte quelle attività che fino ad allora erano state prerogativa esclusivamente maschile», così la prolusione del generale Fazio.
E poi, piano piano, ecco emergere determinanti figure femminili che spesso (o quasi sempre) i libri di storia ingiustamente ignorano.
«Molte lavoravano nelle città, come telefoniste e conduttrici di tram o negli uffici della posta militare – sottolinea il generale nella sua conversazione – oltre al lavoro, si impegnavano in attività di beneficenza e assistenza ai soldati, in organizzazioni volontarie di soccorso e nella cura di feriti e ammalati».Il numero delle donne che svolgeva lavori in fabbrica crebbe moltissimo: nel 1918, in Italia, le donne rappresentavano un quarto della manodopera negli stabilimenti ausiliari di Torino, il 31% in quelli di Milano, l’11% a Genova e il 20% in quelli non ausiliari della stessa città. Le lavoratrici e le donne più povere della classe media erano addette ai lavori più faticosi. Nel settore industriale e commerciale esse lavoravano in condizioni spaventose, a causa dell’abrogazione del riposo domenicale, del mancato pagamento degli straordinari e dell’aumento delle ore di lavoro fino a tredici giornaliere: fattori che moltiplicarono gli incidenti, le malattie e gli aborti spontanei.
Poi, Vero Fazio si sofferma anche su le tante donne rimaste vittime. La conversazione si chiude con la storia del milite ignoto, con la popolana, Maria Bergamas, originaria di Gradisca d’Isonzo, per di più madre di un disperso irredento.
«Dopo l’aspersione, la donna scelse la bara del Milite Ignoto tra le campane, gli spari a salve delle artiglierie e le note della Leggenda del Piave suonata dalla Brigata Sassari. Sorretta da quattro militari, teneva in mano un fiore bianco che avrebbe dovuto gettare su una delle undici bare ma, davanti alla seconda, prese il suo velo nero e lo appoggiò sopra, decretando così la sua scelta».
Una gran bella serata, emozionante, di storia ai più sconosciuta.