AVEZZANO – Prendendo spunto da alcuni episodi recentissimi, sicuramente, vale la pena di affrontare i problemi della sanità locale che, tuttavia, risultano inquadrati in un discorso sicuramente anche provinciale e regionale.
Vediamo innanzitutto gli episodi, come detto recentissimi.
03.01.2019, l’anno è iniziato solo da tre giorni ma, come riporta Il Centro Giuridico del Cittadino: “La CGIL esprime forte preoccupazione circa le esternalizzazioni dei servizi di manutenzione della ASL n. 1 di Avezzano Sulmona L’Aquila. La CGIL chiede una gara unica relativa ai predetti servizi e che sia di durata congrua tale da garantire la continuità lavorativa e salariale del personale addetto;
ritiene che lo spacchettamento dei servizi di manutenzioni e la loro breve durata non garantiscono la continuità lavorativa e salariale del personale addetto;
ritiene che i contratti brevi non possono essere garanzia di continuità per i lavori importanti come quelli di manutenzione;
infine a ciò si aggiungano tutte le attività amministrative e sanitarie che ad oggi vengono erogate mediante lavoro in somministrazione a società cooperative che, stante la imminente scadenza dell’affidamento, genererà ulteriore “confusione” tra i lavoratori e nell’organizzazione dei servizi essenziali…”
Sin qui il sindacato, poi si scopre che con una, assai singolare, convergenza politica che coinvolge il cosiddetto arco costituzionale attuale, il dirigente generale della ASL, già in prorogatio, ma ora alle soglie della, imminentissima, quiescenza sta avviando una serie di provvedimenti (anche la nomina del dirigente sanitario dell’Ospedale di Avezzano in sostituzione dell’uscente ormai in definitiva quiescenza) che avrebbero bisogno quantomeno di una verifica politica che in realtà non può avvenire per, le altrettanto imminenti, prossime elezioni regionali. Il chiaro intento, come non pensarlo, di quest’ultimo fatto è quello relativo a voti da prendere per “quote rosa” e “all’Aquila”…
Ma veniamo, invece, ai problemi più concretamente collegati alla salute e al servizio da rendere ai cittadini.
Cominciamo col PS dell’Ospedale SS. Filippo e Nicola.
I problemi sono innanzitutto di organizzazione e di organigramma, infatti, manca da tempo memorabile il dirigente sanitario della U.O.C. del PS. Perché non sia stato nominato dalla dirigenza generale della ASL è difficile da dire. Si possono solo fare delle ipotesi che vanno dalla inefficienza semplice al fatto preordinato e legato al mantenere un facente funzioni in sede vacante privo della qualifica necessaria per mantenere un controllo più stretto su quella che è “la porta dell’Ospedale”…
Il PS va soggetto spesso al cosiddetto problema della “coda di attesa di lunghezza infinita” (si tratta di un termine in uso nell’analisi dei sistemi e nella Ricerca Operativa), ovvero si crea una linea di pazienti in attesa che non si può sapere quando vengano gestiti.
Il fenomeno si è verificato assai frequentemente nel periodo di osservazione tra novembre 2016 e dicembre 2018.
Episodi degni di nota: un paziente cardiopatico afferisce al PS mediante trasporto in ambulanza a seguito di una caduta per strada a seguito della quale ha subito la frattura del setto nasale. Rimane in attesa nel corridoio all’interno del PS, sopra una lettiga, per più di due ore senza nessuna azione, sia pur temporanea, di “tamponamento della perdita di sangue dal naso” prima di essere avviato e solo per la protesta del figlio alla sala radiografica con l’apposizione provvisoria di un tampone. Lo stesso paziente giungerà al reparto di otorinolaringoiatria per la necessaria consulenza solo dopo altre due ore e sarà dimesso nel primo pomeriggio.
Un altro episodio riguarda un paziente giunto al PS, inviato dal medico di base, per l’insorgenza di una porpora, poi diagnosticata come vasculite, ad entrambi gli arti inferiori. Dopo un’attesa di oltre due ore, viene inviato come codice “giallo” del PS al reparto di emodinamica per un esame doppler. Lì attende altre due ore prima che il primario del reparto si accorga che l’uomo era stato dimenticato (non si capisce in virtù di quale principio). Dovrà attendere, dopo l’esame doppler, altre due ore per ricevere la consulenza presso il reparto di allergologia.
Un paziente giunge al PS con mezzi propri e lamenta di aver ricevuto sugli occhi uno spruzzo di un agente irritante, prima dell’invio al reparto di oculistica per la consulenza specialistica e/o l’applicazione di eventuali rimedi trascorrono circa due ore e mezza.
