L’AQUILA – Il mio nome è 174517. Col numero tatuato sul braccio di Primo Levi al suo arrivo nel campo di Auschwitz, si è aperta la giornata del ricordo, celebrata questa mattina, con gli studenti delle scuole dell’Aquila, nella sala Ipogea del Consiglio regionale.
«Numero che non fu solo cucito sulle giacche e sui pantaloni, ma anche sulla pelle degli internati, cui veniva sottratta l’identità di essere umani», le parole commosse del presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio che ha ricordato come toccasse a tutti «subire questo violento rituale di identificazione, anche ai bambini. L’essere costretti a portare quel marchio vergognoso – ha aggiunto Di Pangrazio – era in quel microcosmo fatto di paura e orrore, anche una speranza, quella di non essere giustiziati nell’immediato. Sono sempre meno le persone che portano tanto dolore inciso sulla propria pelle, ma la scomparsa delle testimonianze dirette non ci svincola dall’obbligo di ricordare, di tramandare. Oggi non c’è il nazifascismo – ha sottolineato il Presidente del Consiglio Di Pangrazio – non ci sono le leggi razziali né i campi di concentramento, resta però una crudeltà dilagante contro il diverso, contro chi arriva da lontano».
Ringraziando l’Istituto abruzzese per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea, i professori Carlo Fonzi, Carlo De Matteis, il moderatore Davide Adacher e le scuole presenti, il Presidente si è poi rivolto ai molti giovani presenti in sala: «L’auspicio è che il ricordo, portato avanti con nobile spirito di civiltà nella giornata odierna rimanga nelle coscienze di tutti noi. Quella di oggi – ha concluso Di Pangrazio – è una data da cerchiare in rosso su un calendario eterno ed è compito di ogni rappresentante istituzionale, di ogni insegnante, di ogni cittadino aiutare le future generazioni a comprendere e tramandare. Solo così tali atrocità possono restare solo sui manuali di storia».