di PAOLO CAPODACQUA*
AVEZZANO – Proseguono le nostre lezioni di Italiano dedicate a tutti coloro che negli ultimi giorni hanno sproloquiato contro l’Abruzzo e gli abruzzesi
Lezione n. 4
Prendiamo oggi in considerazione l’esternazione del Sig. Isidoro, il quale scrive: “daltronte,,cosa si poteva sperare degli abruzzesi anno dimostrato quanto cervello anno”.
Innanzitutto ci complimentiamo con il signor Isidoro per avere scritto “abruzzesi” in modo corretto. Ricordiamo che molti suoi colleghi d’invettiva hanno scritto “abbruzzesi” o “abruzesi”. Anche qui però torna l’annosa questione del verbo avere. Ricordiamo infatti che volendo intendere che gli abruzzesi “avrebbero dimostrato ecc ecc”, ci sarebbe stato bisogno di far precedere il termine “anno” dalla “H”. Lo ricordiamo a costo di sembrare noiosi: “Hanno” va qui inteso come terza persona plurale del verbo “avere” e va quindi sempre preceduto dalla “H”. Diversamente, parlando ad esempio dell’ “anno nuovo”, la “H” non va messa.
Passiamo al termine “daltronte”. Innanzitutto al posto della seconda “t” ci andrebbe la “d”, quindi, al limite, il signor Isidoro avrebbe dovuto scrivere “daltronde”. Anche in questo caso, però, dobbiamo dare una cattiva notizia all’autore del post, in quanto va precisato che la forma corretta è d’altronde, con la preposizione semplice “da” soggetta a elisione prima dell’avverbio di luogo “altronde”.
La forma “daltronde”, risultato di un’ univerbazione, è oggi da considerarsi errata.
Veniamo ora alla punteggiatura. Ci incuriosisce la scelta di spendere ben due virgole subito dopo la parola “daltronte” per poi fare completamente a meno di qualsiasi tipo di interpunzione. Perché? In questo modo il periodo viene maldigerito tutto d’un fiato, senza respiro. Eppure, come il signor Isidoro certamente saprà, i segni paragrafematici sono stati creati proprio per fornire indicazioni a livello sintattico e testuale, agevolando le operazioni di lettura. Allora proviamo insieme a riscrivere la frase in questo modo: “daltronte cosa si poteva sperare degli abruzzesi, anno dimostrato quanto cervello anno”. Quindi risparmiamo una virgola dopo il “daltronte” e mettiamocela in tasca (non si sa mai), mentre l’altra virgola la spostiamo dopo la parola “abruzzesi”. In questo modo il periodo comincia già ad essere più leggibile anche se ancora poco chiaro. La frase “cosa si poteva sperare degli abruzzesi” infatti, contiene delle incongruenze sintattiche. Il soggetto (ipotizzabile come “noi”) soffre già la sfortuna di essere sottinteso, ma in questo caso addirittura sfugge ai più, oscurato dall’ ambiguità delle corrispondenze. Fino a “cosa si poteva (noi) sperare…” quasi ci potremmo stare, un po’ arcaica come forma ma con un suo fascino letterario e dal vago richiamo a Salvatore Quasimodo (“e come potevamo noi cantare“). Il problema, però, sorge con quel “degli abruzzesi”. I due segmenti non collimano e ingenerano confusione nei lettori più sprovveduti. Allora forse sarebbe stato meglio scrivere, ad esempio: “D’altronde cosa potevamo aspettarci dagli abruzzesi?… Ecc ecc”, aggiungendo un efficace punto interrogativo, rottamando il verbo “sperare” e sostituendo “degli” con “dagli”. Per quanto riguarda invece la frase seguente, (“anno dimostrato quanto cervello anno”), pur costruita certamente ad arte per creare un effetto di bilanciamento speculare tra quel (h)anno iniziale e quel (h)anno finale, c’è da dire che non sembra risultare perfettamente scorrevole. Forse sarebbe stato opportuno scrivere: “Hanno dimostrato di non essere intelligenti”. Certo, il signor Isidoro potrebbe obiettare che eliminando la metafora del “cervello” la frase perda il suo fascino dantesco (“adesso tengo il mio cervello separato dal tronco”, Dante Alighieri, Inferno, canto XXVIII), assumendo una valenza più, come dire…petrarchesca, però, in questo modo sicuramente ci guadagna in chiarezza. Purtroppo a volte bisogna resistere alle pulsioni letterarie ispirate dall’Alighieri per virare verso i più rassicuranti, chiari, freschi e dolci lidi del Petrarca. In buona sostanza per rendere pienamente il senso del pensiero del signor Isidoro potremmo riscrivere l’intero periodo come di seguito: “D’altronde cosa potevamo aspettarci dagli abruzzesi? Anche in questa occasione hanno dimostrato di non essere intelligenti”.
Intelligenti no, signora mia, ma di un pignolo…
Arrivederci alla prossima puntata e ricordate: non è mai troppo tardi.
Vi aspettiamo in Abruzzo (con una sola “b”, mi raccomando).
(*PAOLO CAPODACQUA è autore e musicista, ha pubblicato diversi dischi e svolge un’intensa attività concertistica in Italia e in Francia. Da giornalista pubblicista ha collaborato con riviste, quotidiani ed emittenti radiofoniche nazionali).