SULMONA – La città da qualche settimana ha un nuovo ospedale. Il primo in Abruzzo completamente antisismico, in una regione che vede la quasi totalità del suo territorio in zone altamente sismiche.
In verità non si è inaugurato un ospedale vero e proprio, quello che dovrebbe ospitare tante specialità tra cui senz’altro Ostetricia e Ginecologia, Cardiologia con Terapia Intensiva, Oculistica, Urologia, ma un “presidio ospedaliero di base”.
Questo tipo di struttura è il più modesto degli ospedali, secondo la classificazione ministeriale del 2015, ossia un ospedale con Medicina interna, Chirurgia generale, Ortopedia, Anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva e/o in regime di pronta disponibilità di Radiologia, Laboratorio, Emoteca. Le norme sono norme, il bilancio dello Stato ha le sue regole, ma i diritti dei malati e dei cittadini e il rispetto delle specificità dei territori devono tornare prioritari.
Abbiamo di fronte due strade: o applicare pedissequamente le norme così come sono o far sì che le norme possano essere meglio applicate e magari, ove necessario, adeguate alle caratteristiche dei territori.
I territori della provincia aquilana sono profondamente diversi da quelli della costa: l’Alto Sangro, la Valle Peligna, la Marsica non sono minimamente assimilabili all’area metropolitana Chieti-Pescara. Quest’ultima in un raggio di 30\40 chilometri ospita 600 mila abitanti, mentre l’intera provincia dell’Aquila, decima in Italia per estensione territoriale, ne conta appena la metà.
Nella predetta area metropolitana ci sono due ospedali di secondo livello, il massimo, mentre nella vasta, complessa e montagnosa provincia aquilana, dove per andare da Campotosto a Castel Di Sangro ci si impiegano oltre 3 ore, ci sono poche e molto meno importanti strutture, con la gravissima conseguenza che i diritti dei cittadini delle aree interne non sono gli stessi diritti dell’area metropolitana di Chieti-Pescara.
Per uscire dal tunnel dell’inefficienza e della sanità miope, lontana dai bisogni dei cittadini di serie B del nostro Abruzzo, bisogna meglio distribuire i servizi e scrivere in materia sanitaria il sacrosanto principio giuridico della salvaguardia delle specificità dei territori. In altri termini: razionalizzare, accorpandole, le strutture della costa e diffondere quanto più possibile la presenza dei servizi sanitari nelle aree interne, assicurando specialità ed eccellenze anche nelle zone meno popolate e più disagiate dell’Abruzzo. La frase“avere un ospedale sotto casa”non può più essere intesa come spreco e sintomo di inefficienza dei sistemi sanitari.
Tale espressione deve diventare, in casi reali di disagio, impoverimento e spopolamento dei territori, occasione di riscatto e di rilancio delle aree interne.
Antonio Morgante