AVEZZANO – In occasione della solenne festività di San Giuseppe, il vescovo di Avezzano mons. Pietro Santoro presso la parrocchia di San Giuseppe Artigiano in località Caruscino, ha celebrato una santa messa per il mondo del lavoro. La chiesa era gremita di lavoratori e lavoratrici di diversi settori e di gente comune. Già nel saluto iniziale il vescovo di Avezzano ha voluto porre l’attenzione alle giovani generazioni che con fatica si affacciano nel mondo del lavoro.
Nella prima parte dell’omelia, il vescovo ha ricordato la visita di papa Giovanni Paolo II nel territorio di Avezzano e della Marsica e di come anche le mani di Cristo sono state mani di un lavoratore. Inoltre, ha riportato le meravigliose parole di papa Francesco sul denaro e sul lavoro. «Ricollegandomi dentro la memoria del cuore, desidero con voi ricordare un evento passato, accaduto nel settantesimo anniversario del terremoto, che ha devastato la nostra terra. L’evento è la visita del Santo Padre San Giovanni Paolo II qui in Avezzano e nella Marsica, tanti di voi la ricorderanno. In quella occasione, il Santo Pontefice pronunciò parole di alto magistero sociale, alcune di esse desidero ricollocarle in questa nostra assemblea. Disse allora il papa: “La chiesa dei Marsi ha un lungo passato, qui giunse l’annuncio del Vangelo fin dai tempi immediatamente successivi a quelli apostolici, qui la fede mise radici profonde, qui la fede persevera vigorosa ancora oggi. Ma la chiesa che vive ed opera in questa comunità faccia sentire, più fattivamente la sua presenza, non solo nell’azione evangelizzatrice ma anche nelle opere di carità e di solidarietà affinché le autorità civili sappiano sviluppare sempre più e sempre meglio il loro impegno, proprio promuovendo la dignità dell’uomo e un posto di lavoro sicuro, soprattutto per i giovani che aspirano a un primo impiego. L’uomo non può essere trattato come uno strumento di produzione, la chiesa proclama il primato dell’uomo nei riguardi del lavoro. L’uomo non deve essere uno schiavo, ma padrone del proprio lavoro, deve vedere rispettata nel lavoro la propria dignità”. Nella luce di queste parole di San Giovanni Paolo II, e dinanzi alla santità esemplare di San Giuseppe lavoratore noi questa sera, non soltanto riaffermiamo la dignità del lavoro come cooperazione alla custodia del creato; non soltanto la dignità del lavoro come motore di trasformazione sociale e civile, ma riaffermiamo anche la dignità delle donne e degli uomini che lavorano. Gesù, Dio incarnato nella nostra storia, non dimentichiamolo, ha lavorato con mani di uomo nella famiglia di Nazareth: santificando il lavoro, assumendo la sua divinità dentro l’umanità. Dio fatto uomo, ha reso possibile che le mani, l’intelligenza e il cuore di ogni lavoratore siano le stesse mani e la stessa intelligenza di Gesù Dio incarnato. Carissimi, costruire una società dove il lavoro sia assicurato a tutti, non deve essere più una utopia di qualche sognatore, ma deve essere l’orizzonte che deve muovere le energie delle istituzioni e di quanti realizzano con coraggio imprese come strumento di crescita e di sviluppo. Perché oggi ci vuol coraggio per mettere su un’impresa! Perché hanno compreso, come afferma papa Francesco, che il denaro si fa con il lavoro: il papa sa bene che oggi l’economia reale, quella che crea lavoro, è sottoposta a rischio di diventare solo finanza speculativa. Per questo papa Francesco grida forte e dice che l’attuale centralità dell’attività finanziaria, rispetto all’economia reale non è casuale: dietro c’è la scelta di qualcuno che pensa, sbagliando, che i soldi si fanno con i soldi. I soldi, citando sempre papa Francesco, i soldi veri si fanno con il lavoro. E’ il lavoro che conferisce la dignità all’uomo, non il denaro! Qui c’è tutta una grandiosa visione del papa dentro la storica dottrina sociale della chiesa».
Nella seconda parte dell’omelia, mons. Pietro Santoro lancia un grido di aiuto per questa terra che chiede lavoro. «Carissimi, il vescovo non è un’economista e ne tanto meno vuole essere un economista, il vescovo è un pastore: però un pastore che ascolta il grido della terra che Dio gli ha affidato. E’ un grido che invoca lavoro. Il lavoro come priorità, qui peso i verbi, da costruire, da progettare, da difendere: con dinamiche di investimento inclusivi, perché carissimi, siamo dentro una catena dove ogni anello è legato all’altro. Politica, sindacati, governo nazionale e regionale, mondo delle imprese: una catena dove mercato e politiche sociali inclusive devono concorrere a non produrre più quello che il papa chiama gli scarti. Perché ogni donna e ogni uomo scartato è Cristo che viene scartato!».
Nell’ultima parte della predica, ripercorre l’attualità del messaggio che viene dal libro di Ignazio Silone “Fontamara”. «In questi giorni, è stato portato sulla scena teatrale una straordinaria versione teatrale del romanzo di Ignazio Silone Fontamara. Dovremo rileggerlo! L’epopea, usando un linguaggio di Silone, dei cafoni della Marsica. C’è stato uno, ho letto un’intervista sul quotidiano cattolico Avvenire, che ha riportato un’ampia recensione, il giornalista chiedeva: ma chi sono oggi i cafoni? E lui a risposto: quelli che a cinquant’anni hanno perso il lavoro, quelli che a venti trent’anni non lo trovano e vanno via e quelli che vengono dall’Africa e fanno i braccianti. Sono loro oggi i Fontamaresi. Ecco quelli che.. ovvero volti, persone che non affiorano nelle statistiche, perché le statistiche sono numeri freddi. Quelle statistiche che registrano gli indici occupazionali, i numeri non dicono le storie, i numeri non raccontano cosa si nasconde dentro storie drammatiche di chi è espulso dal lavoro, di chi aspetta il margine. Storie anche di famiglie non formate, famiglie lacerate: e senza abbracciare un geolocalismo particolare, ma guardando la nostra Marsica è in dubbio che questa nostra terra, è terra che da tempo soffre e chiede di non esser vista e considerata come periferia nel contesto nazionale. Chiede risposte concrete di investimenti attivi, chiede investimenti attrattivi nelle aziende industriali, artigianali, nell’agricoltura e nel commercio. Chiede soprattutto una visione capace di rimettere in movimento i meccanismi occupazionali, certo non sta a me indirizzare e dire tecniche modalità: però ripeto, sta a me pastore essere voce di speranza e voce che esprime fiducia. Si, perché il vescovo è fiducioso nelle istituzioni nazionali, regionali e locali. Però voglio essere una voce che esprime fiducia e incitamento a chi a il potere delle decisioni».
Dopo la preghiera dei fedeli, il vescovo di Avezzano ha impartito una solenne benedizione hai partecipanti alla celebrazione eucaristica. Durante l’offertorio rappresentanti dei settori lavorativi dell’agricolutra, dell’edilizia, dello sport, dell’industria, del commercio e della medicina hanno portato all’altare i doni.