In altre situazioni si è assistito: al crearsi di una fila di oltre dieci pazienti, alcuni giunti con autoambulanza, e rimasti per ore nel corridoio interno con patologie dichiarate assai varie; alla presenza di molti anziani collocati in attesa in una saletta a latere delle sale di trattamento, in lettini allestiti in maniera provvisoria, inoltre negli stessi giorni, al fatto che, fuori del PS, stazionava una quantità abnorme di pazienti con codici “bianco” o “verde” in attesa, per ore, di esser anche solo visitati.
Durante la osservazione di una paziente con sindrome non diagnosticata, un’anziana allettata e trasportata in ambulanza a sera inoltrata per via di un possibile stato pre-coma, la stessa è rimasta nella saletta del PS per svariato tempo prima di essere avviata alla necessaria consulenza, sempre per un difficile raccordo, in questo caso notturno, con il reparto diagnostico apposito. La dimissione per contro fu effettuata con notevole attenzione e prontezza da parte del medico che l’aveva in osservazione, il quale, va detto, svolse il tutto con estrema umanità e tatto, fornendo ai parenti anche tutte le informazioni del caso con dovizia di particolari e consigli medici.
Sovente è accaduto che il personale del 118 è intervenuto a soccorso del PS ormai entrato nella insufficienza grave della “linea di attesa con coda di lunghezza infinita”.
Va anche rilevato, e la cosa sarà discussa più avanti, che molte disfunzioni sono anche dovuto al fatto che esista l’OBI (Osservazione breve intensiva) che è struttura del PS ma, malamente, considerata come se fosse un reparto autonomo. Questa cosa, questa errata concezione è suscettibile di creare non pochi problemi, come poi in effetti risulta essere avvenuto.
Quel che si deduce da questi episodi e situazioni rilevate è chiaramente:
1) problemi di triage;
2) disponibilità insufficiente di personale medico ed infermieristico;
3) assenza di supervisione dirigenziale; assai sovente, la gestione dei vari casi con prontezza è affidata solo alle capacità del singolo medico o infermiere ed al loro senso di umanità e responsabilità, oltre che professionalità;
4) mancanza di raccordo efficace fra PS e reparti; va segnalato in relazione a questa considerazione che, molto spesso, per molti pazienti, dopo il triage, sarebbe possibile l’immediato invio al reparto per la consulenza specialistica, ma ciò non avviene e così si aumenta la lunghezza della linea di attesa, potendo evitarlo;
5) inosservanza nei reparti della regola secondo la quale il “paziente del PS prevalga sulla linea di attesa del reparto”;
6) macchinosità delle procedure di ammissione e dimissione; va segnalato anche che per un paziente trattato a Sulmona e poi afferente al PS di Avezzano, pur essendo la stessa ASL, non è possibile dalla postazione del triage del PS di Avezzano visionare telematicamente la cartella che si trova sul sistema dei dati dell’ospedale di Sulmona;
7) insufficienza dei locali per le necessità del PS in relazione all’affluenza media;
8) mancanza di una sala di trattamento a pressione negativa (lo spazio ci sarebbe ma non è attrezzato) per il trattamento di eventuali pazienti con patologie infettive a rilevante virulenza.
Va segnalato che il fatto che le cliniche locali (sanità privata) non abbiano PS impedisce una azione coordinata sul territorio.
Va anche segnalato che la insufficiente azione della Guardia Medica, maltrattata dalla dirigenza regionale, e la insufficiente azione di molti medici di base che inviano con facilità pazienti al PS per aggirare le lungaggini delle richieste di visita specialistiche, porta molti pazienti, soprattutto extracomunitari, a afferire al PS anche per patologie risolvibili diversamente ed in maniera più semplice. Ciò crea ulteriore congestione.
C’è poi, come anticipato, il problema costituito dall’OBI, ovvero “Osservazione Breve Intensiva” che, per ragioni legate a quanto esposto in premessa, è assurto quasi al rango di reparto mentre, invece, è struttura tipica del PS, con la funzione di stabilire se entro 24 ore il paziente possa essere rinviato al suo domicilio, con la patologia insorta risolta, oppure se debba essere ospedalizzato col ricovero in apposito reparto della struttura.
Prendendo spunto dalla organizzazione presso la Regione Piemonte si può osservare quanto segue.
L’OBI è un’attività di medio-alta intensità di cura, va realizzata in un’area strettamente connessa a quella di PS ed è successiva a un accesso di PS, con scopi prevalenti di osservazione/monitoraggio del paziente e trattamento di quadri clinici di moderata complessità, per tempi non superiori alle 30 ore, con caratteristiche di intensità di utilizzo delle risorse diagnostiche e terapeutiche analoghe a quelle del PS, al fine di evitare ricoveri non necessari e dimissioni improprie, assicurando condizioni di sicurezza per il paziente.
