AVEZZANO – Spesso la critica trascura i più piccoli, ovvero quelli che sono artisti minori o artisti, per così dire, in “erba” almeno al momento! Ma già lasciano presagire un futuro diverso, sulla sola base di caratteri e capacità, talora solo adombrate, ma che eppure l’occhio attento sa scoprire e mettere in risalto!
È questo il caso di un piccolo gruppo di giovanissime artiste tra le quali figura Danila Marmotta, diplomata recentemente al Liceo Artistico “Vincenzo Bellisario” di Avezzano. Lei ed altre due giovani promesse, ovvero Mariangela Leone e Mariacristina Frasca sono alla Wowgallery a Penne, in provincia di Pescara.
Dalla presentazione della mostra si legge: “…L’orrore, la violenza e la sofferenza sono parte della memoria collettiva. Il dolore iconico delle opere dei giovani artisti simboleggiano quello che loro non vogliono, il loro ideale negativo. Cambiano le visioni, cambiano le tecniche raffigurative e i soggetti ma rimane un comune fil rouge che lega le sei opere: l’umana sofferenza inflitta dall’uomo all’uomo…” Un tema dunque di grande impegno ed importanza che merita di sicuro un approfondimento.
Ecco alcune delle immagini che descrivono l’esposizione.
Di Danila Marmotta
Mariangela Leone
Mariacristina Frasca
Veniamo ora a quello che è un approfondimento critico. E partiamo proprio da una analisi dei particolari. Nell’immagine del viso dietro la rete, ecco che nell’occhio c’è un riflesso…
Il riflesso di una persona, stampato sullo specchio della pupilla… Si tratta di una persona, forse una donna, una madre… Tiene le braccia incrociate, il viso leggermente piegato sulla sua destra, forse è seduta e comunque la posa suggerisce una sorta di dolorosa rassegnazione. Tramite l’analisi di questo piccolo particolare, che può sfuggire ad una prima analisi, possiamo rintracciare un primo elemento stilistico importante, ovvero la cura del dettaglio, tipica della fotografia e che qui si intreccia con l’iperrealismo della pittura, ovvero in quel “nel reale oltre il reale” che fu il detto del manifesto iperrealista (basterebbe ricordare la mostra omonima al CIC tra anni ’70 e anni ’80). Ma c’è di più, in quell’occhio inquadrato entro il rombo del tratto di rete c’è la rappresentazione proprio dell’elemento fotografico principale, ovvero l’occhio nel mirino che scruta il mondo per fissarne l’immagine, e l’immagine in questo caso è quella figura minima di donna che compare entro l’occhio, come sarebbe ad apparire sulla pellicola d’un tempo o sul sensore di oggi.
Danila Marmotta si situa quindi, in questo momento, su quella frontiera dove fotografia e pittura riescono ad incontrarsi, non tanto nella opposizione delle tecniche, ma piuttosto nel dialogo delle modalità espressive e, soprattutto, della capacità di cogliere il particolare. Lo stesso tema di colore impiegato, chiaroscuro e bianco e nero, getta un ponte tra fotografia e pittura riuscendo così a cogliere della realtà riportata l’elemento riflessivo più che descrittivo. C’è da interrogarsi su quella piccola figura che compare come particolare del quadro: forse un ricordo? Oppure una piccola fissazione di qualcosa che sfugge in genere agli altri, ovvero che intorno a noi ci sono gli altri con le loro storie… Sono altri che stanno oltre la rete, oltre ogni rete, separati più dal nostro egoismo e dalla nostra superficialità e dalle convenzioni di una società che, pur avendo condannato l’apartheid lo pratica, diversamente, a tutto spiano…
Il messaggio di “Water” appare in qualche modo duale…
Duale, ma è anche una citazione! Quelle gocce di acqua che scivolano giù per il viso del bambino confondendosi con le sue lagrime, non riecheggiano forse le gocce di pioggia che scivolano sul viso di Roy Batty nell’epitaffio, nell’epilogo dei “Blade runner”, dove la caduta degli angeli fiammeggianti avviene sotto il brusio sgocciolante di quelle lagrime che si mischiano alla pioggia nell’istante ultimo di una umanità mutata che, tuttavia, ha un che di effimero, così come è della gioia in un mondo dilaniato dalla “globalizzazione dell’indifferenza” (Francesco I, papa, a Lampedusa).
Colpisce in Danila Marmotta la linearità del tratto che pure si arricchisce di elementi e spunti assai profondi e meditati