I pazienti che giungono in PS sono, in genere, affetti da malattie acute e da lesioni traumatiche; l’approccio da parte dei sanitari che operano in urgenza è quello di una rapida valutazione con successivo trattamento. Il tempo di valutazione e trattamento non dovrebbe superare le 6 ore, al termine del quale si dovrebbe procedere a:
1) dimissione del paziente;
2) ricovero del paziente;
3) osservazione clinica (OBI) – utile per evitare ricoveri inappropriati o dimissioni improprie.
Al fine di realizzare tale osservazione sono necessarie, chiaramente. dotazioni strutturali e di personale più che adeguate con professionalità ben verificate e sotto il controllo della dirigenza sanitaria del PS.
L’area dedicata all’OBI deve trovarsi in prossimità o all’interno del PS e dovrebbe essere composta da camere o box ed avere anche un posto letto ogni 8.000 accessi al PS.
C’è ancora il problema dei “posti-letto”: la Marsica ha circa 200.000 e passa abitanti, di cui 90.000 circa nella Piana del Fucino e 40.000 abitanti in Avezzano. L’afferenza al PS e all’Ospedale è rilevante e può essere risolta facilmente o con un congruo numero di posti letto (tra 1 ogni 400 abitanti invece che 1 ogni 1000 abitanti) oppure con una loro efficace rotazione, con l’applicazione su più vasta scala del sistema del “day hospital”, del “day surgery” e il potenziamento dell’OBI in dipendenza del PS.
Va tenuto presente che dai dati di una rilevazione, operata in Italia nel 2016, risultava che il numero medio di posti-letto ogni 1.000 abitanti fosse pari a 2,65 e la Regione Friuli raggiungesse invece il valore di 5,02.
Dati recenti della Regione Veneto mostrano come la riduzione di posti-letto per numero di abitanti serviti è stato accompagnato dalla creazione del “servizio di ospedalizzazione domiciliare” riservando così, il ricovero ospedaliero ai casi in fase acuta.
Chiaramente questa ultima opzione sposterebbe il problema dal posto letto ospedaliero alla creazione di un efficiente ed efficace servizio medico domiciliare che nulla ha a che vedere con l’ADI.
C’è poi da rilevare la questione dei farmaci in distribuzione ed uso negli ospedali.
Cominciamo con la Farmacia Ospedaliera. Fino all’agosto 2018, con notevole efficienza e puntualità, la Farmacia presso l’Ospedale di Avezzano ha distribuito oltre 400 specialità farmaceutiche, poi la distribuzione, con ovviamente costi del tutto diversi per la Regione, è passata direttamente alle Farmacie locali.
C’è la notizia che, per contenere la spesa sanitaria, per decisione della dirigenza generale della ASL o della dirigenza regionale (non è stato possibile avere maggiori informazioni in proposito, ma il caso sembra sussistere), alcuni farmaci sperimentali o altamente specialistici (soprattutto nel campo della diabetologia con possibilità di ridurre il ricorso alla somministrazione dell’insulina) sono stati eliminati dall’elenco dei farmaci in uso nei reparti o forniti dalla struttura ospedaliera.
Per concludere, infine, ma probabilmente ci sarebbero molti altri argomenti da sviscerare come la struttura degli apparati diagnostici ed il sistema informativo e di archiviazione dei dati, la risoluzione dei tempi di attesa nelle visite specialistiche assai lunghi e molto più lunghi di quelli intra-moenia, esiste il fatto nient’affatto trascurabile della mancanza per molti reparti o U.O.C. del dirigente preposto oltre al fatto, anch’esso assolutamente non trascurabile, dell’aver accorpato e trasferito all’Aquila molte competenze specialistiche che avrebbero dovuto rimanere ad Avezzano e nella Marsica se non altro per estensione e consistenza del bacino di utenza servito e, invece, son state trasferite al capoluogo a seguito di scelte quantomeno politiche.
Il fatto che molte delle cose scritte valgano anche per il Presidio Ospedaliero di Sulmona, ovvero della Valle Peligna, indica chiaramente una inefficienza organizzativa e programmatoria e gestionale assolutamente reale e tangibile.
A fronte di questo quadro c’è da chiedersi come si possano inquadrare i due fatti descritti in premessa ovvero: la protesta della CGIL in relazione agli appalti per la manutenzione e le nomine decise dal dirigente generale in imminente quiescenza.
Chiaramente appaiono, quantomeno fuori luogo e disconnesse dalla situazione reale del territorio e delle sue strutture, così come la convergenza politica sugli stessi temi appare ancor più colpevole e dimostra, ancora una volta, che gli interessi della politica non coincidano con quelli dei cittadini che l’hanno determinata.